Negli ultimi anni il mondo dell'alta cucina ha visto un ritorno alle radici, sia in senso figurato che in senso letterale.
Invece che etichettare l'utilizzo delle radici in cucina come una bizzarria poco appetibile, un capriccio nordico che con noi ha poco a che fare, leggete questa piccola guida alle radici più utilizzate in tutto il mondo: scoprirete che vengono consumate a tutte le latitudini e in tutti i modi, e che sono tanto versatili nel sapore quanto nelle ricette che le vedono protagoniste.
Attenzione: mentre la botanica distingue le vere radici come i fittoni – uno per tutti: le carote – e le radici tuberose – per esempio la patata dolce – dalle non-radici, in agricoltura e arte culinaria non valgono le stesse distinzioni. Nella categoria “radici” rientrano dunque anche quelle che tecnicamente non lo sono, come i tuberi – quello per eccellenza: la patata; i cormi – il taro o il konjac, per esempio; e persino i rizomi – curcuma, loto etc – e i bulbi – aglio, cipolla etc. In questo contesto ci occuperemo delle vere radici.
Arracacha. Radice amidosa originaria delle Ande, sta a metà strada fra carota e sedano. In Sud America è una coltura molto importante. Somiglia a una carota corta e grassoccia; la polpa è gialla o viola e, una volta cotta, sprigiona un aroma che ricorda un mix di sedano, cavolo, e castagne arrosto. Le foglie – verdone o violacee – assomigliano al prezzemolo.
Daikon. La “grossa radice”, il ravanello giapponese, è una verdura invernale molto versatile. Un segreto per la sua cottura? Utilizzare l'acqua in cui il riso è stato lavato (o a cui viene aggiunta un po 'di crusca di riso): manterrà la radice bianca, eliminandone anche l'amarezza. Ne parliamo qui.
Évora. In questa città portoghese, la radice si cristallizza in dessert. Si tratta dell'unico dolce al mondo di scorzonera, detta anche “radice del serpente”, parte dell'Arca del Gusto di Slow Food.
Fetida. Le radici di Eryngo erano popolari nella cucina europea dei tempi passati. Eccezionalmente si usano ancora, soprattutto quella della specie Eryngium campestre o quelle di Eryngium foetidum, dall'odore decisamente sgradevole che però, se dosate nelle minestre, possono conferir loro un particolare e caratteristico profumo.
Hawknut. È una radice tuberosa, conosciuta anche come “cuore di castagna”, per il fatto che la “noce” sotterrata assomiglia a una castagna, in colore, dimensioni e anche sapore, che è stato associato a quello di castagne, nocciole, patate dolci e noci brasiliane. Buona e nutriente, è molto popolare tra i raccoglitori di erbe selvatiche.
Ipomoea. Ipomoea batatas altro non è che il nome scientifico delle patate dolci, mentre Ipomoe costata è una pianta autoctona australiana, detta anche “Rock morning glory”, che dà vita alla “bush potato”, tuttora mangiata dagli Aborigeni che vivono nelle terre desertiche. Qui qualche consiglio per mangiarle.
Jícama. Un rampicante tropicale che viene largamente coltivato per il suo enorme fittone, che può pesare fino a 20 kg e la cui polpa bianca si mangia cruda o cotta. É croccante e succosa allo stesso tempo, piuttosto dolce: può essere paragonata a quella di una mela.
Kinpira gobō. Tipico piatto giapponese che consiste in radici di bardana e carote tagliate a julienne e cotte secondo lo stile “kimpira” - molto usato per cuocere le radici, ossia “saltato e cotto a fuoco lento” (“sauté and simmer”), stufandoli con salsa di soia, saké o mirin, zucchero e olio di sesamo.
Maca. É molto di moda per le sue multiple proprietà, da quelle depuranti a quelle ricostituenti a quelle, si dice, afrodisiache, dato che dovrebbe migliorare la produzione di sperma e le performance sessuali. Il “ginseng delle Ande” veniva consumato regolarmente dei guerrieri imperiali Inca, e la parte della pianta dagli straordinari poteri e proprio la sua radice.
Prezzemolo. Il prezzemolo da radice ha la forma di una carota beige ed ha un sapore a metà strada tra questa e il sedano. Rispetto alla pastinaca, è più delicata, dolce e con sentore erbaceo. Si usa in Europa centrale e orientale, in particolare amata da cuochi ebraici, polacchi e tedeschi.
Rutabaga. Detta anche navone. è probabilmente un incrocio tra un cavolo e una rapa. Amata in molti Paesi anglofoni e popolarissima nei Paesi del nord Europa - dove è spesso parte dei pasti festivi e viene preparata in una varietà di maniere, tra cui la purea – è invece tendenzialmente associata alla povertà e alle due guerre in nazioni quali Francia e Germania.
Şalgam. È la “acqua di rapa”, bevanda preparata in Turchia meridionale con il succo di carote viola e rapa aromatica, fermentata, salata e speziata. Spesso servita in accompagnamento a un drink alcolico, pare sia fantastica per il post-sbronza.
Rapa. La rapa, radice del popolo, nobile, osannata, sbeffeggiata, dimenticata, ritornata, sempre valida, diventa anche massimo premio – inchiodata a un pezzo di legno, nei Turnip Prize, coniati a sfregio dei Turner Prize della Tate Gallery, che con britannico scherno premiano le opere di pessima arte moderna.
Yuca. Il settimo cibo-base al mondo, terza più importante fonte di carboidrati nei tropici: è la yuca (da non confondersi con la yucca), o cassava, o manioca, che quando viene seccata e polverizzata diventa tapioca.
Yam daisy. È una margherita dai petali gialli che cresce in Nuova Zelanda. La sua radice arrostita in un forno di terracotta era un cibo comune tra gli Aborigeni, che ne apprezzavano il dolce sugo. Il pascolare delle pecore ha notevolmente ridotto la presenza di questa pianta perenne.
Zuckerwurzel. É il nome tedesco della sedanina, che letteralmente si traduce “radice dolce”. Il suo nome inglese deriva invece dal Medio Inglese “skirwhit”, ossia “radice bianca”: i nomi rispecchiano due caratteristiche di questa verdura, che si cucina e mangia al pari di rape e scorzonera bianca.
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