Dal 2014 alla guida del ristorante de La Madernassa, 1 stella Michelin a Guarene, nel cuore delle Langhe, Michelangelo Mammoliti ama le sfide. Innanzitutto quella con gli ingredienti vegetali, che coltiva personalmente negli orti del resort; ma anche quella con se stesso, che lo spinge a migliorarsi ogni giorno ai fornelli, specie in una zona del Piemonte così ricca di eccellenze.
Prima di arrivare in questo ristorante però lo chef ha avuto modo di lavorare con alcuni grandi della cucina nostrana, come il maestro Gualtiero Marchesi, e d'Oltralpe, come Ducasse e Alléno. Noi di Fine Dining Lovers l'abbiamo intervistato, ecco cosa ci ha raccontato delle sue esperienze passate, del lavoro a La Madernassa e delle sue ambizioni per il futuro.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Tutto ha inizio nel ristorante dei miei nonni. Venendo da una famiglia di ristoratori, è stato quasi naturale innamorarsi di questo mondo e a undici anni avevo già ben chiara quale sarebbe stata la mia strada: imparare a fare il cuoco nei più grandi ristoranti del mondo. A quattordici anni comprai il mio primo libro di cucina, scritto da Michel Bras. Fu quello, a ben pensarci, che mi spinse poi a desiderare fortemente la Francia. Terminata la scuola però, non avendo esperienza, ho dovuto imparare a fare il cuoco ed iniziai con l’apprendere le basi. Così mandai il mio curriculum a Gualtiero Marchesi, con cui mossi i primi passi da stagista e successivamente da dipendente. Dopo l’esperienza a L'Albereta e al Marchesino andai a Villa Feltrinelli da Stefano Baiocco. Più di chiunque altro è lui che devo ringraziare, perché fu merito suo se successivamente approdai da Alain Ducasse. Pierre Gargnaire, Marc Meneau e Yannick Alléno arrivarono successivamente, contribuendo notevolmente alla mia formazione.
In che modo la Francia ha formato il suo modo di intendere la cucina?
Era un sogno da bambino e realizzarlo ha dato una spinta ulteriore alla mia ambizione. La più grande fortuna però è stata quella di aver lavorato con chef di questo calibro, che mi hanno fatto crescere e mi hanno permesso di affinare la passione per la cucina, anche e soprattutto nei momenti difficili, quelli in cui quella stessa passione si trasformava in pressione e diventava difficile da gestire. Ducasse mi ha trasmesso il forte senso di rispetto per la materia prima e insegnato come trasformare, attraverso una cottura perfetta, ogni singola verdura. Alléno è colui che mi ha influenzato più degli altri, mi ha insegnato a essere uno chef, a circondarmi di persone con i miei stessi obbiettivi, a essere intransigente in ogni piccola cosa, senza tralasciare nulla, soprattutto nella preparazione di salse ed estrazioni. Marc Meneau mi ha fatto comprendere il lato umano di questo lavoro e quanto fosse fondamentale avere una buona squadra.
E cosa le rimane dei suoi maestri italiani?
Marchesi mi senza dubbio mi ha trasmesso la sua visione dell’arte, anche in cucina; Baiocco il rigore e la ricerca della perfezione in ogni dettaglio e tutto quello che so riguardo ad erbe e fiori.
Quando è arrivato a La Madernassa?
Sono arrivato a Guarene nell’agosto del 2014, come faccio a dimenticare quel giorno! Coincise con un nuovo inizio della mia crescita personale, oltre che lavorativa. Sentivo la necessità di dare corpo alle mie esperienze, senza più avere qualcuno che mi dicesse cosa fare o non fare, dando così il via ad un nuovo processo creativo.
Come definirebbe la sua cucina?
La mia cucina è essenziale, comprensibile, naturale ma soprattutto legata ai miei ricordi e ai miei viaggi. Sicuramente molto vicina ai prodotti piemontesi, ma contemporanea e in continua sperimentazione.
Le Langhe sono un luogo di grande tradizione enogastronomica. In che modo la sua cucina guarda al passato?
