All’apparenza, affilare la lama di un coltello è un gesto semplice. Per lo meno fino a quando ci proviamo da noi, ottenendo risultati che, nel caso migliore, sono mediocri. In quelli peggiori, invece, perdiamo irrimediabilmente la lama. Oggi andremo a scoprire che l’affilatura è un procedimento scientifico, che lascia ben poco spazio all’improvvisazione.
Perché un coltello è affilato?
Innanzitutto, è bene ricordare che una lama è affilata perché, microscopicamente, il suo bordo sottile presenta numerose dentellature. Con l’utilizzo, queste dentellature si levigano fino a sparire e l’affilatura è compromessa: la lama inizia a diventare “liscia”. Un po’ alla volta, le dentellature spariscono del tutto e la lama non è più in grado di incidere il materiale. Dopotutto, una lama è una sorta di micro-sega. Questo è il momento in cui è necessario affilarla!
I segreti dell’affilatura perfetta
“Affilare”, dunque, significa ripristinare il più possibile la sottile dentellatura della lama. Non è un compito semplice perché è difficile rendersi conto di quanto una lama sia affilata a occhio nudo. Vale la pena, quindi, mettere in gioco un po’ di parametri tecnici per garantirsi un’affilatura duratura e senza paragoni.
Ci sono essenzialmente due tipi di affilatura: quella di mantenimento, che può essere fatta con un altro coltello o un affilatore, e quella vera e propria o “molatura”, necessaria quando la lama taglia davvero male. In questo caso, in genere, si ricorre o a una cote o a un affilatore. La cote è un utensile, di solito di ceramica o di materiale diamantato, che affila la lama per sfregamento.
Anche la classica “ruota” dell’arrotino rientra in questa categoria, con la differenza, rispetto alla versione manuale, che va lubrificata a olio o acqua. Resta il fatto che è buona prassi lubrificare anche una cote manuale, con un po’ di olio per affilature. A questo punto, la lama va fatta scorrere sulla cote in senso contrario a quello di taglio. Si parte passando dal lato più grossolano, che serve alla arrotatura, e poi a quello più fine, dedicato invece all’affilatura.
Una questione di costanza e angolazione
Non è tanto importante la velocità, quanto la costanza del movimento e, soprattutto, l’angolazione. Su questo parametro si sono spese migliaia di pagine di fisica e sono nate leggende. Noi cerchiamo di semplificarci la vita: minore è l’angolo di affilatura tra cote e lama, più la seconda diventa affilata.
Dovete dunque affilare con un angolo molto piccolo? No, perché l’affilatura corrisponde anche a una maggiore fragilità. Quindi più affilate una lama e più spesso dovrete affilarla. Per questo occorre, con l’esperienza, trovare un angolo che garantisca il giusto compromesso. Un suggerimento? Si dice che il numero magico sia “20”. Infatti, a detta di molti, 20° è l’angolo per l’affilatura perfetta.
L’affilatore
L’affilatore è un altro utensile, di solito utilizzato per l’affilatura di mantenimento. Rispetto alla cote ha un’azione più leggera, che si chiama “riallineatura”: in pratica, la sua funzione è di rimettere in asse la microscopica dentellatura della lama, che si è piegata in direzioni diverse con l’uso intensivo.
Usare l’affilatore è semplice: impugnatelo saldamente e fateci scorrere la lama in tutta la sua lunghezza, con un movimento lineare e continuo. Anche in questo caso, l’angolo della lama rispetto all’utensile deve essere di circa 20°.
Un’affilatura di mantenimento può essere fatta spesso, comunque non appena ci si accorge che la lama non inizia a perdere il “taglio”. Quando nemmeno questa operazione basta più, si passa alla cote.
Un trucchetto finale: usare una tazzina. In mancanza di utensili, ma solo nei casi di emergenza, prendete una tazzina da caffè, di ceramica, capovolgetela e passate la lama una decina di volte sul bordo del fondo della tazzina, sempre con un angolo di 20°.
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