tordomatto, così, con la minuscola.
Niente orpelli, ridurre all’osso, arrivare al nocciolo della sostanza gustativa eliminando le sovrastrutture che abitano i ristoranti di un certo tipo, con un certo nome. In poche parole: tornare a casa senza perdere di vista l’asticella alta del mangiare di livello.
Quello che chef Adriano Baldassarre ha fatto con il nuovo locale è stato di resuscitare i morti, prendendo per i capelli la sua vecchia creatura di Zagarolo (che gli valse la stella Michelin) e sfoltendo ciò che era superato, nella cucina e nella sua storia personale, acconciandolo con una tecnica sempre più fine, con i viaggi e la saggezza guadagnati in questi dieci anni.
C’è il minimalismo e insieme c’è anche Roma, nell’arredamento di tordomatto: tavoli elegantemente separati, una colonna possente e razionale, i lampadari super-essenziali che illuminano solo il tavolo, come Van Gogh illuminò i Mangiatori di Patate, e quel tavolino da appoggio fatto della pietra che riconoscete nella grande maggior parte dei monumenti della Capitale.
Non uno, non due, ma tre diversi menù degustazione sono i racconti della stessa storia presa da diversi punti di vista, tutti e tre innaffiati con vini notevoli gestiti da Simone Romano ed Edoardo Ratti, veri e propri padroni di casa: ConFusione (120 euro), dieci portate che spaziano dalla romanità di Adriano alla sua permanenza in India, passando attraverso le origini abruzzesi e quel mare che guardava tutti i giorni quando era in forze da Heinz Beck a Les Paillotes fino ad arrivare alle tecniche francesi apprese con Locatelli a Londra; IspirAzione (85 euro), che con due antipasti, primo, secondo e dolce a scelta permette al commensale di decidere quale lato cogliere; TraDizione, immancabile da queste parti, che parla la lingua del bambino e dei suoi ricordi, con quel Coniglio alla Cacciatora e la rivisitazione della Torta della Nonna.
In ogni caso, si inizia dalle Svojature, gli assaggini romani che Aldo Fabrizi sognava “co’ la lingua de fòra”: e qui non si può non citare la panzanella chiusa in un pomodoro ciliegino ricostituito, che inganna vista e palato. Gli antipasti sono forse la portata con cui Baldassarre ha voluto osare la sua anima folle, dal cappuccino di baccalà, agli scampi, sabbia, spugna e corallo passando per l’ostrica lardellata. E non dimenticando la tradizione con una Lingua poggiata sulla consueta salsa verde, ma polverizzata, e da una Coda alla Vaccinara fritta servita con il suo sugo ristretto. La forchetta è facoltativa, la scarpetta è un obbligo. Parlo sul serio.
I primi piatti sono generosi, non si lasciano parlare dietro. La Pasta, Fagioli e Lumache, riporta subito a casa, a quando torni stanco e ti va solo quella. Giusta la pasta, goduriosi i borlotti, appagante la lumaca e il suo burro. Il tutto non troppo caldo, perché parliamoci chiaro, più è fredda più è buona. Per ricercare i sapori delicati allora la scelta ricade sui Fagottelli, Burrata, Scarola e Alici, che si invorticano in una danza tra leggerezza e buon grasso. Ma buttate l’occhio curioso anche sugli Spaghettoni, le Linguine con Gamberi Rossi e i Tortelli al Succo di Pomodoro.
I secondi piatti hanno, senza nulla togliere agli altri, un assoluto vincitore: il Piccione, Foglie, Funghi e Sugo di cottura dimostra una tecnica magistrale e un azzardo non indifferente, la cottura del petto decisamente sanguigna che insieme ai pioppini e al sugo regala una complessità gustativa pazzesca.
La pasticceria è ugualmente curata nel dettaglio, ma si lascia andare al gioco e ai ricordi, naturalmente dopo il falso pre-dessert, giusta presa in giro (appello urgente a tutti gli chef: non servitelo più, per favore. Rovina il prima e riempie per il dopo). Se da una parte lo chef ha voluto decostruire e ricostruire a modo suo la Torta della Nonna, con Bocce e Boccino, Fondente Passione richiama gli sguardi fugaci che tutti abbiamo dato ai vecchietti nelle tiepide primavere di quartiere desiderando ardentemente di tirare noi la boccia. Ora potete tirarla, avvicinarvi al boccino e poi dedicarvi al connubio di cioccolato fondente e frutto della passione.
L’idea è che chef Adriano Baldassarre sia in egual misura estremamente preciso e incredibilmente romantico. Non accetta compromessi su materia e territorialità, che sono sempre presenti nel piatto in maniera esteticamente inappuntabile ma sottotraccia, e mostra con piacere il suo essere cuoco, i sacrifici fatti e le tecniche imparate e usate con sapienza. I fondi e le salse pretenziosi della cucina francese vengono messi al servizio della moderna cucina nostrana.
Un percorso che invia continuamente stimoli e allo stesso tempo rimanda ai pranzi della domenica del vostro passato.
Finché non finirete anche l’ultimo boccone e vi rilasserete sulla sedia allentando la cravatta.
Le tovaglie sono stirate, nel bicchiere rimane l’ultimo sorso di vermouth e non si sa come, ma siete a casa.
Cosa tordomatto
Dove Via Pietro Giannone, 24 Roma (RM)
Tel. 06 6935 2895
Info info@tordomattoroma.com