Fare la pasta senza aratura si può. Perché sarebbe importante fare questa scelta? Secondo la Fao ci mancano 60 raccolti: considerandone due all’anno, fra 30 anni i suoli nel mondo occidentale saranno totalmente impoveriti. “Parlando dell’Italia, la cui economia si fonda largamente sull’agricoltura, il rischio di improduttività del suolo colpirà per prima la Sicilia, poi sarà la volta delle pianure. I nostri nipoti potrebbero non conoscere la Pianura Padana o il Tavoliere delle Puglie, il nostro granaio d’Italia”. A fare questa stima è Lino Falcone, biologo “granocultore”, esponente dell’Associazione ambientale terra, cibo e cultura.
Riflettori puntati sul suolo
Secondo gli esperti, il suolo è il sorvegliato speciale, insieme all’inquinamento e ai cambiamenti climatici, ma sono aspetti legati a doppio filo. Falcone punta il dito contro l’aratura: “è una movimentazione meccanica che va a impattare sui microorganismi sia in superficie che nel sottosuolo. Facendo questa operazione si genera CO2: si calcola che un terzo della CO2 prodotta sia causata proprio dalla pratica dell’aratura”. A questo si aggiunge l’erosione superficiale, che colpisce soprattutto il Sud Italia. “Avete presente quelle colate di terra che scendono dai campi quando ci sono forti piogge?”, suggerisce il biologo che spiega che quella è la parte superiore dei terreni, il cosiddetto letto di semina, che si va perdendo inesorabilmente. Ogni anno si calcola che venga eroso dall’azione meccanica sui terreni un millimetro di suolo vivo. “La natura aveva sedimentato questo millimetro in cento anni di instancabile lavoro e in circa 50 anni di agricoltura intensiva abbiamo distrutto 6-7000 anni di lavoro della natura”, aggiunge Falcone.
Il grano duro prodotto senza aratura
Eppure le tecniche di conservazione del suolo esistono e consentono di produrre pasta, pane e pizza derivati da farine di grano duro italiano prodotto senza aratura del terreno. Farine semi-integrali macinate a pietra, ricche di fibre e germe di grano. È un esperimento messo in campo dall’azienda Pastalive, che ha riunito piccoli pastifici da varie regioni agricole italiane, che producono la loro pasta, rispettando le tradizioni regionali. Il risultato sono undici formati: le Balzaiole, le Picelle e i Torcielli dalla Toscana, le Siligine dal Lazio, le Mole e le Mulinelle dal Molise, le Angele dalla Puglia, i Cuoppi dalla Campania, le Schianatelle dalla Basilicata, gli Nnammuri dalla Sicilia e le Sirine dalla Calabria. Una specie di syndacation della farina “naturale”, macinata a pietra, con tutta l’attenzione che serve per preservare l’integrità del germe di grano, particolarmente utile al nostro organismo nel processo digestivo. A questo si aggiunge la linea di farine studiate per la pizza e per il pane.
Chef e pizzaioli spiegano l’Abc della farina
A raccogliere la sfida di lavorare questi prodotti e raccontarne le caratteristiche, Salvatore Tassa delle Colline Ciociare di Acuto (Frosinone), Edoardo Papa della pizzeria In Fucina di Roma, Giovanni Cappelli delle Tamerici sempre nella Capitale, a cui si è aggiunta Amalia Costantini della pizzeria Mater di Fiano Romano. Sono loro gli ambasciatori di questo scambio di idee fra cibo e cultura chiamato Abc Pasta e Abc Pizza, che si concretizzerà con una serie di serate, previste a partire dal mese di maggio, in cui si svolgerà un percorso di valutazione sensoriale della pasta e della pizza.
Angele al pesto di erbe e frutta secca con stufato di Roveja e filetti di rombo affumicati ai rami di alloro by Maria Gianina Barcan
“Molti miei colleghi utilizzano farine raffinate perché sono più facili da gestire, tuttavia non fanno un buon servizio al cliente, che poi non riesce a digerire bene le loro pizze. Da quando utilizzo questo tipo di farina io faccio un po’ più fatica a impastare, ma in compenso offro un prodotto che accontenta perfino chi ha lievi intolleranze”, testimonia Edoardo Papa. Una riflessione la fa anche Salvatore Tassa: “è una pasta che va trattata con delicatezza, non si deve spadellare, ma accarezzare, per evitare di spezzarla. Il risultato è un grande sapore e profumo”. Va detto che una pasta lavorata in un certo modo ha un prezzo più elevato per il consumatore finale, ma a questo risponde lo stesso Tassa: “quello che oggi ci sembra un prezzo troppo alto per un pacco di pasta, domani sarà un carico in meno per il servizio sanitario nazionale. Bisogna essere consapevoli che risparmiare su quel che mangiamo oggi, metterà a repentaglio la nostra salute domani”.