Potremo mai tornare a goderci il ristorante come prima? Secondo i migliori maître italiani, anche meglio. Regole e distanziamento non rovineranno l’esperienza al ristorante, oramai lo sappiamo e soprattutto è inutile lamentarsi delle misure di sicurezza necessarie.
Serve altro, fare un passo in avanti nel modo di concepire il servizio e soprattutto la sua finalità. Il karma dei ristoratori è far stare bene le persone e se si vuole farlo servono empatia, comprensione, conoscenza e voglia di dire di sì. Accontentare i clienti (nel modo giusto) e farli sentire sicuri è uno dei fattori necessari alla ripartenza e una somma di piccoli gesti e attenzioni che si possono imparare dai grandi nomi della ristorazione contemporanea.
S.Pellegrino con la sua campagna #SupportRestaurants racconta le storie di eccellenza e i nuovi volti del settore, per imparare qualcosa di nuovo. Sharing is caring, soprattutto in epoca di Covid.
Il fattore psicologico e la nuova professionalità a Piazza Duomo
Il servizio impeccabile del ristorante Piazza Duomo, tre stelle Michelin ad Alba, era difficile da migliorare ancora negli aspetti tecnici e materiali vista la maniacale attenzione ai dettagli. “La situazione mondiale ha cambiato sostanzialmente l’approccio che abbiamo nei confronti del prossimo però – spiega il maître Vincenzo Donatiello – Serve più delicatezza psicologica per mettere il team in condizione di lavorare in serenità e, di conseguenza, per trasferire questa serenità agli ospiti. Il cliente oggi chiede più sicurezza oltre all’esperienza gastronomica e la nostra risposta è quella di riuscire a infondere proprio questa fiducia all’ospite”.
Partendo dal rispetto dalle norme governative sino ai piccoli gesti che facciano sentire “in buona mani”, Donatiello è convinto che il servizio di sala ne sia uscito assolutamente migliore e ancor più improntato alla professionalità: “Da oggi e per il futuro del nostro lavoro, sarà sempre di più il fattore umano a fare la differenza nell’ospitalità. In fondo lo è sempre stato ma questa pandemia ne ha accentuato la percezione”.
Empatia e senso di sicurezza in casa Cerea
Rossella e Francesco Cerea sono i responsabili del coordinamento tra cucina e sala al Da Vittorio e sono stati anche i responsabili del cambiamento di gestione causa Covid. “Il cambiamento più significativo (e difficile) è stato adeguarsi a tutte le regole imposte dalla normativa e che hanno stravolto quasi completamente l'approccio che fin adesso avevamo con il cliente e che è il nostro marchio di fabbrica, ovvero un'accoglienza calda, familiare, rispettosa ma mai ingessata. È una coccola fuori menù che fa sentire chiunque si sieda ai nostri tavoli come uno di famiglia. Per questo strette di mano, ma anche pacche amichevoli o abbracci erano una consuetudine che ci manca moltissimo”.
Adattarsi al disciplinare anti-Covid è diventata però un'autentica sfida, utile per migliorare ulteriormente nel servizio sviluppando ancora più empatia con il cliente anche se “a distanza”. “Sembra banale ma per far sentire sicuri e sereni e commensali, è prima di tutto necessario esserlo noi e quando si percepisce armonia (oltre che rispetto) in quello che facciamo, questa cosa si riverbera sugli altri”.
Il servizio corale a Il Pagliaccio
Il rapporto con il cliente non ne esce quindi limitato, ma anzi, ancor più importante e personale. Ne è convinto anche Matteo Zappile, maître al ristorante Il Pagliaccio, due stelle Michelin, a Roma. “Il nostro servizio post-pandemia sarà un servizio corale: vogliamo abbattere la linea che definisce il cameriere ed il cliente. La mia idea è di far sentire a casa tutti i nostri ospiti e per questo saremo ancora più pazienti ed accomodanti”.
Meno imposizioni se non quelle necessarie alla sicurezza, e invece totale apertura nei confronti delle esigenze dei clienti, come gesto di attenzione al loro benessere – non solo sanitario. “Riprendiamo esattamente da dove avevamo lasciato, dalla voglia e dall’amore per questo bellissimo lavoro” spiega.
Da maître a patron, la lezione per i clienti felici di Alberto Tasinato
“Che cosa ho fatto? Ho potuto godermi mia figlia come mai avrei immaginato… ora però davvero il bisogno reale è di poter riaccendere la macchina ristorante, anche a regimi bassi, ma senza più chiusure...banale lo so, lo dicono tutti, ma è quello che vorrei e che ci serve davvero”. Alberto Tasinato è onesto, ha i piedi per terra. Da maître navigato con alle spalle esperienze al Trussardi alla Scala, Berton, al Ristorante Seta del Mandarin Oriental di Milano, prima come Restaurant Manager e poi come F&B Manager dell’intero hotel. Nel 2018 ha aperto L’Alchimia, un ristorante costruito attorno alla sala, al servizio, all’esperienza, in cui il cibo è uno degli elementi.
