"Dai, assaggia!" sorride Roberto, porgendomi il bicchierino.
La mia esitazione non è dovuta a ritrosia nei confronti degli alcolici a metà pomeriggio. Se indugio nel bere il liquore che mi offre è perché proviene da un grande barattolo, sul fondo del quale ci sono una decina di calabroni della specie Mandarinia Japonica - ovvero alcuni tra gli insetti più velenosi al mondo, in grado di uccidere con una sola puntura. In alcune comunità montane del Giappone è tradizione cacciarli per mangiarli, e gli esemplari adulti vengono messi ancora vivi nell'alcol e fatti macerare, ottenendo un liquore color paglierino dal profumo caratteristico.
L'ultimo viaggio di Roberto Flore è stato proprio in quei villaggi, andando alla ricerca della Mandarinia, della sua storia e dei suoi utilizzi in gastronomia. Ordinaria amministrazione per lui da quando è diventato head chef del Nordic Food Lab.
Il NFL è un'organizzazione non-profit nata nel 2008 per volontà di Rene Redzepi, chef del Noma, e l'imprenditore gastronomico Claus Meyer. Questo ha portato l'opinione pubblica a considerarlo "il laboratorio del Noma", mentre una delle cose che ci tengono sempre a precisare è che sono completamente open-source (ogni informazione viene condivisa sul loro blog). Da qualche mese, poi, si sono anche spostati di sede: da una chiatta a pochi metri dal Noma all'interno del reparto di scienze sensoriali dell'Università di Copenaghen.
Alla prima occhiata il Nordic Food Lab sembra una normalissima cucina, con un piccolo ufficio di fianco. Guardando meglio, però, si iniziano a notare dettagli quantomeno incongrui. Tipo un vaso di terracotta dove ci sono aringhe in fermentazione, contenitori con temperature controllate dove vengono create i loro preziosissimi garum: prendendo spunto dalla produzione del tradizionale garum di Cetara, in Italia, lo combinano con la tecnica delle salse di soya asiatiche. Mi porgono diversi flaconi che contengono garum di pesce, di lepre, di fagiano, ma anche di larve di api, grilli o cavallette, e me li fanno assaggiare tutti: al di là del forte umami che li caratterizza tutti, ognuno ha sfumature e sapori diversi.
Il NFL nasce con il presupposto di "unire l'approccio scientifico e quello umanistico con tecniche culinarie di tutto il mondo per esplorare il potenziale edibile del Nord". L'idea originaria di un team di ricerca che coinvolgesse chef, antropologi, chimici, e creasse informazioni approfondite utilizzabili in cucina dagli chef, è stata finanziata dal governo danese e dal gruppo Nordea. Ora il direttore Michael Bom Frost, docente di scienze sensoriali, si occupa di reperire i fondi da fondazioni, atenei, aziende ed enti pubblici: è lui, insieme a Roberto, all'head resercher Josh Evans e al product development manager Jonas Astrup Pedersen, il "cuore" del NFL. A cui si aggiungono, di volta, in volta, ricercatori e stagisti da ogni parte del mondo. Un'internazionalità che è uno dei punti di forza del laboratorio. In questo momento al Lab c'è Santiago Rodriguez, chef messicano: grazie a lui hanno cominciato a lavorare su un concetto di tacos, fatto però con cereali nordici e non con mais.
L'utilizzo e il controllo delle fermentazioni, e in generale lo studio dei i processi di trasformazione del cibo, sono da sempre un fiore all'occhiello del Lab, insieme agli studi sull'entomofagia: "Cerchiamo la massima espressione sensoriale degli insetti in gastronomia", spiega Roberto. Varcare le frontiere del gusto, scavalcando limiti culturali e mentali nell'approccio al cibo: quello che si fa qui non è un puro divertissement, e neanche un lavoro utile solamente agli chef e ai ristoranti. Pensiamo alla situazione globale dell'alimentazione nel pianeta: a quali implicazioni potrebbe avere ampliare il range di edibilità del cibo?
La sensazione, stando in questo piccolo laboratorio condotto da ragazzi poco più (o poco meno) che trentenni, è che il futuro del cibo passi proprio da qui. E che forse vale la pena di assaggiarlo, quel liquore di calabroni.