La riapertura dei ristoranti è imminente. L’attesissima data è stata fissata per il 18 maggio in tutta Italia, a esclusione di Lombardia e Piemonte, dove i numeri del contagio da Coronavirus hanno messo un freno a questa evoluzione della “fase 2”.
Intanto da ieri, 11 maggio, bar e ristoranti hanno avuto il permesso di riaprire in Alto Adige, secondo quanto previsto dalla legge provinciale approvata la scorsa settimana dalla Provincia autonoma di Bolzano. Obbligatoria la distanza minima di due metri tra i tavoli e l’uso della mascherina.
E a proposito di misure anti-contagio, nel frattempo è stata diffusa la bozza del "documento tecnico sulle ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 nel settore della ristorazione", firmato da Inail e Iss - istituto Superiore di Sanità. Le reazioni della Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi e delle associazioni di categoria non si sono fatte attendere.
"I casi sono due: o si riaprono i locali, dando ai ristoratori la possibilità di lavorare in sicurezza, con protocolli organizzativamente praticabili ed economicamente sostenibili, seppur con capienze ridotte, oppure è preferibile tenere tutto chiuso. A quel punto lo Stato dovrà in qualche modo aiutare 1,25 milioni di persone che dovranno vivere sulle sue spalle, almeno fino quando il Coronavirus sarà stato vinto. Se le indiscrezioni circa le misure di distanziamento previste dal governo, con una persona ogni 4 metri quadri, venissero confermate, i ristoranti italiani perderebbero in un sol colpo 4 milioni di posti a sedere, ovvero il 60% del totale", ha tuonato qualche giorno fa Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe.
Il documento tecnico sulle ipotesi di rimodulazione delle misure anti-contagio per bar e ristoranti
Tra le misure previste dal documento relativo alle ipotesi di provvedimenti anti-contagio per la riapertura di bar e ristoranti, il distanziamento dei tavoli a 2 metri e il distanziamento di 4 metri quadrati tra persona e persona. Va precisato, però, che queste restano solo delle ipotese, finché il Governo non varerà delle disposizioni ufficiali sulla riapertura degli esercizi. Disposizioni che rischiano verosimilmente di cogliere impreparati i ristoratori, per il poco preavviso.
Ecco, qui seguito, un estratto del documento tecnico sulle ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio per la ristorazione, firmato da Inail e Iss (potete leggere integralmente il documento a questo link):
“L’attuale normativa sull’organizzazione dei locali addetti alla ristorazione non prevede norme specifiche sul distanziamento ma indicazioni molto flessibili, fino a uno spazio di superficie per cliente seduto pari a 1,20 metri quadrati, con eventuali specifiche disposizioni regionali. Ne deriva che la questione del distanziamento sociale assume un aspetto di grande complessità, anche in considerazione che non è evidentemente possibile, durante il servizio, l’uso di mascherine da parte dei clienti e che lo stazionamento protratto possa anche contaminare, in caso di soggetti infetti da SARS-COV-2, superfici come, ad esempio, stoviglie e posate. Altro aspetto di rilievo è il ricambio di aria naturale e la ventilazione dei locali confinati anche in relazione ai servizi igienici spesso privi di possibilità di areazione naturale. Le misure organizzative relative a gestione spazi e procedure come quelle di igiene individuale delle mani e degli ambienti sono quindi estremamente importanti. Andrebbero, in primo luogo e soprattutto in una prima fase, favorite soprattutto soluzioni che privilegino l’uso di spazi all’aperto rispetto ai locali chiusi, anche attraverso soluzioni di sistema che favoriscano queste modalità. Il layout dei locali di ristorazione andrebbe quindi rivisto con una rimodulazione dei tavoli e dei posti a sedere, garantendo il distanziamento fra i tavoli – anche in considerazione dello spazio di movimento del personale – non inferiore a 2 metri e garantendo comunque tra i clienti durante il pasto (che necessariamente avviene senza mascherina), una distanza in grado di evitare la trasmissione di droplets e per contatto tra persone, anche inclusa la trasmissione indiretta tramite stoviglie, posaterie, ecc.; anche mediante specifiche misure di contenimento e mitigazione. Le sedute dovranno essere disposte in maniera da garantire un distanziamento fra i clienti adeguato, anche per le motivazioni in precedenza riportate e tenendo presente che non è possibile predeterminare l’appartenenza a nuclei in coabitazione”.
