Classe 1981, ma sentendo parlare Vito Quarto, chef del Ristorante Zafferano Pievese dell'Hotel Vannucci, vi sembrerà di parlare con uno chef vecchio stampo, di quelli che sottolineano l'importanza delle basi e della ferrea disciplina in brigata. Non è solo un'impressione: Vito lavora da 20 anni nell'alta ristorazione, da quando fin da ragazzino, appena 15enne, fa il suo primo stage nelle cucina di Salvatore Quarto, il maestro di Vito, suo zio, ma soprattutto uno chef che ha insegnato al giovane allievo cosa significa lavorare in un grande ristorante.
Vito, barese di nascita, dopo 8 anni pieni affianco di Salvatore Quarto in un ristorante stellato gira un po' per l'Italia, sino a fermarsi in Umbria a ridosso della Toscana, a Città delle Pieve, la patria dello zafferano. In questa intervista ci parla della sua cucina a metà fra il sud e il centro Italia, degli ingredienti che ha imparato ad amare e cosa spera per il futuro dell'alta cucina.
Che cucina si trova nel suo ristorante?
Una cucina eclettica, fatta con prodotti stagionali e tipici umbri e toscani, ma soprattutto è una cucina che rappresenta l'unione di tutto quello che ho visto durante la mia carriera. Sono 20 anni che faccio questo lavoro - ho iniziato a 13 anni e adesso sono 33 - e in tutto questo tempo ho avuto la fortuna di vedere la cucina classica e ho incontrato grandi chef che mi hanno insegnato le basi, e l'ho vista anche evolversi. Vent'anni fa la gastronomia era soprattutto improntata sui grandi piatti, che molti giovani oggi non conoscono; a questi unisco ovviamente le tecniche moderne. Nel mio ristorante cerco di spaziare facendo quello che mi piace, ma do sempre una scelta ai miei clienti, cercando di ascoltarli. Attraverso loro capisco tendenze e cosa potrebbe piacere. Il ristorante lo fa lo chef, insieme al cliente.
Uno chef pugliese in Umbria: da quale ingrediente locale si è fatto affascinare in questi anni?
Una delle spezie che utilizzo molto è sicuramente lo zafferano di Città delle Pieve, patria dello zafferano. Mi piace molto utilizzarlo nei dolci e nel pesce, il risultato è sempre interessante.

La materia prima pugliese di cui non riesce a fare a meno?
Una delle cose che mi piace di più è la burrata pugliese, uno di quei prodotti che riesco a mettere una volta a settimana in menu.
Le piacerebbe un giorno tornare a lavorare nella sua regione?
L'Umbria mi piace: è un luogo tranquillo, con tanto verde e tanta campagna, una regione dove puoi lavorare sia a livello locale che internazionale.
Qui sono con la mia famiglia, è per ora sto bene. Ritornare a Bari? Un bel un sogno, che non so se realizzerò mai, per ora è un desiderio inespresso. Certamente negli ultimi anni la Puglia dal punto ristorativo e turistico sta crescendo. Un giorno sicuramente mi piacerebbe ritornare sul mare.
Qual è lo chef che le ha insegnato di più?
Sicuramente Salvatore Quarto, mio zio, ma soprattutto un maestro. Nel 1992 avevo 11 anni e andai a trovarlo in Toscana; entrato in cucina per scherzo e tornai a casa deciso ad iscrivermi alla scuola alberghiera. A 15 anni chiesi di fare uno stage da lui; in quel momento mi sono definitivamente innamorato di questo mondo. Nel 1999 vado a lavorare con lui in Toscana per Il Patriarca, una Stella Michelin fino al 2003. Lì ho capito cosa significa la disciplina, e come saper costruire una squadra e farsi voler bene da chi lavora con te. Prima di insegnarmi a cucinare mi ha insegnato a risolvere i problemi di un ristorante. Gli devo tutto.

Il futuro della cucina?
Spero che in futuro ci sia sempre una buona base di cucina classica, che i ragazzi non la dimentichino, cercando di fonderla sempre con le nuove tecniche. Insomma spero che in futuro si riesca sempre a fare da mangiare per bene.
Un ristorante che l'ha colpita ultimamente.
Osteria del Merlo a Cetona (SI). Locale tranquillo e gradevole, servizio cortese e cibo semplice e curato.
Lo chef che secondo lei rappresenta in questo momento l'Italia?
Iginio Massari, una persona con tanta esperienza che può parlare ai giovani; in più i suoi libri sono fantastici.