Piegare la carta è un po' come cucinare: serve manualità per trasformare gli elementi e creare qualcosa di tangibile. Opificio Imaginarium è il progetto di tre ragazze - Annalisa, Dalia e Marlene - che hanno deciso di cimentarsi con l'antica arte degli origami. Tra le altre cose si sono dedicate alla riproduzione del cibo e alla mise en place della tavola. Il laboratorio parte per gioco, ma in breve si trasforma in un lavoro vero e proprio, e in un'amicizia, tutto portata avanti con la voglia di dare alla carta le forme più disparata per eventi e occasioni speciali.
In quest'intervista le ragazze di Opificio Imaginarium parlano della loro avventura e dei futuri progetti con la carta e con il food, ovviamente.

Dalia, com'è nato Opificio?
Il percorso è lungo: ci conoscevamo già tutte e tre per lavoro, ma da lì non era nata nessuna collaborazione o amicizia. Io e Annalisa ci siamo reincontrate dopo qualche anno durante un corso di paper design di Luisa Canovi, grande paper designer, e ci siamo riscoperte. Parlando insieme e ipotizzando di lavorare ad un progetto, però, ci siamo accorte che mancava qualcosa; a questo punto ho pensato a di coinvolgere Marlene, e da lì è nato Opificio Imaginarium.
Perché il nome Opificio Imaginarium?
L'Opificio come laboratorio, il luogo in cui le cose si trasformano, proprio come l'origami. La trasformazione delle carta è un punto essenziale: ognuna di noi ha scelto di ritornare ad usare le mani, ognuna per un motivo diverso, per esempio come quello squisitamente meditativo.
Come nasce la commistione fra origami e cibo?
Siamo entrate in contatto con Monica Placanica, food photographer, che voleva cimentarsi in qualcosa di diverso; abbiamo colto la palla al balzo e abbiamo proposto proprio gli origami. È stato divertente, anche se ha rappresentato una grande sfida; non esistono molti modelli da seguire. Per gli scatti c'è stata una grande ricerca e tanto studio sulla carta; abbiamo utilizzato una carta differente per ogni piatto, quasi come fosse una materia prima di cibo vero.
Come nasce un origami?
È una cosa molto difficile, devi documentarti su quello che esiste già; il rischio è di fare qualcosa di già esistente. Inizi ricalcando progetti esistenti, provando poi a modificarli. Una cosa su cui si base la ricerca è che "l'origami accade", piegando magari in maniera diversa il foglio su un progetto preesistente, hai fatto una cosa nuova.

Qual è il vostro rapporto con il cibo?
È molto viscerale, ci unisce molto anche perchè siamo abbastanza goderecce: un giro per acquistare dei materiali a Milano si trasforma in un pranzo in un posto nuovo del centro con molta facilità. Spesso, se andiamo a lavorare a casa di una delle tre, si finisce sempre col mangiare qualcosa di fatto in casa, quindi per noi ha una grande importanza.
Cosa c'è nel futuro di Opificio Imaginarium?
Sicuramente ancora progetti legati al cibo; continueremo la nostra ricerca sul food, rileborando modelli preesistenti e trasformandoli in cibo. Ci piacerebbe poi portare i nostri origami nella ristorazione e a contatto con i professionisti del settore. Il nostro interesse per il cibo è nato un po' per gioco, ma abbiamo visto il potenziale ed è soprattutto molto divertente.

Qual è il piatto della tradizione italiana che vi piacerebbe un giorno reintepretare in chiave origami?
Sicuramente qualcosa legato alla nostra tradizione.
Marlene: sceglierei di riprodurre i pizzoccheri perché amo quel gusto forte e pieno tipico dei piatti lombardi da mangiare in inverno; sarebbe bello rendere la grana e il colore della pasta con carte riciclate e ricche di impurità, ricreando la trama delle foglie delle verze con la tecnica della plissettata.
Anna: mi piacerebbe cimentarmi con il cappon magro, un piatto che racchiude in sé l'essenza della cucina ligure, estremamente scenografico, ma basato su ingredienti poveri. Rappresenta in qualche modo anche la sfida dell'origami, che permette di creare oggetti meravigliosi e complessi partendo da un materiale semplice e comune come la carta.
Dalia: una bella torta di mele, speziata e dolce; sarebbe bello sfidare le linee sinuose di una torta così con l'essenziale delicatezza dell'origami.
Il ristorante che vi sentireste di consigliare.
La risposta è unanime: il Barzaghin a Brenna. Un'osteria brianzola che propone anche piatti da fast-food mettendoci però sempre un tocco personale legato alla tradizione. A noi piace perché è un posto caldo, accogliente, dove puoi trovare anche i vecchietti che giocano a carte.
Il blog di cucina o libro di cucina che consultate più spesso.
Nonostante la propensione al web non abbiamo un blog preferito, cerchiamo le ricette online senza un riferimento preciso, spesso ci affidiamo ai consigli delle nonne e delle amiche. Se però dovessimo consigliare un libro sceglieremmo Mangiare di stagione di Eataly edito da Slow Food perché ne condividiamo i principi.