“In ogni caso, va definito un limite massimo di capienza predeterminato, prevedendo uno spazio che di norma dovrebbe essere non inferiore a 4 metri quadrati per ciascun cliente, fatto salvo la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio, le barriere divisorie. La turnazione nel servizio in maniera innovativa e con prenotazione preferibilmente obbligatoria può essere uno strumento organizzativo utile anche al fine della sostenibilità e della prevenzione di assembramenti di persone in attesa fuori dal locale. Vanno eliminati modalità di servizio a buffet o similari. Al fine di mitigare i rischi connessi con il contatto da superfici vanno introdotte soluzioni innovative, come di seguito rappresentate. È opportuno utilizzare format di presentazione del menù alternativi rispetto ai tradizionali (ad esempio menù scritti su lavagne, consultabili via app e siti, menù del giorno stampati su fogli monouso). I clienti dovranno indossare la mascherina in attività propedeutiche o successive al pasto al tavolo (esempio pagamento cassa, spostamenti, utilizzo servizi igienici). È opportuno privilegiare i pagamenti elettronici con contactless e possibilità di barriere separatorie nella zona cassa, ove sia necessaria.
È necessario rendere disponibili prodotti igienizzanti per clienti e personale anche in più punti in sala e, in particolare, per l’accesso ai servizi igienici che dovranno essere igienizzati frequentemente. Al termine di ogni servizio al tavolo andranno previste tutte le consuete misure di igienizzazione, rispetto alle superfici evitando il più possibile utensili e contenitori riutilizzabili se non igienizzati (saliere, oliere, acetiere, etc.)”.
Riapertura dei ristoranti il 18 maggio e ipotesi di misure anti-contagio: la reazione della Fipe
Alle condizioni previste dal documento tecnico, "i ristoranti italiani perderebbero in un sol colpo 4 milioni di posti a sedere, ovvero il 60% del totale", dichiara la Fipe in una comunicazione ufficiale. "La ristorazione italiana è infatti composta da piccole attività, che hanno in media una superficie di 90 metri quadrati e 62 posti a sedere. Un posto a sedere ogni 0,7 metri quadri, che scende a 0,6 nei locali più piccoli, ma che, con la previsione dei 4 metri quadri di distanziamento tra i commensali, scenderebbe sotto lo 0,3".
“Questa non è una soluzione, ma un serio ostacolo alla ripresa della nostra attività lavorativa", aggiunge Aldo Cursano, Vicepresidente vicario di Fipe. "Noi abbiamo dato la nostra disponibilità da settimane a discutere di maggiori spazi all'esterno, di distanze ragionevoli tra i tavoli, di dispositivi di protezione individuale e possiamo anche valutare, se necessario, di installare delle paratie tra un tavolo e l’altro. Ma il governo non può chiederci di mantenere 4 metri quadri di distanza tra commensali dello stesso tavolo. Altrimenti avremmo ristoranti con solo tavoli da uno”.
La Fipe, inoltre, calcola due scenari possibili, in base ad altrettante ipotesi: con i tavoli distanziati l'uno dall'altro 4 metri lineari, la perdita di posti a sedere sarebbe di 3,5 milioni, ovvero la metà degli attuali 7 milioni disponibili; con i tavoli distanziati 2 metri lineari, invece, senza distanziamento tra i commensali allo stesso tavolo, la perdita sarebbe del 30% dei coperti.
“Quest’ultimo è l’unico scenario sostenibile: il solo in grado di permettere agli imprenditori del settore di continuare a lavorare, magari recuperando una parte dei posti a sedere persi, occupando lo spazio al di fuori dei locali. Mi auguro che sia il governo sia i presidenti delle Regioni tengano bene a mente questi calcoli prima di prendere una decisione definitiva”, conclude Cusano.
