Parlare con Martino De Rosa dà un privilegio che non capita tutti giorni: un'intervista con lui permette dire poter sbirciare dietro le quinte della creazione di format di lusso e, soprattutto, di successo, tanto nella ristorazione quanto nell'hôtellerie.
De Rosa è stato per diversi anni amministratore del Gruppo Moretti (oggi holding Terra Moretti), nell'ambito del quale sono nati il relais L'Albereta in Franciacorta, il resort L'Andana Tenuta La Badiola in Toscana e le case vinicole Bellavista, Contadi Castaldi e Petra.
Due anni fa lui e la moglie Carmen Moretti hanno creato At Carmen, società che si propone di lavorare a 360 gradi nel settore dell'ospitalità e che in due anni ha già portato importanti novità nel gruppo: l'arrivo del giovane e determinatissimo Fabio Abbattista all'Albereta e quello di Enrico Bartolini alla Tenuta Badiola.
Come nasce At Carmen?
Con il Gruppo Moretti avevamo segnato due, importantissime tappe nella ristorazione italiana. Prima abbiamo portato Gualtiero Marchesi all'Albereta, 23 anni fa, poi Alain Ducasse alla Badiola. Con la conclusione di queste due esperienze sentivamo il bisogno di prendere decisioni strategiche e fare ancora avanguardia. Devo ringraziare il signor Moretti per la fiducia che mi ha dato. Ricordo ancora la sua espressione preoccupata quando gli ho detto che volevo creare una società parallela. Poi però mi ha guardato e ha detto "Fai tu".
Dopo 20 anni di Gualtiero Marchesi, com'è stato accolto Abbattista all'Albereta?
È piaciuto fin da subito, specialmente ai clienti storici. L'Albereta per loro è una casa, e lui ha saputo entrarci bene, in punta di piedi, lavorando con una determinazione e una costanza straordinarie. Era impossibile pensare di sostituire un nome "devastante" come il Maestro Marchesi, dovevamo spezzare completamente.
E la scelta di Bartolini, invece?
Una serie di casualità fortuite che ci hanno servito il suo nome su un piatto d'argento. Bartolini è l'opposto di Abbattista, ma è perfetto per La Badiola, anche perché è di origini toscane.
Come si progetta un format di ristorazione?
Noi facciamo tutto in funzione della personalità di un luogo. Devi capire cos'è necessario per un posto, ascoltare il territorio - e in questo l'esperienza da produttore di vino mi è utile. E consideriamo il food una vetrina dell'hospitality, specialmente in Italia
Cosa vi aspetta nel futuro?
Sicuramente realizzeremo qualcosa con Alain Ducasse. E poi abbiamo da tempo un grande progetto per gli Stati Uniti, che non siamo ancora riusciti a realizzare ma che nei prossimi mesi, se tutto va bene, verrà concluso. Per ora posso dire solo che porteremo oltreoceano 7/8 realtà agroalimentari del nostro paese, per far conoscere l'artigianalità gastronomica italiana.
Lei lavora insieme alla moglie. Com'è lavorare "in famiglia"?
Mettiamo energia in cose diverse, ci incontriamo poco. E comunque siamo perfettamente complementari: lei è eccezionale e io pessimo!
Qual è la differenza tra lavorare in Italia e lavorare all'estero?
Qui il cliente è più evoluto. Avere successo in Italia è avere successo nel mondo, anche solo per l'impegno che bisogna mettere nel superare le difficoltà pratiche: la lentezza del sistema, la burocrazia, il costo della manodopera ... avremmo potuto fare molto di più nel nostro paese, ma non ci interessa crescere per crescere.
Qual è la cosa più importante nella realizzazione di un progetto?
L'idea. Se l'idea è sbagliata la gestione non può fare nulla. Se non c'è la chimica lo capisci subito, e dopo tanti anni sono diventato bravo in questo.
Qual è il luogo che le fa pensare "Vorrei averlo creato io"?
La Pineta di Luciano Zazzeri a Marina di Bibbona. Un luogo sufficientemente informale, dove hai tutto senza avere nulla: un ristorante dove non si fa cinema, ma solo qualità vera.