L'Ultima Cena è una delle immagini più riconoscibili al mondo e una delle scene più dipinte nella storia dell'arte. Gli artisti hanno adattato volti, vestiti e ambientazioni ai luoghi in cui hanno vissuto e lavorato. E hanno messo sul tavolo cibo che era simbolico, riconoscibile e accettabile per il loro pubblico. Mentre vino e pane sono le uniche necessità sacramentali, alcuni cibi sorprendenti sono finiti sulle tavole raffigurate di tutto il mondo.
Il cibo dell'Ultima cena di Leonardo da Vinci
Indubbiamente, il dipinto più celebre dell'Ultima Cena è quello di Leonardo da Vinci. Per il refettorio di Santa Maria della Grazie a Milano, Leonardo dipinse un affresco molto realistico con una tavola vista da un punto di vista più alto di quanto fosse tipico della maggior parte delle raffigurazioni rinascimentali. Ciò consente di essere visibile più del piano del tavolo.
Su una tovaglia ben stirata vediamo pane, vino e molta frutta. Un piatto alla nostra sinistra contiene una mezza dozzina di pesci interi. C'è un'altro vassoio a destra, impossibile da vedere fino a un recente restauro. I ricercatori hanno rivelato l'elemento curioso su questo piatto: anguilla grigliata guarnita con fette d'arancia. Le anguille non avrebbero potuto essere servite nella cena originale, ma erano una prelibatezza nell'Italia del Rinascimento, come menzionato nei libri di cucina dell'epoca.
Leonardo da Vinci, L'Ultima cena, 1498
Paolo Veronese e il Convito "sacrilego"
L'Ultima Cena divenne una delle scene più gettonate dagli artisti durante il Rinascimento per mettere in mostra le proprie abilità. Il dipinto Convito a casa di Levi di Paolo Veronese, commissionato per il monastero di San Giovanni e Paolo a Venezia nel 1562-3 (attualmente custodito alle Gallerie dell'Accademia di Venezia) è forse la scena del banchetto rinascimentale più sfarzoso, con persone, servi e cani erranti.
Il numero di persone e oggetti in questa grande tela venne considerato talmente eccessivo che l'Inquisizione mise sotto processo il pittore. Infine, Veronese dovette cambiare il nome del dipinto per evitare la punizione. Oltre a un'enorme quantità di persone - come un servo sanguinante dal naso, un giullare con un pappagallo e due soldati tedeschi - è possibile notare San Pietro alla destra di Gesù mentre taglia un pezzo di agnello, come farebbe un nobile durante un banchetto rinascimentale appunto, mentre un gatto fa capolino accanto ai suoi piedi sotto il tavolo.
Paolo Veronese, Convito in casa di Levi, 1563
Il vero cibo dell'Ultima Cena
Ma cosa avrebbero potuto mangiare verosimilmente Cristo e i suoi apostoli? Secondo il professore di storia del cibo Ken Albala, Gesù seguiva più o meno una dieta mediterranea, secondo quanto era disponibile in Terra Santa all'epoca: pane e vino erano alimenti di base, le olive erano cibo essenziale, insieme a fichi, datteri e melograni, noci, ceci, lenticchie, verdure, formaggio e forse un po' di carne di agnello o di capra. Se Gesù stesso bevesse vino o mangiasse carne è irrilevante. La giornalista Lauretta Colonnelli, autrice de La tavola di Dio, scrive che un pasto pasquale come questo avrebbe incluso cibi come erbe amare (lattuga, germogli di cicoria selvatica o sedano), pane azzimo, salsa di frutta e noci chiamate charoset, agnello arrosto e vino, molto probabilmente zuccherato e aromatizzato.
Sorprendentemente, per molto tempo all'inizio del cristianesimo, l'Ultima Cena non fu affatto illustrata. La prima raffigurazione conosciuta è su un mosaico ravennate del VI secolo, dove vediamo Cristo e i dodici apostoli sdraiati attorno a un tavolo basso, su cui vediamo due pesci molto grandi su un piatto circondato da pagnotte. Questa potrebbe essere stata l'effettiva disposizione delle sedute dell'Ultima Cena, ma l'austerità del cibo sembra più figurativa che vera, essendo il pesce il simbolo di Cristo.
Mosaico nella Basilica di Sant'Apollinare Nuovo. Ulima cena, anonimo, 6th century
Il cibo e l'ossessione per il peccato nel Medioevo
Nei dipinti medievali non vediamo molti dettagli del cibo: l'ossessione per il peccato non permetteva infatti agli artisti di celebrare il pasto. Tuttavia, spesso troviamo uno o due prodotti alimentari locali sul tavolo dell'Ultima Cena, come i pretzel. Il pretzel era un simbolo della santissima trinità e della vita eterna e un alimento quaresimale ideale, essendo fatto di acqua, farina e sale. Come tali, sono finiti in manoscritti medievali miniati e dipinti provenienti dalla Germania e dal nord Italia.
Ad esempio, in un esempio di Ultima cena bavarese dell'XI secolo realizzato per l'Abbazia di San Pietro a Salisburgo, c'è un pretzel sul lato destro del tavolo. Cristo è seduto al centro, secondo l'etichetta del banchetto medievale. Giuda è identificato con un uccello vicino alla sua bocca, che rappresenta il tradimento. Lo si vede spesso dall'altra parte del tavolo nei dipinti medievali, immergere la mano in una ciotola, recitando il verso: "Chi ha intinto la mano nel piatto con me mi tradirà".
Ultima Cena, Regensburg, 1030-40 circa (courtesy of The J. Paul Getty Museum, Ms. Ludwig VII 1, fol. 38)
Un'altra Ultima Cena che spicca è quella di Marcos Zapata (1753) nella Cattedrale di Cuzco in Perù. Il cibo di cui è imbandita la tavola, oltre al pane e al vino, comprende la chicha, una bevanda di mais fermentata peruviana e patate, peperoni e mais autoctoni. Al centro, davanti a Cristo, c'è un piatto con del porcellino d'India (cuy), un alimento andino e un animale sacrificale nella cultura Inca. Tutto ciò ha permesso all'artista locale di rendere questa scena più peruviana. Per finire, si ritiene che Zapata abbia dipinto Giuda rassomigliante a Francisco Pizarro, il conquistatore spagnolo responsabile della caduta dell'Impero Inca.
Ultima Cena, cattedrale di Cuzco, Peru, Marcos Zapata (1753)
Se siamo ciò che mangiano le nostre icone, come sarebbe un'Ultima Cena moderna? Ciambelle per la vita eterna, Coca-Cola come simbolo della grazia divina, e su un piatto centrale una grande pizza ai peperoni divisa in 12 fette, con Giuda che raggiunge la fetta di Gesù? Oppure panini senza glutine e una bottiglia di celebrity rosé? Come sempre, tutto dipende davvero dallo spettatore. O da chi lo mangia.