Fase 2 e riapertura: le associazioni di categoria fanno sentire la propria voce
Intanto, il comparto della ristorazione si è riunito nel progetto #FareRete, che include 29 realtà associative, per un totale di oltre 100 mila associati. Tra queste, Ambasciatori del Gusto, Apci, Ampi, Chic e Jre. La reazione del settore, affidata a un comunicato ufficiale, è chiara: "Imporre distanze eccessive tra clienti, così come procedure di sanificazione complesse e l’utilizzo di divisori in plexiglass vuol dire non voler far riaprire i ristoranti”, si legge.
“Se queste notizie pubblicate dalla stampa trovassero corrispondenza nelle linee guida in emanazione, avrebbero come conseguenza la chiusura permanente di oltre l’80% dei locali presenti nel nostro Paese. Riteniamo folle e privo di senso anche solo ipotizzare misure di tale portata che confermano la poca conoscenza del settore e delle logiche che lo regolano. Non c’è più tempo, servono urgentemente misure pertinenti alla realtà esistente. Chiediamo al Governo di consultarci prima di emanare le nuove disposizioni, coinvolgendo rappresentanti della ristorazione al tavolo decisionale”, dichiara Gianluca De Cristofaro come portavoce di #FareRete.
E aggiunge: “Ribadiamo la necessità che vengano previste misure di finanziamento a fondo perduto, destinate specificamente alla ristorazione e vincolate all’acquisto di prodotti alimentari italiani. Solo in presenza di tali risorse, l’Horeca sarà in grado di riappropriarsi del proprio ruolo, quello di leva economica, imprescindibile, per la filiera agroalimentare, necessario per la ripartenza dell’intero Paese".
L'appello è sostenuto anche da Filiera Italia. Luigi Scordamaglia, consigliere delegato, aggiunge: “Il perdurare della chiusura del canale della ristorazione sta provocando un effetto domino sull’intera filiera agroalimentare italiana con crolli di produzione fino al 40% del settore del vino, del 45% dei formaggi tipici e del 35% dei salumi di maggiore pregio, mettendo a grave rischio occupazionale parti rilevanti dei 3,6 milioni di lavoratori dell’intera filiera".
Le richieste dei Ristoratori Toscani e la manifestazione pacifica a Firenze
Stamattina, inoltre, i Ristoratori Toscani, capitanati da Pasquali Naccari (qui vi avevamo raccontato l'appello che a fine marzo aveva lanciato dall'associazione) hanno manifestato pacificamente in piazza della Signoria a Firenze: una passeggiata dimostrativa cui hanno preso parte più di mille imprenditori e dipendenti della ristorazione e affini, per ribadire il disagio dell'intero settore. "Ci vogliono i soldi, e non l'assistenzialismo, non lo abbiamo mai chiesto. Dovete traghettarci verso un futuro migliore: provvedete a pagare le casse integrazioni ai nostri dipendenti, per dare serenità alla categoria. Aiutate la stabilità delle aziende", ha ribadito. "Certo, ci avete concesso di allargarci in strada con i coperti: ma come fa il ristorante che non ha spazio? Dobbiamo aiutare tutti".
In merito alla riapertura prevista il 18 maggio anche in Toscana, ha aggiunto: "Si continua a parlare di date, ma non ci sono ancora istruzioni e direttive concrete sulla riaperture. Chiediamo direttive da due mesi e, ancora, a meno di cinque giorni dalla riapertura non abbiamo niente in mano per poterci organizzare. Mancano le linee guida per la ripartenza, su come aprire in piena sicurezza. L’unica regola certa è che hanno attributo ai titolari delle attività una responsabilità penale per l’eventuale contagio dei dipendenti alla quale i Ristoratori Toscana si oppongono fermamente".
"Aspettiamo il decreto e lanciamo un ultimo avvertimento: del credito di imposta non sappiamo cosa farcene. Diamo solidarietà ai nostri amici di Milano e ai ristoratori di tutta Italia. Attendiamo due settimane, ci siamo dati come scadenza il 2 giugno", ha concluso Naccari.