Un record che pochi possono vantare: Lionello Cera ha la stessa età del ristorante che guida. Sua madre Silvana incinta di lui quando, nel 1966, ha aperto un bar-osteria a Campagna Lupia, sulla strada che da Venezia porta a Chioggia. Una semplice "frasca" per friggere i pesci più piccoli che il padre Rino, pescatore, non riusciva a vendere, proponendoli come cicchetti insieme a un bicchiere di vino.
Quasi 50 anni dopo, l'Antica Osteria Cera è un ristorante con due stelle Michelin (la seconda è arrivata due anni fa) guidato da Lionello e dai due fratelli. In cucina lui si occupa dei crudi mentre Daniele, di nove anni più piccolo, è addetto ai caldi, e Lorena, quattro anni più grande, della pasticceria e della panificazione.
La scorsa settimana Lionello è stato protagonista di Identità Expo, dove ha presentato un menù a tutto pesce, proprio come quello del suo ristorante. Inizio con Triglia candita all’olio extra vergine d’oliva, insalata di erbe e fiori, pancetta, capperi, oliva nera, pane e pomodoro, dove il pesce veniva cotto sottovuoto. Il primo piatto è un suo signature dish, una pasta fredda abbinata a due "essenze di mare", ovvero acqua ottenuta da cozze e vongole: Capelli d’angelo Felicetti con succo di seppie in “tocio”, cozze, vongole, basilico e lime. A seguire, Branzino e gamberi rossi di Mazara dorati con salsa di polenta e olio al prezzemolo, che rivisita il pesce e polenta della sua infanzia. In conclusione, Pesca alla menta, vaniglia e yogurt.
Abbiamo approfittato dell'incontro per parlare con lui di famiglia, di lavoro e, ovviamente, di pesce.
Il suo percorso in cucina sembra destinato fin dall'inizio. Ha mai desiderato di fare altro?
L'ho sempre sentito come un lavoro mio, non saprei fare altro e non ci ho mai nemmeno pensato. Alcuni miei clienti si ricordano ancora di quando ho cominciato: avevo dieci anni. Portavo l'acqua sui tavoli, cambiavo le tovagliette di carta.
Quando ha preso in mano il ristorante, negli anni Ottanta, i suoi genitori come l'hanno presa?
Solo con mia mamma c'è stato molto contrasto: aveva una mentalità da osteria, non capiva quello che volevo creare io. Mio padre invece era felicissimo e non vedeva l'ora di realizzare cose nuove.
E per i clienti abituali e le persone del territorio, invece?
È stato faticoso capirlo anche per loro, per quelli che ogni giorno passavano a bere un caffè o a prendere un cicchetto. Quando ho chiuso il bar per dedicarmi solo al ristorante c'è stata quasi una rivolta, mi hanno detto che un giorno me ne sarei pentito - e sono gli stessi che se ora mi incontrano sorridono.
Ora è facile comunicare la qualità e il vostro lavoro?
Non sempre. A un chilometro dalla Riviera del Brenta siamo pieni di ristorante del pesce, le persone sono abituate a trovare tutto. La stagionalità ittica è difficile da comunicare: si arrabbiano se non vedono gli scampi in menù tutto l'anno.
Siete l'unico bistellato Michelin che offre solo pesce in Europa.
A quanto mi risulta sì. Mi dicevano che negli anni Sessanta ce n'era uno simile a Parigi, ma dopo non c'è più stato niente di simile, a quanto so. Non mi è mai venuta voglia di spaziare nella carne, anche se negli ultimi anni abbiamo approfondito il mondo vegetale, proponendo piatti vegani e vegetariani. Volevamo dare un'alternativa ai clienti.
Lavorare in famiglia rende le cose più facili o più difficili?
Non è sempre facile, ci sono quattro persone - compresa mia moglie, responsabile di sala - che devono allinearsi. E mia madre dice ancora la sua, anche se ha più di ottant'anni. Ad esempio, nel nostro orto crescono verdure ed erbe aromatiche molto buone, ma il pomodoro no, non c'è il clima adatto. Lei invece è convinta che sia buonissimo e prova sempre a spingerci a usarlo. Certo, ormai ha dovuto convincersi perfino lei che il nostro lavoro lo sappiamo fare...