"Arrivi sempre impreparato alle nuove aperture, sebbene questa sia l'ennesima della mia carriera".
Spice ha inaugurato da non più di paio di mesi; il bistrot in zona Ticinese a Milano è la scommessa di Misha Sukyas, chef milanese/armeno che dopo l'avventura finita a L'Alchimista torna in pista dopo un anno con un nuovo concetto e soprattutto con la rinnovata voglia di cucinare per le persone.
Quarantotto coperti, un menu che cambia tutti i giorni sia a pranzo che a cena, costi contenuti - media 15 euro a piatto - e una sola missione: soddisfare i clienti.
"Qui è un parco giochi, noi ci divertiamo e vogliamo che i clienti si divertano".
Inutile chiedere che piatti ci siano, o come andrà a finire la vostra cena: Spice è un pacco sorpresa, dove la costante è la voglia di giocare con ingredienti e culture gastronomiche di tutto il mondo, e dove il contenuto può variare ogni giorno e in ogni momento.
Per capire meglio su cosa si fonda Spice, e come funziona la "contorta" mente di Misha Sukyas, siamo andati a fare una chiacchierata su passato e presente.
Dall'Alchimista a Spice, cosa cambia?
Il mio ego soprattutto. Qui non c'è proprio, qui è tutto improntato sul cliente. Il problema della ristorazione oggi è che è arrivata a un punto in cui le persone che vengono a mangiare non contano più nulla. I ristoranti ormai sono talmente pomposi e rigidi che il cliente è spaventato anche solo di entrare, ha paura di essere "umiliato pubblicamente" dal maître per aver chiesto un vino che non si abbina minimamente col piatto in menu.
Noi siamo i nostri fan, i nostri clienti, se non cerchiamo minimamente di assecondarli e capirli di cosa stiamo parlando?
L'Alchimista se vuoi è stata una fase di transizione fra una realtà troppo pomposa e il nuovo Spice; qui oggi ritrovo i motivi per cui ho iniziato questo lavoro. Era da un sacco di tempo che non andavo in sala a chiedere a una signora come aveva mangiato; l'altro giorno l'ho fatto e lei mi ha abbracciato, mi sono commosso ed era una cosa che mi ero completamente dimenticato.
Mi ero dimenticato di sedermi sul divanetto vicino a un cliente per chiedergli di cosa avrebbe avuto voglia quella sera. Mi ero dimenticato perché stavo facendo questo mestiere, la gioia di far star bene un cliente, di far finire insieme quella coppia timida che viene da noi per il primo appuntamento.

Un menu che cambia ogni giorno a pranzo e cena, raccontaci perché:
Spice nasce come un bistrot non solo italiano; Spice è una trattoria, un baracchino, una friggitoria giapponese, è tutto quello che vogliamo, tutti i giorni. Abbiamo una capacità camaleontica che rispecchia i 30 anni di esperienza intorno al mondo che abbiamo accumulato io e Matteo. Abbiamo la capacità di vedere un ingrediente e immaginare già tutte le possibilità. Va bene la tradizione, ma non solo la nostra.
Per farti capire: l'altro giorno abbiamo creato una pastina in brodo tipo sukiyaki dove abbiamo deciso di mettere del cioccolato bianco Galak e del wasabi. Il Galak ti riporta direttamente dall'infanzia, e non a caso lo mettiamo dentro piatto tipo la pastina, quello che mangiavi da piccolo quando stavi male.
Il mio obiettivo qui è quello di creare delle cose più libidose possibili, procurare l'orgasmo culinario, che insomma spesso si raggiunge solo con delle cose bieche, tipo i taleggini fritti o il cioccolato industriale.
Poi in carta quel giorno possono esserci anche dei piatti addirittura vegani e crudisti, ad esempio un'insalatina di tuberi marinati, dove sopra puoi metterci anche la pelle del porco arrostita. Anche un piatto etereo o slim può diventare altro. Se non sono pienissimo faccio anche piatti ad hoc.

Perché un bistrot, perché insistere su questa definizione abusata, almeno a Milano?
Io sono convinto che se fai le cose per bene non devi avere paura di usare nessuna parola; e poi esorcizziamola un po' questa definizione!
Io ricordo a tutti i miei clienti che questo è un bistrot; a volte ci sono dei problemi, il pane non è il massimo, il servizio può rallentarsi con la folla, ma è proprio per questo che lo chiamo in questo modo.
Dalla presentazione dei nostri piatti e dal nostro comportamento alcuni clienti hanno la sensazione di essere un ristorante fine dining, ma noi lo sfatiamo questo mito ricordando che abbiamo i prezzi dei bistrot; tu con 15 euro a piatto hai mangiato.
E il nostro menu cambia continuamente, sia perché siamo sull'orlo della schizofrenia e dell'autismo di questo mestiere, sia perché il mercato cambia tutti i giorni. Con questo progetto abbiamo perseguito il vero concetto della nouvelle cuisine, che non ha nulla a che fare con le microporzioni e le salsine spruzzate dai biberon, bensì con un prodotto fresco quotidiano dal mercato e un impiattamento decoroso.
È la cosa che stiamo facendo qui, solo che se usiamo questa dicitura la gente si spaventa o addirittura si lamenta, anche se non ti nascondo che alcune lamentele sono molto divertenti da raccontare...
Raccontaci le più assurde della tua carriera...
Una volta in Olanda una ragazza mi chiama al tavola e scocciata mi fa: "Io vorrei la tartare ben cotta", il maitre mi si è messo davanti e mi ha spinto via avendo paura della mia reazione.
Un'altra volta un ragazzo mi dice "L'Ossobuco l'avevo chiesto cottura media, e poi questa carne ha un osso pieno di grasso nel centro". Un altro scioccatissimo mi dice "Questa carne è sporca, sento crac crac sotto i denti" perché pensava che il pezzo fosse caduto e avessi raccolto i detriti del pavimento. Peccato che fosse il limone cristallizzato della ricetta.
Un anno senza ristorante: cos'è successo dalla chiusura dell'Alchimista a Spice, oltre la parentesi televisiva.
L'apertura di un ristorante nel mezzo che non è andata a buon fine, un nuovo concetto di locale molto bello e originale che non esisteva: un ristorante dentro una cucina, tu mangi in mezzo alla cucina e non ci sono camerieri. Mi spiace molto che non siamo riusciti a portarlo a termine.

Foto: ©Davide Bernardi
Ha avuto paura di investire in un locale di tasca tua?
Certo, ne ho ancora, tutti i giorni. Le spese, i costi previsti e non previsti, quelli volutamente ignorati per non avere ansia. Poi c'è gente che cerca di fregarti in tutti i modi. L'altra volta mi arriva la telefonata di un rappresentante dell'ufficio d'igiene, o presunto tale, che mi voleva addirittura vendere degli opuscoli informativi per rimanere aggiornati sulle normative.
Uno dei suoi ristoranti preferiti a Milano?
Niente a che vedere con il fine dining: Wang Jiao a Milano, la catena di ristoranti cinesi che adesso ha aperto anche in viale Bligny. Verdure spettacolari e piedini di porco succulenti.