Sarà il nostro alfiere alla finale mondiale del Bocuse d'Or che si terrà a Lione il 29 gennaio durante la Fiera internazionale dedicata al settore ristorazione Sirha. Pronto a dare il meglio di sè, ha raccontato a Fine Dining Lovers il difficile percorso che lo porterà al grande evento internazionale.
Come si sta preparando alla finale di Lione? Quante ore al giorno si allena?
Allenarsi per il Bocuse d'Or è come prepararsi per un campionato mondiale di atletica. È un esercizio continuo che mette in discussione il tuo stato fisico e psichico. Bisogna esserse completamente concentrati e non ci possono essere distrazioni di alcun tipo. È un percorso molto duro, quasi un lavoro a sé, tanto è vero che alcuni chef si preparano alla competizione quasi "per mestiere" e lo mettono come primo e unico obiettivo della propria vita professionale. Io ho iniziato ad allenarmi per la finale di Lione quest’estate, quando è iniziato il percorso creativo con il team. Da allora non ho mai avuto tregua. Da settembre ho iniziato a lavorare con Francois Poulin, il coach, e con Curtis, il mio commis. Ormai sono mesi che ogni giorno il ritmo è quello della finale: ci si sveglia presto e si affronta con meticolosità ogni dettaglio senza sosta fino a notte inoltrata.
E' emozionato?
Direi di no. L’emozione, legata a un concorso come questo, è un po’ una condizione di debolezza o insicurezza, quindi non sono emozionato. Piuttosto sono molto concentrato e determinato.

Martino Ruggieri al lavoro per prepararsi al Bocuse d'Or - credit: Fabrice Gallina
Chi ci sarà con lei a Lione?
A Lione ci saranno Allèno, Crippa, Tona e Tacchella. Sicuramente ci sarà la mia famiglia e gli amici più cari. Ma la mia speranza e il mio augurio sono quelli di vedere tanta Italia lì a tifare.
Di solito durante il Bocuse d’or c’è un tifo da stadio. Riuscirà a concentrarsi?
C'è un metodo che seguiamo sin dalla preparazione per la selezione europea. Ci alleniamo con la musica ad altissimo volume per essere pronti a sostenere il caos durante la gara. Quando ci allenavamo a Parigi, alcune volte i ragazzi della cucina facevano rumore con gli utensili di cucina, proprio per metterci alla prova: noi riuscivamo, comunque, ad estraniarci e a rimanere concentrati sul piatto, quindi le premesse sono buone.

Credit: Studio Julien Bouvier
Chi teme di più tra i concorrenti?
Sicuramente la Francia: questo è l’anno in cui si rende omaggio alla memoria di Paul Bocuse, quindi la squadra vorrà sicuramente far bene. Non bisogna poi sottovalutare i concorrenti del nord Europa, ma ritengo molto forti anche America e Giappone.
Consiglierebbe a un giovane collega di iniziare il percorso per candidarsi al Bocuse d’Or?
Partecipare al Bocuse d'Or è mettersi alla prova ed è, prima di tutto, una sfida con se stessi. Bisogna aver voglia di superare i propri limiti. Ma non solo: dà la possibilità di incontrare e avere al proprio fianco i più grandi chef del mondo, e quindi permette, seppur nella fatica, una crescita personale e professionale rapida e concreta. Sì, lo consiglierei sicuramente: non è solo una competizione mondiale, è una scuola di vita.