Cento anni di storia per un pastificio artigianale molto apprezzato dai grandi chef. Una storia italiana che ha fatto il giro del mondo.
Era il 7 luglio 1918 quando Benedetto Cavalieri decise di iniziare la produzione della sua pasta firmata "con nome e cognome". Oggi la tradizione è portata avanti da Benedetto, nipote del fondatore, e da suo figlio Andrea.
Il metodo delicato
Benedetto e Andrea Cavalieri, terza e quarta generazione
Tutto nasce a Maglie, in provincia di Lecce. Il punto di partenza sono grani italiani, soprattutto da Puglia e Basilicata, lavorati con quello che viene chiamato il "metodo delicato". Si comincia con un impasto a freddo (non oltre 35°C), per impedire la “denaturazione termica” del glutine, una lenta gramolatura, durante la quale l’impasto viene spinto lentamente da un torchio contro una trafila con tanti fori, da cui usciranno, a seconda della forma, penne, spaghetti, paccheri e molti altri formati.
Si procede quindi all'essiccamento, con temperatura dell’aria anch'essa delicata (non superiore a 54 °C che corrisponde alla temperatura massima della pasta di 40 °C).
Una pasta da film
Il regista Ferzan Ozpetek, appassionato "mangiatore" di pasta, ai Cavalieri ha dedicato addirittura un film.
"Avremmo voluto farla buona come quella dei Cavalieri" dice l'anziana nonna, protagonista del film Mine Vaganti "ma non ci siamo mai riusciti".
Ci sono famiglie che si trasformano in dinastie proprio perché portano avanti, negli anni, lo stesso "mestiere", la stessa manualità e la stessa passione.
Ispirazioni stellate
Tra gli estimatori di questo prodotto ci sono Alessandro Negrini e Fabio Pisani, che continuano a offrire al Luogo di Aimo e Nadia gli Spaghettoni col cipollotto (qui la ricetta), reinterpretazione in chiave leggera e gourmet di quegli spaghetti aglio, olio e peperoncino che si trovavano preparati in modo veloce e approssimativo nelle trattorie italiane.
E poi Daniele Usai, Antonia Klugman, Massimiliano Alajmo, Heston Blumanthal e tanti altri.
Le ruote pazze
C'è un formato - icona che va assaggiato almeno una volta: le Ruote pazze. Sono state chiamate così perché non sono perfettamente circolari e perché le tre componenti - corona, mozzo e raggi - hanno tre diversi spessori e, quindi, una volta cotti, avranno tre diverse consistenze al palato.
Lo chef Marco Stabile ha voluto creare un intero menu a base di questo formato: Crema di patate, Ruote pazze alla lavanda e spuma di burrata; Ruote pazze con porri brasati, pere arrostite e taleggio; guancia di vitello "birrata" con Ruote pazze gratinate alla cipolla di Certaldo; Ruote pazze cotte nel cacao con crema al vin santo, anans e mousse di mascarpone alla liquerizia.