Da Saint Moritz alle importanti esperienze a Londra.
Abbiamo incontrato Manuel Tempesta, giovanissimo restaurant manager di una grande realtà a Milano: il ristorante Seta dello chef Antonio Guida, all'interno del Mandarin Oriental.
Ecco cosa ha raccontato a Fine Dining Lovers sul suo lavoro, perchè l'amore per la ristorazione non passa soltanto dalla cucina.
Com'è iniziato il suo percorso in sala?
È iniziato nel 2006, con uno stage in un albergo a Montegrotto Terme. Frequentavo l’istituto alberghiero e quell’estate, quella dei miei sedici anni, iniziai a lavorare saltuariamente per guadagnare qualcosina. Il “battesimo” è però avvenuto alla prima stagione, al Suvretta House di Saint Moritz, l’estate successiva, dove provai sulla mia pelle il lavoro in una grande brigata. Seguirono le varie esperienze a La Montecchia, con la famiglia Alajmo, dove nacque l’amore per il vino. Poi la partenza per Londra, dove rimasi quasi cinque anni, lavorando in due ristoranti molto importanti. Nel maggio 2015 l’approdo a Milano.
Qual è stato il vero “salto”?
Ogni fase del percorso ha rappresentato un passaggio importante della mia vita professionale. Il Suvretta è stato il salto nel mondo del lavoro, La Montecchia un salto nel mondo delle stelle Michelin, Petrus il salto professionale nel ruolo di maîtr, a soli ventidue anni, Le Gavroche un salto in una storia sempre attuale. Ed ora il Seta: il salto nell’ignoto, dato che quando abbiamo aperto siamo partiti da zero, anche se con spalle forti e coperte.
Ci racconta com'è stato il suo arrivo al Mandarin Oriental di Milano?
Il Mandarin Oriental è stata una sfida che ho deciso d’accettare in un momento in cui, onestamente, l’ultima cosa che avrei desiderato era di tornare in Italia. Ho iniziato tre mesi prima dell’apertura, arrivavo da una realtà differente e Milano rappresentava una sfida affascinante. Sono rimasto stregato dal progetto, dall’ambizione che lo sosteneva e che lo sostiene tutt’ora, dall’impressione che mi ha trasmesso lo chef Antonio Guida, e da tutto quello che rappresentava la prima apertura in Italia di un gruppo così importante e rinomato, in una città in piena evoluzione, nell'ambito della ristorazione e non solo.
Cosa ritiene di aver imparato in una realtà così importante della ristorazione come il Seta?
L’importanza di mettersi nei panni dell’ospite. Trovandoci all’interno di un hotel, le dinamiche sono molto più complesse rispetto ad un classico ristorante e le persone con cui veniamo in contatto sono le più varie. Siamo un ristorante con un’identità ben precisa ma agli occhi degli ospiti possiamo apparire in una delle nostre molteplici essenze. Per loro possiamo essere un ristorante due stelle Michelin, quello dello chef Guida, quello all’interno di un albergo 5 stelle dove alloggiano, quello del Mandarin Oriental, o semplicemente quello vicino a casa. Ancora un ristorante per divertirsi con gli amici, per una cena romantica, per un incontro di lavoro o per scoprire nuovi sapori. Siamo tutto questo e anche di più e per noi è fondamentale che chiunque varchi la nostra porta sia soddisfatto perchè ha trovato ciò che cercava.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Fortunatamente ne ho avuti tanti. Dal mio professore alla scuola alberghiera, Bruno Maniero - senza di lui non avrei fatto questo mestiere -, a Mauro Meneghetti, mio maître a La Montecchia, che mi ha fatto capire molto sul vino; da Claudio Molinari e la sua organizzazione maniacale, agli “extraterrestri” che ho potuto conoscere ed apprezzare, come Silvano Giraldin e Diego Masciaga.
Lei ricopre ora il ruolo di restaurant manager. Quali sono gli aspetti che più le piacciono del suo lavoro?
Ci sono due aspetti principali: il primo è quello di poter gestire un gruppo di giovani professionisti appassionati - siamo quattordici in sala - in tutti i suoi aspetti, dalla selezione allo sviluppo, sperando di poter lasciare un segno in ognuno di loro ed allo stesso tempo imparare qualcosa anch’io. Sono estremamente fortunato perchè abbiamo un ottimo team, sempre disponibile ed affamato, e perchè posso contare ciecamente sulle persone che mi assistono nella gestione, da Andrea Loi, che si occupa di tutta la parte sommellerie, a Luis Diaz, mio vice. Il secondo aspetto è quello di riuscire a trasformare le aspettative dei nostri ospiti in sorrisi.
Che qualità deve necessariamente possedere un buon restaurant manager?
Capacità d’ascolto, umiltà, cultura, integrità, onestà, flessibilità. E tanta, tanta esperienza, quella non è mai abbastanza.