Dopo essersi trasferito dalla Calabria a Bologna, Matteo Aloe apre assieme al fratello Salvatore (che si occupa soprattutto dell'ambito imprenditoriale) la prima pizzeria Berberè a Castel Maggiore, alle porte del capoluogo emiliano. Era l'anno 2010 e in una decina d'anni l'insegna è diventata una delle più note in Italia, con diversi locali aperti innanzitutto in Bologna città ma anche Milano, Torino, Verona, Firenze, Roma e persino Londra.
Tra i punti di forza una comunicazione diretta ed efficace, un ambiente smart e contemporaneo ma soprattutto un prodotto di qualità che piace. Abbiamo allora intervistato Matteo Aloe per chiedergli come nasce la sua pizza e tanto altro.
Quando è iniziata la sua passione per l’arte bianca?
Ho sempre voluto cucinare. Fin da piccolo il mio passatempo preferito era stare tra i fornelli oppure nell'orto. A dieci anni utilizzavo già la mia paghetta per collezionare le ricette di Gualtiero Marchesi. La panificazione e la passione per il lievito madre sono state le dirette conseguenze di questa grande curiosità per la cucina.
Com’è nato il progetto Berberè?
Io e mio fratello Salvatore vivevamo a Bologna, dove, dalla Calabria, eravamo venuti per studiare Economia. Fin dal nostro arrivo ci eravamo accorti di quanto in città mancasse una pizzeria di qualità. Da un nostro desiderio personale quindi è partita l'avventura, ci sono voluti molti mesi di studio per giungere all’inaugurazione del primo locale. La prima insegna fu quella di Castel Maggiore, in provincia di Bologna, aperta nel 2010. All’epoca, anche se non parliamo di così tanto tempo fa, in Italia il mondo della pizza era statico, molto legato alla tradizione. C’erano pochi operatori del settore realmente intenzionati a fare qualcosa di nuovo, diverso dal solito. Tra questi, coloro che ci hanno ispirato di più sono sicuramente Gabriele Bonci e Simone Padoan. A ridosso dell’apertura abbiamo conosciuto anche Beniamino Bilali a San Patrignano, che ci ha poi raggiunto per mettere a punto una formula tuttora immutata. L’obiettivo è stato chiaro fin dall’inizio: creare un locale dove trovare una pizza buona con utilizzo di solo lievito madre, digeribile, preparata con ingredienti selezionati in un contesto giovane, contemporaneo e informale.
Come mai la prima pizzeria fuori città e non direttamente a Bologna?
La nostra prima pizzeria di Castel Maggiore si trova all’interno di centro commerciale Le Piazze. Lì prendemmo al volo l'opportunità di creare qualcosa di nostro senza dover comprare licenze, con un investimento tutto sommato modesto. É stata una prima sfida.
Quanto locali Berberè ci sono oggi?
Oggi abbiamo dodici locali in Italia e un locale a Londra. Ci teniamo a precisare che non siamo un franchising, la gestione è sempre diretta. Siamo convinti infatti che solo grazie alla formazione dei nostri dipendenti la qualità posso diventare replicabile.

Foto Bruno Gallizzi
Qual è l’ultimo che avete aperto?
Abbiamo aperto l’ultimo locale a febbraio scorso a Milano, in Corso di Porta Ticinese 1. Il locale ospita all’interno il primo Mikkeller bar d’Italia. Siamo molto orgogliosi della collaborazione con la beer firm danese che ha rivoluzionato il mondo della birra artigianale. Nel locale è possibile trovare così dieci birre alla spina e una selezione di birre in bottiglia, tutte targate Mikkeller, perfette per essere bevute da sole o insieme ad una delle nostre pizze.
C'è qualcuno che, più di tutti, vorrebbe ringraziare per il successo ottenuto?
Ovviamente mio fratello Salvatore, con cui divido tutto, anche le stanze in hotel e le birre. Condividiamo ogni giorno quello che succede, ognuno nel proprio ruolo. Cosa che posso in effetti dire anche anche per altre persone in azienda che sono con noi da anni, come Ylenia Esposto, responsabile operativa, e Andrea Aureli, responsabile di produzione. Vorrei anche citare Massimo Giuliana, con noi da dieci anni, ed Emilia dell’amministrazione, è grazie a lei che dormiamo sonni sereni. E poi tutte le ragazze di Comunicattive, agenzia di comunicazione e marketing che ci ha visto nascere, crescere e ci ha sempre seguito con pazienza. Sicuramente in questo elenco dovrei aggiungere molte persone, in Berberè tutti lasciano un contributo.
Quale ritiene siano i punti di forza che in questi anni hanno permesso a Berberè di diventare un riferimento?
Il successo di Berberè scaturisce dall’insieme di più elementi: la pizza a base di lievito madre vivo e ingredienti buoni, di stagione, biologici. Ancora il servizio gentile e veloce, i locali dal design semplice e accogliente, la possibilità di delivery, per rimanere in contatto anche quando il cliente è in pigiama sul proprio divano. Un altro punto di forza è la formazione del nostro team.
Come descriverebbe la sua pizza con tre aggettivi?
Solo tre? Buona, socievole, sana.
Ci sono ingredienti che predilige usare per il topping?
Sono molto legato alla stagionalità. Il nostro menù cambia più volte all’anno, con un sacco di lavoro certo, ma non si può non usare il cavolo nero d’inverno e i datterini d’estate. Da una parte abbiamo sempre le pizze classiche, tra le mie preferite la Napoli e la Marinara, dall’altra ci piace sperimentare un po’ di più, senza strafare e rimanere nel contesto della pizzeria.
Come vengono scelti gli ingredienti prima di arrivare al bancone?
È la parte più bella del lavoro, conoscere artigiani che hanno la nostra stessa filosofia applicata sulle loro produzioni di formaggio, salume o vino. Scegliamo ingredienti fatti da contadini e allevatori che gestiscono la propria attività in modo sostenibile.

Recentemente avete collaborato con Luca Abbruzzino, che stellato calabrese, per la realizzazione di una pizza limited edition. Quanta Calabria c’è nel vostro progetto e nel vostro prodotto?
La pizza firmata Luca Abbruzzino è nata durante il lockdown. La crisi che stiamo vivendo e che vivremo da qui ai prossimi anni mette a rischio tutti, ma ancor di più i territori fragili e i loro artigiani. Mi è venuto quindi spontaneo pensare alla Calabria e ai suoi piccoli, resistenti produttori. Inserire questa pizza creata con lo chef Abbruzzino è il nostro piccolo contributo ad una ripresa all’insegna della sostenibilità e dell’etica del lavoro. Oltre a questa, nel nostro menu si trova anche la pizza con 'nduja e non nascondo che uno dei nostri sogni rimane quello di aprire prima o poi Berberè in Calabria.