Una Stella Michelin, ha una cucina solida e funge da lounge bar di quartiere, con tanti clienti affezionati e un’atmosfera soffusa. Durante l'emergenza Covid hanno attivato un servizio di delivery ma soprattutto hanno proseguito la filosofia dell’intero ristorante: il rapporto con il cliente. “Mi sono concentrato tantissimo su una parte del nostro lavoro che a volte veniva un po' snobbata o che diventava non prioritaria, ossia l'essere a contatto vero e costante con i nostri clienti. Ho realizzato un sistema di archiviazione di tutti i loro compleanni, preferenze non solo food ma di vita in generale, dalla squadra del cuore agli hobby. Ci siamo sentiti costantemente, abbiamo proposto loro cene, ricette da fare a casa o degustazioni di vini o prodotti, ovviamente da remoto. Abbiamo chiacchierato anche solo per sapere come va in generale e questo ha ricreato un rapporto molto più intimo e confidenziale”. Lo stesso rapporto che ad ogni riapertura ha garantito immediate prenotazioni, locale pieno e i clienti soddisfatti.
Il karma e la missione dei ristoratori oggi. Parola del Ceresio 7
Edoardo Grassi è socio e manager di Ceresio 7 a Milano, una delle location più iconiche della città che ha saputo coniugare ottima cucina firmata da Elio Sironi, un bar d’eccellenza capitanato da Guglielmo Miriello con un rooftop bar con piscine degno di Los Angeles. Un posto che macina coperti, centinaia a sera e che è lo specchio di una buon parte della nuova Milano da bere.
Cambiare? No.“Riapriamo da dove eravamo rimasti. Si riparte da lì perché ce lo dicono sette anni di attività di grande successo”. Però il Covid li ha resi più flessibili, e questo sanno sarà un loro punto di forza. Il team del Ceresio nasce al Bulgari Hotel degli anni d’oro, quelli in cui Milano scopre di poter vivere un albergo di lusso anche senza esserne ospite – godendo dell’ospitalità unica che solo una struttura alberghiera sa dare. Quando nel 2013 aprono Ceresio 7 portano la stessa ospitalità di qualità in un locale modaiolo e scenografico. “Non credo che la ristorazione del futuro dovrà cambiare drasticamente, ma avrà meno paletti. Escludo la possibilità di dire no ai clienti, dovremo invece adattarci noi con nuovi orari più lunghi, restando aperti tutti i giorni. Sono cambiati gli orari di lavoro e le abitudini, quindi dobbiamo avere una proposta fruibile e in linea con il nuovo stile di vita”. Se lo dicono al Ceresio 7, meglio ascoltarli.
“Ridurre la proposta del menù, fare meno piatti? Non sono d’accordo”. La loro scelta non è stringere ma aver tramutato la loro proposta italiana contemporanea in un menù più vasto dove si può spaziare, con sezioni del menù meno ferme. “Un menù quasi confuso, disordinato, per lasciare al cliente la possibilità di costruire la propria cena, aperitivo o merenda. Credo in una ristorazione che si prenda meno sul serio”. Grande attenzione al cliente però, che Edoardo definisce parte del progetto e che è certo saranno più “goduriosi” di prima. “Mai come adesso si vuole godere l’esperienza totale, ci si vuole svagare, divertire, e dobbiamo essere pronti a regalargli tutto questo. Mi aspetto clienti più attenti a quello che mangiano, magari meno social e più interessanti. Vedo meno tavoli dove tutti stanno attaccati al telefonino”.
Prima si usciva, si andava al ristorante o a bere perché era un must, soprattutto nei locali “giusti”. “Oggi invece credo che abbiamo riscoperto il piacere di quel momento e noi abbiamo la missione di far tornare il sorriso alle persone e il senso di benessere che è mancato”. E rimarca un obiettivo per tutta la categoria che per lui deve essere il nuovo karma. Novità? “Ci saranno, ma ora i nostri clienti vogliono ritrovare la loro casa , l’angolo di paradiso che hanno perso. Ripartiamo da Milano, dalla comunità locale, da chi ci ha sempre premiato e con cui siamo legati a livello empatico.. Sono loro la nostra brand identity, non c’è marketing migliore dei tuoi clienti”.