“Ringraziamo tutti i presenti e ringraziamo tutta la città, sperando di non aver disturbato”. Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe Confcommercio – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ha chiuso così questa mattina in piazza Duomo a Milano la manifestazione che ha chiamato a raccolta ristoratori, baristi e gestori di locali nel capoluogo lombardo come in altre 24 piazze sparse in tutta Italia.
Parole di una potentissima semplicità, dopo le immagini di devastazione provenienti da diverse regioni e dalla stessa Milano dove altre così dette proteste negli scorsi giorni sono sfociate invece in violenza e distruzione. Parole cariche di dignità, come il colpo d’occhio degli operatori del settore (che in Italia sono più di 1,2 milioni per un totale di 340 mila imprese) seduti sul porfido di piazza Duomo. In silenzio.
Alle 11.30 il Silenzio è anche nelle note di una tromba, che sancisce l’inizio ufficiale della manifestazione. “Siamo a terra e stiamo 5 minuti in silenzio. Grazie” dice una voce al microfono. Al centro della piazza, proprio davanti alla scalinata del Duomo, sono state allestite una quindicina di mise en place. Per terra. Tovaglie bianche, piatti, bicchieri e calici, ogni posata al suo posto. Tavole apparecchiate di tutto punto. Vuote. Attorno, pian piano, si siedono maitre, sommelier, cuochi, camerieri, baristi, pasticceri. Ordinati. Distanziati. Vestiti di nero e con le mascherine ben calate su naso e bocca. Reggono cartelli con hashtag che richiamano ai loro ruoli e al ruolo imprescindibile della ristorazione nella vita di tutti, non solo di chi opera nel settore. Parole - come emozioni, tradizione, esperienza - e frasi, “vogliamo solo lavorare” su tutte.
Tutti per terra. Anzi, a terra. Come a terra è tutto il settore dei pubblici esercizi. Ricorda Stoppani dal microfono piazzato tra le tavole vuote: “Il nostro settore chiuderà il 2020 con 27 miliardi in meno rispetto ai 96 di fatturato medio annuo, ci sono 300 mila posti di lavoro che rischiano di scomparire per sempre, solo la nuova chiusura impostaci alle 18.00 ci costerà 2,1 miliardi di euro al mese e impedirà a 600 mila persone di lavorare”. Un conto salato, che “pagherà tutto il Paese – continua Stoppani - Siamo coloro che formano la rete della socialità, popoliamo paesi, città, vie e piazze dando vita, luce, sicurezza, decoro, animazione e vivibilità ad ogni angolo d'Italia”.
Ogni giorno, prima dell’emergenza Covid, i pubblici esercizi servivano 11 milioni di persone. Ogni giorno, prima dell’emergenza Covid, piazza Duomo era ben più popolata di come appare in questa soleggiata mattina: semi deserta. Eppure chi passa di qua, e si ferma a curiosare cosa sta succedendo, annuisce. “Hanno ragione” è il commento velato dagli strati di tnt delle mascherine che si sente per la maggiore. Perché i pubblici esercizi, ricorda Stoppani parlando alla piazza, significano “il primo caffè e sorriso al mattino” ma anche “i luoghi dove la memoria ha fissato i ricordi più intimi e belli della vita”.
“Essere qui oggi – continua con voce ferma ma a tratti quasi commossa - significa aver forzato la nostra indole, che ci vede sempre più portati al fare che al protestare. Ma siamo qui. Numerosi, coraggiosi, silenziosi, pacifici e ordinati perché siamo a terra, anche moralmente. Comprendiamo e siamo responsabili di fronte a una tragica emergenza sanitaria, subiamo però da tempo la sconfortante realtà di essere attività ritenute non essenziali ogni volta che la situazione si complica”. Eppure, sottolinea il presidente di Fipe “ci siamo impegnati, anche economicamente, a mettere in pratica protocolli approvati sia dal Cts sia dall’Inail. E ancora non veniamo considerati alleati nel gestire emergenza, non vediamo riconosciuto il nostro valore sociale ma ci sentiamo usati ancora una volta come capro espiatorio e costretti a rispettare regole che prima di essere inasprite dovrebbe essere fatte rispettare da tutti”.
Ieri il governo ha varato il nuovo Decreto Ristori, stanziando 5 miliardi a fondo perduto a sostegno alle attività lavorative maggiormente colpite dalle restrizioni contenute nel nuovo Dpcm del 25 ottobre 2020. “Prendiamo atto dello sforzo che il governo sta facendo – sottolinea Stoppani –Provvedimenti importanti per un settore al collasso come il nostro, ma non adeguati né proporzionati rispetto ai danni, alle difficoltà. Gli indennizzi sono un atto dovuto, non una misura compensativa. Nulla può compensare la negazione del diritto al lavoro”.
A margine, gli fa eco Federico Gordini, presidente dei Giovani Imprenditori Confcommercio Lombardia e presidente della Milano Wine Week: “Stanno pagando gli imprenditori più sbagliati, quelli che più di tutti hanno sostenuto investimenti importanti per normarsi di tutti i dispositivi necessari di fronte all’emergenza coronavirus. I 5 miliardi del Decreto Ristori dovevano essere gestiti in maniera completamente diversa, queste risorse avrebbero dovuto usarle per potenziare in maniera preventiva la sanità: avremmo ottenuto un risultato completamente diverso e non ci troveremmo in questo semi lockdown assurdo. Invece gli ultimi Dpcm sono andati a colpire i pubblici esercizi e tutto il settore culturale, creando conseguenze devastanti ad attività che non sono mai stati luoghi di contagio”. “Hanno annunciato misure iperboliche, quando in realtà parliamo dell’8 per cento di sgravio su un certo tipo di interventi – continua Gordini - Non si può pensare che la ristorazione e i pubblici esercizi siano il capro espiatorio di tutto. Il Decreto Ristori è meglio di niente, va detto, ma è la dimostrazione di totale improvvisazione da parte di chi ci governa”.
“Ci sfibra l’incertezza e ci demotiva l’instabilità in questa insensata gara all’untore – conclude intanto Stoppani - Non siamo noi il problema, possiamo e vogliamo invece essere parte della soluzione. Per questo non ci arrendiamo. Siamo qui anche per gli amici e i colleghi che hanno chiuso, o che hanno perso la voglia di vivere. Un’altra strada è possibile, anche per loro noi ci vogliamo rialzare insieme, con quel senso di solidarietà che da sempre appartiene al nostro settore. Insieme, con dignità anche se seduti per terra”.
Il presidente di Fipe si allontana dal microfono e la piazza applaude. Tutta la piazza. La tromba suona l’inno d’Italia e i manifestanti, seduti per terra fino a un attimo prima, si alzano in piedi. Un piccolo e semplice gesto, ancora, ma che dimostra la sconfinata dignità di queste persone, e il loro rispetto verso tutti e tutto. Qualcuno intona i versi di Mameli. Andrà (ancora) tutto bene? Il decoro e l’orgoglio di chi era in piazza questa mattina meritano che la risposta sia sì.
Tutte le foto Barbara Lazzari