Si è guadagnato in poco tempo la fiducia dei milanesi, diventando un piccolo caso di successo. Røst è un giovane ristorante dal mood contemporaneo che ha aperto i battenti alla fine del 2019 nel vivace quartiere di Porta Venezia. Intimo e raccolto, scommette su una cucina circolare e sostenibile, che ruota attorno a materie prime e produttori, con cui vengono intrattenuti rapporti diretti, senza intermediari.
Ma perché, in una città come Milano, dove aprono (e chiudono) insegne a ritmi sostenuti, Røst si distingue e piace così tanto? Perché punta su un concetto squisitamente attuale, basato su un menu fluido, capace di abbattere barriere e distinzioni tra portate, proponendo piccoli piatti che invitano facilmente gli ospiti alla condivisione. Un format che stimola all’assaggio i palati più curiosi. Il tutto annaffiato da una buona selezione di vini naturali.
L’idea arriva da tre giovani, che hanno messo insieme le forze: Hippolyte Vautrin, imprenditore nel mondo del food che ha all'attivo un altro ristorante, Kanpai; Enrico Murru, a cui è affidata la guida operativa, la sala e la cantina; Lucia Gaspari, cuoca sostenibile, che ai fuochi valorizza territori e prodotti.
Røst | Il Locale
Progettato dallo Studio Vudafieri-Saverino Partners, firma di numerosi locali meneghini, Røst consta di due ambienti piccoli e raccolti: la sala principale, dominata dal banco bar, con una bottigliera sospesa in ottone e vetro, e uno spazio affacciato sulla cucina a vista, illuminato da uno spettacolare lampadario di design, realizzato assemblando fanali di vetture di diverse epoche.
Un dettaglio che ricorda l'origine dello spazio dove si trova il ristorante, per molto tempo appartenuto a un negozio di ricambi d'auto. Dominato da nuance calde, in particolare dal colore rosso "Marsala", che richiama il vino e la terra, e da materiali che vanno dal legno all'ottone, il ristorante accoglie 36 coperti.
All'ingresso, una parete con 16 piatti di ceramica - che ritraggono i produttori e i fornitori di Røst - dà idealmente il benvenuto agli ospiti.
Røst | Il menu
Bandite le distinzioni tra antipasto, primo e secondo, la cucina dimentica i carboidrati della pasta e punta su verdure, frattaglie e in generale tagli poveri della carne, ma ci sono sempre anche un paio di proposte a base di merluzzo - un prodotto che non può mancare in un locale che prende nome dall'isola dell'arcipelago norvegese delle Lofoten, dove Pietro Quirini nel Quattrocento imparò l'arte dello stoccafisso, importandola in Italia.
Fondamentale il servizio e la sinergia con la cuoca: l'ordine di arrivo dei piatti al tavolo viene scelto dalla sala in accordo con la cucina, per consentire agli ospiti la migliore sequenza per una degustazione ottimale, in un percorso che viene costruito su misura di volta in volta.
Un menu fluido, dicevamo, che accende i riflettori sui sapori stagionali con una decina di proposte, quasi "metereopatico", che cambia con grande frequenza e che (finalmente) regala un ruolo da protagonista ai vegetali. Tra le proposte più signifiative in questa direzione, da non perdere la Zucca affumicata con ricotta mustia sarda, una piatto schietto e autentico, delicato e appagante.
Comune denominatore di tutte le proposte è il ruolo della materia prima, che emerge senza orpelli o indugi estetici, in un'onestà che invita all'assaggio. Ecco allora proposte più tradizionali che omaggiano la gastronomia milanese come i Mondeghili, ma anche nuove e semplici visioni come la Lingua sfilacciata, proposta in insalata con cavolo cappuccio e fondo bruno di vitello.
Non mancano originali intuizioni come Fegato di vitellona, mandorle di Toritto, una golosa cotoletta di fegato, così come Baccalà mantecato, rapa dal colletto viola e finocchietto, che trasforma in inediti tacos vegetali un classico come il baccalà mantecato.
Per quanto riguarda i dolci, alla gettonata torta di riso, noi abbiamo preferito l'Amor polenta con crema di yogurt e marmellata di mandarino tardivo di Ciaculli.
Se la cucina ri-dona dignità a vegetali di stagione e tagli meno nobili in maniera autentica e schietta, la carta dei vini fa altrettanto. Il che si traduce in 170 etichette e 12 vignaioli - per lo più italiani, con qualche presenza francese - che producono vini biologici, biodinamici o naturali. Tutto nel rispetto della terra.