Di origini toscane, ma milanese d’adozione, Sauro Ricci è l'executive chef del Joia, tempio stellato dell’alta cucina naturale fondato dallo chef Pietro Leemann, dove lavora dal 2013. Laureato in Antropologia, ha tanti interessi, dal tai chi alla cucina macrobiotica, ed è il direttore didattico della Joia Academy, l’istituto di formazione nato per diffondere i valori della cucina naturale. Per la prima volta, quest’anno, è salito sul palco di Identità Golose, dove ha tenuto una lezione dal titolo La gratitudine nel piatto.
Noi di Fine Dining Lovers lo abbiamo incontrato per sapere qualcosa in più su di lui, sul suo percorso e sulla sua cucina, che definisce “amica del pianeta, ricca di gusto e attenta all’estetica”.
A Identità Golose 2019 ha presentato il piatto Il volto della natura ispirato a Escher. Nascono sempre da suggestioni visive di artisti i suoi piatti?
L’arte è sempre una fonte di ispirazione per i cuochi. Basti pensare a Gualtiero Marchesi, che è stato il primo a inserire l’arte “vera” nella cucina: il dripping alla Marchesi si rifà a Pollock. Noi, invece, ci siamo ispirati a Escher, in quanto sovrappone piani di realtà, gioca sulle illusioni delle nostre percezioni che sono relative. Il piatto si basa infatti su due assi: orizzontale e verticale. Ha un’estetica molto bella, lo abbiamo ideato come tortino di verdure invernali.
A proposito, i piatti del Joia sono particolarmente curati nella cromia e nelle forme. Quanto conta l’estetica nella cucina vegetariana?
Se l’estetica nella cucina d’autore è un principio fondamentale, nella cucina vegetariana ancora di più, anche se in realtà conta sempre e a prescindere, in qualsiasi piatto, perché è un principio strutturante della cucina stessa. Tutti i sensi sono i coinvolti quando mangiamo, dall’olfatto all’udito, anche se l’approccio visivo è sicuramente quello di maggiore impatto.
"Il volto della natura" di Sauro Ricci, Foto: Lucio Elio, Courtesy of Joia
Come è cambiato, negli ultimi anni, l’atteggiamento delle persone verso la cucina naturale?
La nostra è una cucina vegetale, senza uova e latticini, è uno stimolo molto importante. I clienti sono più sensibili e l’interesse verso questi temi aumenta sempre di più. La cucina vegetariana è amica del pianeta, dei produttori, degli animali: il principio su cui si basa è l’empatia con gli altri esseri viventi. Sono tematiche che stanno a cuore a un numero crescente di persone: è un dato che riscontro anche dall’interesse verso i corsi della Joia Academy.
Come ha iniziato?
Ho frequentato la scuola alberghiera. Poi, a 20 anni, dopo esperienze importanti accanto a chef quali Stefano di Salvo, Michelino Gioia e Antonio Guida, ho avvertito un bisogno interiore di ricerca, di cultura e di approfondimento, che mi ha spinto a iscrivermi all’università. Nel periodo degli studi ho continuato a lavorare part-time, in un ristorante di Siena, dove si faceva cucina medievale, con l’affiancamento dei docenti di storia medievale dell’Università.
Come si è avvicinato alla cucina naturale?
La molla è scattata quando mi sono approcciato alla macrobiotica, facevo tai chi e ho scoperto che il principio di yin e yang poteva essere applicato anche alla cucina: a quel punto mi si è aperto l’orizzonte. Ho scritto la tesi sulla macrobiotica e su come la scelta alimentare induca a usare un linguaggio specifico, sviluppi una scelta di appartenenza comunitaria. La scelta alimentare produce un cambiamento a domino nella vita, è molto importante ed efficace perché si inizia a prendere cura di se stessi: questo è il vero atto rivoluzionario, è una rivoluzione silenziosa. Ho ultimato gli studi di macrobiotica in Portogallo, all’Istituto Macrobiotico Portoghese, poi sono tornato in Italia e ho scoperto Leemann.
Foto: Lucio Elio, Courtesy of Joia
Quali sono i piatti che le hanno cambiato la vita?
Il volto della natura è iconico dal punto di vista estetico ed è frutto di una collaborazione con i sous chef Raffaele Minghini e Nabil Bakouss, bracci destri e amici di vecchia data: è simbolo di amicizia. L’ombelico del mondo, invece, è un piatto iconico dello chef Leemann cui sono particolarmente legato.
Quali sono i corsi della Joia Academy più richiesti?
I corsi professionalizzanti, che danno alle persone la struttura di cucina, seguiti da studenti che vengono per formarsi e che poi, spesso, intraprendono un percorso personale. I corsi tematici su argomenti specifici sono molto seguiti. Abbiamo da poco istituito un master in cucina vegetale che dura cinque settimane “spalmate” nei mesi, mentre a luglio ne terremo uno intensivo.
Progetti futuri?
Lavoro molto bene con Pietro Leemann, mi ritrovo nei principi del Joia e spero di rimanere lì per molto tempo. Tra le ultime novità, abbiamo preso la consulenza a Roma dell’Hotel Raphael, dove c’è lo chef di cucina Ettore Moliteo, nostro chef fidato: la sfida è portare la cucina vegetariana a Roma, una piazza molto interessante, in un cinque stelle lusso.