C’è passione, quasi violenza, nelle parole dei Pellegrino Bros: quando incontri la prima volta questi giovani fenomeni dell’alta cucina salentina non puoi far altro che arginare un fiume in piena e lasciarti guidare nella storia del loro Bros, piccolo ristorante aperto da un anno a Lecce che in pochi mesi ha fatto il giro di tutti i più grandi giornali del mondo, Forbes compreso.
Floriano Pellegrino ha 26 anni ed è il portavoce del progetto, Giovanni ne ha solo 21 e si occupa della cucina nel quotidiano. Completa la squadra Isabella Benedetta Poti, pasticcera e sous chef, anche lei giovanissima e già nella lista dei 30 Under 30 più influenti d’Europa per il 2017.
I due fratelli fanno ritorno a Lecce dopo aver collezionato stage ed esperienze lavorative incredibili. Quella più importante senza dubbio nelle cucina del Lasarte nei Paesi Baschi con Martín Berasategui, poi Noma, Eneko Atxa, Mugaritz per Floriano, mentre Giovanni va ancora più lontano, prima Gagnaire a Londra, poi Hong Kong e Giappone.
Intanto i due si sostengono a vicenda, non solo moralmente, ma soprattutto economicamente. ”Non siamo dei figli di papà” dice Floriano con fierezza. Con un curriculum così meglio specificare.
E nel loro ristorante c’è il Salento, ma con tecniche e idee che vengono da tutto il mondo, perché come spiegherà meglio Floriano più avanti in questa intervista: “Per fare qualcosa che lasci il segno bisogna portare avanti un’idea propria, non quella di qualcun altro”.
Come hanno fatto in un anno dei ragazzi così giovani a farsi conoscere in tutta Italia?
Floriano: Abbiamo comunicato noi e il nostro progetto bene fin dall'inizio, non solo da un anno a questa parte. Non abbiamo ufficio stampa e non lo vogliamo, solo una ragazza, Veronica, che ci aiuta a gestire le e-mail. Al ristorante tutto passa da noi, dall’arrivo della merce al ragazzo che fa le pulizie, questo è il trucco.
Appena abbiamo iniziato a girare il mondo abbiamo capito di voler fare questo lavoro: abbiamo fatto amicizia, parlato con le persone, e detto sempre le stesse cose, senza mai cambiare idea. E da lì è nato tutto.
Giovanni: Verissimo! Abbiamo iniziato a fare network dall’inizio, in tutti i ristoranti dove andavamo.
Come avete fatto a girare tutto il mondo in così pochi anni?
Floriano: Ci tengo a specificare che non siamo di un famiglia benestante, e da qui viene anche la nostra forza: tutto ciò che facciamo lo abbiamo costruito da soli, con le nostre forze. Nessuno ci ha regalato niente. Forse sembriamo un po’ antipatici, perché abbiamo questo modo di fare molto estremo e "straniero", ma ci mettiamo sempre passione. Per permetterci stage ed esperienze ci siamo dati una mano a vicenda: ad esempio quando lavoravo come chef di una principessa, e guadagnavo 6.000 euro al mese, mandavo i soldi a Giovanni mentre studiava in Giappone. Quando lavorava lui li mandava a me. Con dei genitori ricchi alle spalle non saremmo stati gli stessi.
Perché siete tornati in Italia?
Floriano: Perché per lasciare un segno o un solco devi portare avanti un’idea e tenere bene in alto una bandiera, non puoi essere un mercenario. Devi trasmettere quello che sei e quello che sei stato, mica potevamo andare a Parigi a cucinare. Noi siamo del Salento e vogliamo raccontare il Salento, quello più endemico, più vero. Da Martín Berasategui sono passato dal raccogliere la cicca sul pavimento alla proposta di essere suo chef di cucina: ho rifiutato perché non volevo essere il secondo di nessuno. Sembro sbruffone, ma non voglio pormi limiti nella vita.
Come avete strutturato il ristorante una volta tornati a Lecce?
Floriano: Abbiamo iniziato dalla squadra: conoscevamo già tutti grazie alle nostre esperienze. Abbiamo cominciato con un piccolo investitore e poi siamo partiti subito, sulla base di quello che avevamo fatto in tutti questi anni.
Lavoriamo dalla mattina alla sera, ma ci siamo divisi i compiti: Giovanni è quello che gestisce la cucina fisicamente nel quotidiano insieme a me, che poi con Isabella mi occupo della creatività.
E da lì le cose funzionano, forse perché siamo dei perfezionisti e degli estremisti: se qualcosa non va la cambiamo subito, sia nella gestione che nella presentazione dei piatti. Siamo partiti da 11 tavoli e adesso ne abbiamo solo 6, abbiamo chiuso un gennaio e febbraio alla grande, non ci aspettavamo questi numeri. Ma al momento il nostro interesse non è guadagnare: se abbiamo 300 euro in più invece di comprare la macchina li reinvestiamo. Ad esempio abbiamo investito tantissimo su Isabella, parla 5 lingue ed è bravissima. Per noi questo è importante: possono rubarci tutto, ma non cancellare le nostre esperienze.
Qual è il piatto più estremo che avete preparato?
Giovanni: Osso di Maiale, un parfait al sangue con cioccolato bianco e granita al rum.
Floriano: Pomodoro con acqua di ricotta forte, estremo perché nel piatto servivamo i pomodori attaccati nel ramoscello quasi secchi, poi il cliente doveva versare sopra un’acqua di ricotta 100% umami. Questo è il Salento, non il filetto di salmone crudo. La ricotta forte la facciamo noi in casa così come tutte le fermentazioni e anche l'aceto. Il bello di stare in Salento è che possiamo concederci il tempo per fare le cose, e abbiamo anche gli spazi giusti.
Domanda di rito: i Pellegrino Bros litigano in cucina?
Giovanni: Continuamente (NdR Ride!)
Floriano: Si discute sempre! Ma noi siamo rugbisti, dei lottatori, veniamo da uno sport in cui la palla si passa indietro per andare avanti. La vittoria nel rugby si conquista centimetro per centimetro, come cerchiamo di fare noi con il nostro ristorante.