Paolo Grinza "Fotografo quello che conosco: il cibo"

"Fotografare quello che si conosce", questo l'assunto da cui parte il lavoro di Paolo Grinza, che si lancia nel mondo della fotografia ritraendo quello che gli piace e conosce meglio, il cibo. Paolo lavora per lo studio torinese Plastikwombat e negli ultimi anni ha messo in piedi una serie di progetti fotografici incentrati su alimentazione e tematiche contemporanee, vedi Siamo quello che mangiamo. Siamo quello che buttiamo, dove ci si interroga sul packaging e su come questo influisce sulla nostra salute. Si va da tutt'altra parte con Veggies from outer space, dove frutta e verdura diventano pianeti immersi nell'oscurità dello spazio. 

In questa intervista Paolo racconta il suo percorso, i suoi progetti futuri e ci consiglia anche due ristoranti dove andare a mangiare a Torino. 

Quando nasce la passione per la fotografia? E quella per cibo e fotografia insieme?
Nasce sicuramente prima la passione per la cucina, appena sono stato in grado di cucinare qualcosa senza fare troppi danni. Quella per la fotografia è relativamente recente e nasce da una necessità più intima, quella di creare qualcosa di mio ed esprimerlo attraverso le immagini. Detto questo il connubio con la cucina è stato quasi automatico, seguendo l'adagio per cui si dovrebbe fotografare ciò che si conosce.

Come il cibo influenza la tua vita e il tuo lavoro?
Cucinare è il mio rifugio dalla vita, mi permette di staccare e riequilibrarmi. La panificazione in particolare, mi rimette in pace con il mondo. Con la fotografia ho invece un rapporto molto più cerebrale: ciò che sta alla base della mia visione estetica prescinde in qualche modo dal cibo, ma trova nel cibo una naturale rappresentazione.

Come nascono progetti come Veggies from outer space e Siamo quello che mangiamo. Siamo quello che buttiamo?
Nascono in modi diametralmente opposti. Il primo è nato mentre stavo studiando alcune tecniche di illuminazione che non conoscevo: quando le ho applicate per fotografare il melone ho realizzato quanto fosse evocativo di un asteroide nello spazio... così è nata la serie.
Il secondo è invece un progetto ragionato a tavolino con la mia collega Silvia Vaulà dello Studio Plastikwombat. Ci ponevamo il problema di realizzare una serie di fotografie capaci di sensibilizzare sull'impatto del packaging alimentare sulla nostra salute. In questo senso, l'idea di impiattare elegantemente della “spazzatura” è risultata efficace, tanto che siamo arrivati terzi al concorso fotografico “Upcycling” (Madrid, 2014) che aveva come tema proprio il riciclo. 

Fotografare il cibo: c'è un trucco che vuoi svelarci per rendere al meglio piatti e alimenti?
Nella fotografia di food, riprodurre il colore in maniera convincente è cruciale. Per questo è fondamentale saper trattare il cibo in modo da non deteriorarne le caratteristiche estetiche, evitando per esempio che si ossidi o che la cottura appanni la brillantezza dei colori.  Parlando invece di tecnica fotografica, è molto importane la corretta impostazione del bilanciamento del bianco, che ci permette di eliminare quelle fastidiose dominanti (normalmente gialline) che compaiono in molte fotografie scattate in luce artificiale. 

Ci sono degli artisti ai quale ti ispiri o che hanno influenzato il tuo lavoro?
Avere una buona conoscenza della storia della fotografia, o più in generale della storia dell'arte, è molto importante per riuscire a sviluppare un proprio linguaggio fotografico. Fotografi come Andreas Gursky, Thomas Ruff, Mauricio Alejo sono una fonte di continua ispirazione per me, trovo la loro visione fotografica estremamente stimolante.

Cosa ti aspetta fra qualche anno?
Vorrei gettare le basi per un progetto più impegnato e “fondamentale”, che affronti qualcuno dei temi più caldi nell'ambito di cibo, nutrizione e salute. In particolare il tema delle intolleranze mi sembra molto interessante, soprattutto perché si presta purtroppo a grossolane mistificazioni. Riuscire a far passare un messaggio forte e corretto in questo ambito sarebbe molto importante.

Un ristorante dove ti piace andare a mangiare e che consigli?
Nel panorama torinese ci sono molte realtà interessanti, a me piace molto andare al Contesto Alimentare. In cucina riescono a mantenere un buon equilibrio tra tradizione piemontese e voglia di innovare e reinterpretare, mentre il locale ha un design molto curato e minimale che contrasta piacevolmente con il calore dei proprietari Francesca (cucina) e Matteo (sala). Per quanto riguarda invece la fascia “stellata”, mi piace molto la cucina golosa e sorprendente di Marcello Trentini, chef del ristorante Magorabin.