In molte preparazioni, per esempio il Carpione oppure La Giardiniera o ancora il Ni Plin. Ho un profondo rispetto delle basi della cucina, sia langarola che italiana e francese, ma le utilizzo per creare nuove versioni che mi permettano di evolvere ogni giorno, senza essere vincolato dalla ricetta stessa.
E che ruolo riserva agli ingredienti esotici nei suoi piatti?
Viaggio tanto… Mi piace trascorrere i miei momenti liberi alla ricerca di cose nuove. Non amo l’ozio, piuttosto adoro scoprire nuovi sapori e lasciarmi contaminare. Non ho pregiudizi nei confronti di nessun ingrediente che incontro nei miei viaggi. A La Madernassa tanti piatti fanno rifermento alle mie esperienze all’estero, come Thay-Siam, oppure Spiaggiato o Niorà, ancora Marmoreo.
Se dovesse raccontare l’esperienza a La Madernassa ad un ospite che non l’ha mai provata, come la descriverebbe?
Lo inviterei semplicemente a prendersi un’intera giornata e passarla all’interno del nostro resort con piscina. La Madernassa è un posto straordinario, sia come location che come ristorante, ma soprattutto dal punto di vista umano e professionale. La brigata di sala, di cucina e il personale di tutta la struttura sono capaci di far vivere una giornata di piacere e di relax a 360 gradi. In fondo, noi siamo qui proprio per questo, per trasformare un momento come tanti in qualcosa di eccezionale.
Come si pone rispetto alla tematica del km 0 e della stagionalità?
Km 0? A meno di 50 m dalla cucina ho due orti ed una serra che gestisco personalmente con l’aiuto di Giorgio, lo chef del giardino. Sono riuscito in cinque anni a far nascere qui oltre duecentocinquanta varietà tra erbe e fiori, più di novanta varietà di verdure. La ciclicità e la stagionalità sono lo stile di vita che ho scelto, non solo l’impronta della mia cucina. È qualcosa che ho cucito sulla mia casacca e tatuato sulla mia pelle. È la natura stessa ad imporsi sulle mie creazioni e non il contrario. Al mattino, quando entro in serra o nell’orto è indescrivibile la sintonia che provo per quest'ambiente, mi sembra quasi di percepire una “competizione” da affrontare. Di raccogliere quotidianamente un guanto di sfida che dice: "Vediamo oggi cosa sai fare”. Nutro un profondo rispetto per la natura perché è la base di tutto, ecco perchè cerco di sublimare ogni singola piccola foglia, senza denaturarne la forma e il sapore.
C’è un ingrediente o un piatto che la rappresenta più di altri?
Sicuramente tutto quello che ha una componente vegetale. Questo, unito alle tecniche di cottura che ho appreso in Francia, mi consente di dare libero sfogo alla mia creatività. La parte entusiasmante di lavorare con il mondo vegetale è non avere alcun tipo di limite.
In una zona con una tale concentrazione di stelle come le Langhe, si sente la competizione?
Essendo uno sportivo, vivo la competizione come spunto per un miglioramento e una crescita e senza alcuna accezione negativa, anzi. Sono sempre in competizione con me stesso per natura, perché tendo sempre a migliorarmi, anno dopo anno. Sicuramente poi trovarsi in questa “costellazione”, con tanti ristoranti di alto livello intorno, tra cui quello guidato da Enrico Crippa, che ha addirittura tre stelle Michelin, ravviva in me quella fiamma chiamata ambizione. È ovvio che se corri il Tour de France o il Giro D’Italia con i grandi campioni, dovrai dare tutto te stesso per andare più forte e per vincere qualche tappa.
Qual è il primo consiglio che darebbe ad un giovane che vuole fare il suo stesso lavoro?
Sicuramente gli direi di non prendere alla leggera questo mestiere, di prepararsi sia fisicamente che mentalmente, di fare esperienze in tutto il mondo e di essere serio, puntuale e organizzato con una corposa dose di rigore e carattere. Il mondo della cucina è per persone determinate che hanno voglia di dare piacere attraverso le loro creazioni.
Una ricetta di Michelangelo Mammoliti tra natura e tecnica: Iodio.
Piccoli produttori per Alessandro Tupputi, sommelier de La Madernassa.
Langhe, terra di vino e gastronomia. Scoprite tutti gli stellati.