"Cos'abbiamo in comune io ed Enrico? Beh, lui è toscano, io pugliese ... sicuramente la passione per l'olio extravergine d'oliva!". Lo dice scherzando, Remo Capitaneo. Ma non troppo: per lui il fatto di essere nati in Puglia e Toscana contribuisce alla sintonia tra lui ed Enrico Bartolini, di cui da 5 anni è il sous chef al Devero, due stelle Michelin a pochi chilometri da Milano.
"Abbiamo lo stesso background gastronomico" continua "Pensate a una trattoria toscana e una locanda pugliese: si assomigliano tantissimo. Sullo stile di cucina, invece, siamo diversi: io divago su altri argomenti, mi piacciono le cose estrose e moderne, lui ha un'impostazione più classica".
Abbiamo fatto qualche domanda al giovane (nemmeno trentacinque anni) Remo. E lui, oltre che risponderci, ci ha regalato una ricetta.
Il tuo percorso per arrivare fino al Devero è stato lungo.
Le mie prime esperienze lavorative sono state in Costiera Amalfitana, tra Capri e Sorrento. Nel 2006 sono arrivato al Trussardi alla Scala con Andrea Berton e insieme abbiamo guadagnato due stelle in due anni. Poi sono stato un anno e mezzo al Piazza Duomo insieme a Enrico Crippa e nel 2010 sono arrivato al Devero. Ma non sono gli unici viaggi che ho fatto: in mezzo ci sono state le scuole al lago di Garda e un'esperienza a Lione.
E quanto ai prodotti? È difficile, per uno nato in Puglia, adattarsi a quelli che si trovano al Nord?
Qui ho imparato uso delle frattaglie. Il rognone (per cui Berton aveva una vera e propria ossessione), le animelle ... comunque non uso necessariamente prodotti locali del territorio dove mi trovo. Basta alzare il telegono per trovare quello di cui si ha bisogno, posso usare le carote di Bergamo così come il manzo di Kobe. Questa dovrebbe essere la missione di ogni chef: cercare di trovare sempre il meglio, anche se arriva da 1000 km di distanza.
Tra tutte queste esperienze, qual è quella che l'ha segnata di più?
Probabilmente quella da Crippa, il più orientale di tutti. L'Oriente mi affascina tantissimo. Il Devero ha un bistrot-ristorante a Hong Kong, abbiamo un contatto costante con la brigata che sta lì, e ho avuto l'opportunità di viaggiare molto.
Cos'è che le piace in particolare della cultura asiatica?
In un certo senso l'importanza che danno al cibo è uguale alla nostra. Prendiamo la Cina, ad esempio: noi italiani tendiamo a pensare che a Est si mangino solo insetti e cibo di bassa qualità, quando invece è una cucina piena di sfumature. Anche il mio secondo è giapponese: sono fortunato ad averlo, è facile lavorare con loro, sono "quadrati" e precisissimi.
Quali sono le caratteristiche più adatte per lavorare in una brigata di cucina?
La disponibilità massima in ogni situazione, l'attitudine a proporsi e a confrontarsi, assaggiando e facendo assaggiare tutto. Sicuramente non voglio polemiche e lamenti. Bisogna capire anche i confini tra amicizia e lavoro: se la sera prima siamo usciti a bere qualcosa, non puoi prenderti il diritto di non fare la salsa perché magari abbiamo fatto tardi.
Nei suoi progetti futuri c'è quello di aprire un suo ristorante?
In realtà tra i progetti c'è quello di aprire un posto mio insieme a Enrico. Ma non è imminente: per ora ci occupiamo di far crescere il Devero. C'è ancora tanta strada da fare.