È riuscito a valorizzare la tradizione gastronomica del Lago di Garda: il pesce di lago, le affumicature, i prodotti del territorio scelti con attenzione sono le caratteristiche di uno chef dal carattere deciso che, con il sorriso, è riuscito a guadagnarsi la fiducia meritata del pubblico gourmet bresciano e non solo.
Matteo Felter, classe 1973, da 12 anni è l'executive chef del Grand Hotel Fasano, 5 stelle situato sulle sponde del Lago di Garda, che quest'anno ha festeggiato 130 anni di storia. E' partito da Salò, dove il papà gestiva una drogheria, per andare lavorare in molti ristoranti stellati sul Lago, fino ad approdare nelle cucine di Norbert Niederkofler al St. Hubertus, tre stelle Michelin. Poi è arrivato il richiamo di casa, grazie alla famiglia Mayr, che da sempre gestisce lo storico hotel e che, negli anni, l'ha completamente ristrutturato per farlo diventare un luogo capace di unire alta ristorazione, relax e benessere "con vista" su uno dei laghi più belli d'Italia.
I ristoranti sono tre: il bistrot "Magnolia", il ristorante di pesce "Il pescatore" e la punta di diamante, il ristorante gourmet "Il Fagiano" dove lo chef mette in campo la sua creatività. Qui la brigata è composta da 13 ragazzi, giovanissimi, tra i 19 e i 26 anni. Lo chef Matteo Felter ha voluto raccontare a Fine Dining Lovers le radici e l'evoluzione della sua cucina, il lavoro sui prodotti tipici del territorio e le tecniche di cottura che lo accompagnano nella creazione dei piatti.
Cosa vuol dire per lei, da bresciano, cucinare in una location con 130 anni di storia come il Grand Hotel Fasano?
E’ il sogno che hai da bambino, che diventa all'improvviso realtà. Per chi faceva l’alberghiero a Brescia, diventare lo chef del Grand Hotel Fasano era il lavoro più ambito. Oggi che sono arrivato a questa posizione, grazie alla fiducia della famiglia Mayr che ha sempre creduto in me, sento un grande senso di responsabilità. Il rilancio e le ristrutturazioni di questi anni, che hanno coinvolto sia i ristoranti che l’hotel in generale, hanno puntato un faro ancora più luminoso su di noi. Bisogna fare bene.
Qui c’è un microclima incredibile dato dalla presenza del lago e dalla protezione delle colline, tanto è vero che sulle rive del Garda crescono i limoni. Come il territorio influenza la sua cucina?
Il territorio è per me sempre il punto di partenza. I limoni sono protagonisti e li seleziono da due fratelli che li raccolgono e li mettono interi in immersione nell’olio extravergine del Garda, un’altra specialità locale. Dopo alcuni mesi, tagliati a fette, diventano l’accompagnamento perfetto per la mia anguilla laccata alla birra.
Pancia di maiale con crema di peperoni
Il pesce di lago è importante?
Sì, lo è sempre stato. Amo cucinare l’anguilla, la trota, il coregone e l’agone, cioè la sarda del nostro lago.
Come definirebbe la sua cucina?
Sincera e concreta. Un piatto iconico, in questo senso, è lo Spaghetto integrale con crema di aglio, olio extravergine e prezzemolo, caviale di aringa e agone del lago essiccato. Un piatto semplice e gustoso: ecco ciò che voglio ottenere.
Spaghetto integrale con crema di aglio e prezzemolo, caviale di aringa e agone essiccato
Qual è stata l’evoluzione della sua cucina negli ultimi anni?
La mia cucina è cresciuta con me. Oggi, oltre ai prodotti del territorio, mi lascio influenzare dai sapori trovati nei miei viaggi. Ad esempio uso i curry indiani che vengono dal mio viaggio di un mese in Sri Lanka, la salsa ponzu che, seppur di origine giapponese, ho provato in Thailandia e che abbino al coregone. Assaggio, memorizzo, immagazzino e poi viene tutto naturale. Ad esempio, ultimamente utilizzo la galanga, una radice della stessa famiglia dello zenzero, con cui aromatizzo un marshmallow da abbinare al foie gras.
Un ingrediente che trovi geniale.
Il panko, perché è eccezionale per le impanature: l’esterno della preparazione diventa croccante e l’interno resta morbidissimo. Con il panko impano la cotoletta alla milanese e la testina di vitello tagliata a cubo.
Su cosa sta lavorando ora?
Principalmente sulle affumicature. Studio questa tecnica di cottura da 5 anni: mi piace sentire il sapore del fuoco. Parto dalla scelta del legno per i trucioli a cui aggiungo aromi come foglie di alloro e bacche di ginepro. Ultimamente sto usando per le cotture il legno di vecchie botti che hanno contenuto vino locale e che regalano alle pietanze un aroma molto particolare. Inoltre, uso l’affumicatura diretta in cloche al tavolo quando voglio che il sapore resti vivo e persistente in bocca.
Quali sono i suoi piatti basati sulla tecnica dell’affumicatura?
Il coregone del Lago di Garda, che prima affumico in forno con legni di vinacce, poi scotto e servo con la salsa teriyaki. E, poi, il risotto cotto con le scorze del Grana, mantecato e affumicato in cloche direttamente al tavolo per ottenere un forte gusto affumicato e tostato. Lo servo con polvere di curry e mela a dadini per un tocco acidulo e croccante.
Risotto affumicato con curry e mela
Un’altra tua caratteristica?
L’uso degli spirit. Ad esempio faccio una pancia di vitello cotta a bassa temperatura per 24 ore e poi glassata con il suo fondo. Per sfumare aggiungo il whisky torbato che dà una affumicata simile al tabacco. Mi confronto spesso con il nostro bartender, Rama Redzepi, che mi dà spunti interessanti sia per i cocktail da abbinare che per l'utilizzo degli spirit nei miei piatti.
Il tuo prodotto preferito del territorio?
Il bagoss, un formaggio stagionato fatto a Bagolino sul lago d’Idro. E’ unico nel suo genere perché le mucche hanno a disposizione un particolare mix di erbe che si trova solo in quel territorio. Lo uso in un risotto, abbinato a noce di macadamia e lime.
Il dolce da provare Al Fagiano?
L’éclair con una crema ai limoni del Lago di Garda e cappero immerso nello sciroppo di zucchero. La massima espressione del territorio in un dolce. Infatti in pochi sanno che, per il suo particolare microclima, sul Lago di Garda, oltre ai limoni, crescono i capperi.
Il pane con l'uva
Che consiglio daresti a un giovane che vuole iniziare il percorso professionale per diventare cuoco?
Gli direi che la cucina è apertura mentale. Gli consiglierei di viaggiare, assaggiare, incuriosirsi, lasciarsi trasportare dalle emozioni. Il cuoco è come una spugna, un “immagazzinatore di sapori”. Una volta che abbiamo composto il nostro “vocabolario sensoriale” di gusti e profumi, gli abbinamenti e i piatti verranno da sé, in modo naturale. Mai darsi limiti: la cucina cresce ogni giorno con i nostri interessi e le nostre esperienze di vita.