Possiamo rendere il nostro cibo più sano facendo sì che i broccoli sappiano di cioccolata? La risposta apparentemente risiede nella Neurogastronomia, la scienza intedisciplinare che esplora il comportamento del cervello in relazione al contesto gastronomico.
Per capire meglio quello di cui stiamo parlando abbiamo raccolto la testimonianza di Dan Han, direttore della clinica di Neuropsicologia dell'Università del Kentucky, e di Fred Morin, chef del ristorante Joe Beef, l'anno scorso numero 81 dei World's 50 Best 50 Best Restaurants.
Entrambi sono fra i fondatori dell'International Society of Neurogastronomy, che ha tenuto il suo primo simposio internazionale alla fine dell'anno scorso, ed entrambi hanno qualcosa da dire sulla Neurogastronomia.
COS'È NEUROGASTRONOMIA?
Dan: Per Gordon Shepherd (professore di Neurobiologia del Yale Medical School e uno degli scienziati chiave della Society of Neurogastronomy) la Neurogastronomia è lo studio di come il cervello crea la percezione del gusto, e come questo si inserisce nella cultura dell'uomo. Ciò include tutti gli ambiti rilevanti, come il cibo, gli chef, le arti culinarie, la biologia molecolare, la neuroscienza, la psicologia, l'evoluzione umana e lo sviluppo infantile, specialmente i meccanismi del cervello che sono coinvolti nell'apprendimento e nella memoria, nelle emozioni, motivazioni e ricompense.
Fred: In cucina pensiamo di avere delle certezze, soprattutto quando facciamo delle affermazioni sulla nutrizione, o quando il nostro settore passa sotto la lente d'ingrandimento della scienza, per capire come mai i grumi di farina si trasformano in pasta, fisicamente, chimicamente o biologicamente. Ecco la Neurogastronomia ci dice perchè alla fine per noi la pasta è deliziosa, senza filosofie o problemi inerenti alla dieta. Non sto cercando di capire perchè alle persone piace il nostro cibo, piuttosto sto cercando di capire perché non gli piace, e perché l'appetito può svanire da un momento all'altro.
QUALI SONO STATI I PRINCIPALI MOMENTO DEL PRIMO SIMPOSIO?
Dan: Il primo simposio ci ha mostrato la forza della collaborazione interdisciplinare fra 4 campi così diversi: neuroscienza, arti culinarie, alimentazione e tecnologia agricola, e medicina. Ovviamente le prime questioni affrontate sono stata la percezione del gusto a livello individuale, incluso di chi soffre di patologie cliniche, fino a un livello più macro portando la nostra attenzone sul gusto in relazione alla produzione di massa, l'equilibriio dell'agricolutra locale e i successivi effetti sul mondo della cucina. La sfida è riuscire a far crescere questa incredibile cooperazione interdisciplinare per creare un'armonia nella produzione.
Fred: Abbiamo lanciato la palla: in risposta ci sono stati un sacco di spunti, dalla medicina sportiva, al cibo nella sanità, dall'educazione pura e semplice all'alta cucina, fino ad arrivare alla consapevolezza del gusto e dell'olfatto come catalizzatore della vita, cruciale al mantenimento delle vita e dell'evoluzione.
COME LA NEUROGASTRONOMIA PUÓ ESSERE APPLICATA TUTTI I GIORNI ALLA CUCINA E AGLI AMANTI DEL FINE DINING?
Dan: La Nurogastronomia si applica già nell'industria alimentare da tanto tempo. La nostra disciplina cerca un approccio scientifico ai meccanismi neurologici legati alla perfezione gastronomica, con ipotesi strutturate e testate, al fine di fornire esiti per tutti gli aspetti della percezione del sapore individuale, sia per la produzione di massa, sia per l'individuo con determinate patologie, come ad esempio quelle che diminuiscono gusto e causano deficit nella nutrizione.
Fred: La Neurogastronomia è sempre stata intorno a noi, istintivamente promulgata dal mondo della ristorazione, ma una migliore conoscenza dell'abbinamento del vino attraverso un punto di vista neurologico non può far altro che renderci felici. Guardate solo il lavoro di Francois Chartier sull'abbinamento cibo/vino a livello molecolare. Il ruolo del cuoco va ben oltre delle semplici tartine, ma è parte del processo.
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