C’è un ristorante, a Milano, dove ci sono sculture di Gaetano Pesce e porte di Mimmo Paladino, tavoli disegnati da Patricia Urquiola e affreschi di Enzo Cucchi. Un luogo dove può capitare, nella stessa settimana, di veder cucinare Rene Redzepi e Massimo Bottura. Un posto dove nessuno degli ospiti paga e non ci si formalizza a chiedere il bis.
Vi avevamo raccontato del Refettorio Ambrosiano in occasione dell'inaugurazione, neanche un mese fa. Un progetto che è stato creato da Massimo Bottura e Davide Rampello, e sostenuto dalla Curia Arcivescovile di Milano, in occasione di Expo Milano 2015. Il vecchio teatro parrocchiale di San Martino, in piazza Greco a Milano, è stato trasformato - con il contributo di architetti, designer e artisti italiani - in una mensa di carità dove a cucinare, però, sono i più famosi chef del mondo. Le materie prime sono quelle non consumate dai visitatori dell'Expo, destinate ad essere buttate perché prossime alla data di scadenza: ogni mattina arriva il furgone con il cibo, da cui lo chef sceglie solo e solamente gli alimenti di cui avrà davvero bisogno, per poi "improvvisare" il menù in base al bottino che ha recuperato.

La settimana scorsa ci siamo tornati per vedere da vicino come funzionasse una realtà così unica, un'idea terribilmente semplice e incredibilmente complessa allo stesso tempo. Quella sera in cucina c’era Giorgio Damini, chef di Damini&Affini, il primo ristorante-macelleria in Italia ad ottenere una stella Michelin. Che non ha nascosto neanche per un attimo la difficoltà di lavorare con le carni arrivate quella mattina dall’Expo, per uno abituato come lui ad avere a disposizione animali di prima scelta. Alla fine il suo menù si componeva di una "Galletta" di risotto con zucchine, Polpette di carne (fritte) e al forno con Purè sifonato e insalata di radicchio, Crumble di Panfrutto con macedonia di frutta esotica e spuma di ricotta.
Le polpette erano sia di manzo e maiale che di pollo: deve sempre esserci un’alternativa halal pensata per gli ospiti musulmani. In realtà quella sera non ce n'è stato nessuno, perché è il Ramadan, e a mangiare, qui, si comincia molto presto: alle 18.30 erano già in fila i primi ospiti, selezionati dalla Caritas all’interno della comunità maschile del quartiere Greco, tra coloro che seguono progetti di recupero e assistenza. Uno di loro stava spiegando a due persone in fila con lui come funziona il progetto. «È stato creato da Bottura, uno chef modenese molto famoso». Semplice e conciso.

La prospettiva di mangiare i piatti di chef famosi in tutto il mondo, per cui altre persone spendono centinaia di euro, qui non colpisce nessuno in maniera particolare - né positivamente né negativamente. E di sicuro nessuno si sente in soggezione, tutti liberi di commentare i piatti e chiedere un po’ di sale se li trovano insipidi. «Come voto al menù io darei otto e mezzo» commenta uno di loro a fine serata. Ma il suo vicino lo interrompe subito: no, sei, massimo sei e mezzo. «Sai, noi qui siamo abituati alle mense della Caritas, dove si mangia da re» così giustifica il voto basso «Ci preparano certi timballi di pasta ... è difficile poi accontentarsi del resto».
A tavola gli ospiti vengono serviti dai volontari, e anche dai giornalisti che vengono a raccontare il progetto: grembiule indosso, taccuino infilato in tasca, divieto di riprenderli e usare i loro veri nomi. Passare qualche ora al Refettorio Ambrosiano è un bel bagno di umiltà, per noi come per gli chef. Pochi giorni dopo Damini, sarà la volta di Gastón Acurio, ma le presenze di grandi nomi della cucina internazionale passano (quasi) sotto silenzio: la copertura mediatica qui serve solo a dare risalto al progetto, non a carezzare l'ego dei cuochi.

Il progetto è nato per Expo, ma proseguirà anche dopo la fine di ottobre - il cibo arriverà dai supermercati. E praticamente ogni chef che ha cucinato qui ha detto di voler creare un Refettorio Ambrosiano nel proprio paese, nella propria città.
E intanto continuano ad aumentare le adesioni degli chef che, nei prossimi mesi, vogliono cucinare qui. Ma spesso è Bottura stesso a mettersi ai fornelli. Su una cosa tutti gli ospiti sono concordi: «Quando c'è Bottura si mangia bene. L'unico problema sono le porzioni: dobbiamo sempre chiedere il tris». Ma, al Refettorio Ambrosiano, è concesso anche questo.