A 16 anni sognavo di lavorare in un posto esattamente così. Mi sembra incredibile essere arrivato fino a qui.
La soddisfazione di Roberto Di Pinto nel guardarsi intorno, in quel Bulgari che è ormai la sua seconda casa, è quanto di meno simulato si possa immaginare."Sono cresciuto in un quartiere popolare di Napoli con quattro fratelli: rinunciare ai miei sogni era fin troppo facile. Se non mi sono arreso lo devo anche a mio padre, il più grande motivatore che abbia mai conosciuto". La realtà dell'hotel milanese sembra attagliarsi perfettamente a questo napoletano con riserve apparentemente inesauribili di entusiasmo: "Mi metto costantemente alla prova: a volte arrivo anche a mille coperti al giorno" racconta "Ma a me i grandi numeri piacciono. Mi sento concettualmente vicino ai ristoranti di New York, quelli che mantengono una stelle anche con 400 coperti".
A soli 33 anni, Roberto non è solo lo chef alla guida della ristorazione del Bulgari Hotel, ma anche il responsabile della cucina di Epicurea, il festival gastronomico che porta a Milano i migliori chef del pianeta. Da Rene Redzepi a Yoshihiro Narisawa, da Virgilio Martinez a Dominique Crenn, il Bulgari ha ospitato decine di stelle, con Roberto a dirigere le danze nelle ultime due edizioni.
L'abbiamo intervistato in occasione della cena con Matt Orlando dell'Amass di Copenaghen: una bella sinfonia tra le note spigolose della cucina nordica, con forte punte di acido e amaro e qualche piatto memorabile (uno su tutti Carote gommose al té, formaggio di capra stagionato da due anni, fiori di finocchio e riduzione di siero di latte).
Come ci si prepara a queste cene?
Normalmente vado a trovare lo chef ospite al suo ristorante. Stavolta non sono riuscito per problemi di salute, allora mi sono documentato e ho parlato molto con lui, per capire come preparare la mia brigata e quali piatti inserire nel menu. Ne metto due miei per ogni cena. In questo caso un Frikadeller all'italiana - la classica polpetta danese rivisitata con baccalà e accompagnata da verdure fermentate - e un Gelato al popcorn.
Difficoltà nel reperimento degli ingredienti?
Alcune cose se le portano, come la canapa maschio che Yannick Alléno ha usato per condire il suo avocado. Ma l'avocado - che resta sull'albero 18 mesi - gliel'ho trovato io e portato dal Camerun! A questo serve la mia presenza da loro: cosa posso estrapolare dal tuo menu che ti rappresenti, sia facilmente replicabile e coerente con la mia filosofia ma soprattutto possa rendere felici i miei ospiti? Sono piatti unione, piatti ponte.
Immagine: Roberto Di Pinto e Matt Orlando
Qual è stato l'incontro che l'ha colpita di più?
La cucina di David Thompson al Nahm di Bangkok. Lontana come gusti dalla nostra - si passa dal piccante al dolce all'acido estremo in un solo piatto - ma ugualmente consapevole delle tradizioni della sua terra, dei suoi prodotti e di ciò che vuole riscoprire. Nonostante avesse altri sapori nel DNA, perché è australiano, è il miglior interpete della cucina thailandese classica.
Dopo aver incontrato tante cucine da tutto il mondo, cosa pensa renda la nostra speciale?
Le materie prime. Rene Redzepi mi parlava con entusiasmo di come alcuni ricercatori avessero appena trovato 50 nuove specie di alghe a Copenaghen. Con tutto il rispetto per le alghe, in Italia basta mettere una mano fuori dalla finestra per mettere cose incredibili! Al Bulgari in cui crescono decine di erbe spontanee senza che io faccia niente. Come diceva Paul Bocuse, "L'egemonia culinaria francese durerà sino al momento in cui gli chef italiani si renderanno conto dell'enorme patrimonio che hanno a disposizione". All'estero però gli chef sono sicuramente più bravi nell'innovare e nel crescere.
Lei trova che gli italiani non siano bravi a fare sistema?
Vedo unione nei giovani chef, quelli della mia generazione, o nei grandi chef. Penso ad esempio a persone come Andrea Berton, Carlo Cracco o Gennaro Esposito - mio grande maestro e amico - che non ti fanno sentire la differenza tra loro e te, ti mandano clienti e cercano di creare una comunità. Invece c'è una fascia media che ha solo voglia di dire "Sono più bravo di te". Per me tutti i professionisti cucinano bene se lo fanno con con amore, poi ognuno ha il suo pubblico. Non puoi dire che i Queen erano meglio di Michael Jackson, o che i Daft Punk non valgono niente perché tu ami Pavarotti: sono semplicemente due cose diverse.
È ormai tempo di un bilancio. Qual è stata la soddisfazione maggiore in due anni di Epicurea?
Il celebre Narisawa che mi chiede se abbiamo una o due stelle. Virgilio Martinez che inserisce un mio piatto in menu mettendomi "i credits" (Ostrica, avocado e coriandolo con granita di pisco sour, NdR). Ma soprattutto la possibilità di mandare i miei ragazzi a fare stage da tutti questi chef, un'opportunità che altrimenti non avrebbero avuto.