Aumentare l'equilibrio di genere nelle cucine professionali per creare un'industria più equa e rappresentativa, questo il titolo del seminario condiviso da S.Pellegrino Young Chef Academy ai suoi iscritti. Una discussione che ha visto protagonisti Maria Canabal, giornalista e fondatrice di Parabere Forum, Vicky Lau, chef e proprietaria del ristorante Tate Dining Room di Hong Kong, Nicolai Nørregaard, chef e proprietario del ristorante Kadeau in Danimarca e Cristina Bowerman chef e titolare di Glass Hostaria a Roma.
Il forum digitale, riservato agli iscritti della community di S.Pellegrino Young Chef, ha cercato di far luce sulla trasformazione che il settore dell’ospitalità ha vissuto nel corso degli anni fino ad analizzarne lo stato di salute per gli uomini e soprattutto le donne che vi lavorano.
Il tema della parità di genere nel settore della gastronomia e dell’ospitalità è un tema centrale nella mission di S.Pellegrino Young Chef Academy e dello stesso gruppo Sanpellegrino, che con iniziative come questa intende accentuare l’attenzione sull’argomento e ispirare e sensibilizzare sempre più persone.
Le cucine come club per soli uomini
Il dibattito, moderato da Tom Jenkins, giornalista di Fine Dining Lovers e membro del comitato che gestisce la S.Pellegrino Young Chef Academy, ha avuto vari spunti di riflessione grazie agli interventi della giornalista Maria Canabal che, partendo dalla storia della cucina moderna, ha messo in luce come il sistema militarizzato delle cucine, la mentalità da club riservato ai soli uomini e il sessismo quotidiano negli anni abbiano spinto le donne, che ambivano a lavorare in cucina, a fare un passo indietro per la difficoltà di sentirsi a proprio agio, rappresentate e riconosciute nel loro valore prima che nel loro genere.
La conferma di questa difficoltà comunicativa arriva dalle due chef ospiti del panel.
Lau e Bowerman infatti hanno percorso la via dell’indipendenza proprio per sottrarsi a certi atteggiamenti e dare vita ad una gestione della cucina più gentile, rispettosa e corretta.
“Se scorri la lista delle donne premiate nel mondo, sono quasi tutte proprietarie. Per noi è l’unico modo di cambiare questo sistema - ha aggiunto Vicky Lau - e pur non avendo esperienza, quando ho iniziato da sola sapevo non voler ricreare quel regime militare urlato e aggressivo. Ho scelto e continuo a scegliere persone calme, serene, equilibrate.” ha concluso la chef.
Lo stesso Nørregaard ha deciso di gestire diversamente la propria cucina, insofferente a toni aggressivi, urla e tensione.
“Nonostante il fatto che io sia sempre colei che prende la decisione finale ho imparato, da uno chef uomo, ad essere gentile e rispettosa” ha aggiunto Bowerman.
Cambiare cultura per fermare le molestie di clienti e colleghi
Un aspetto molto delicato del lavoro nel settore dell’ospitalità è quello delle molestie sessuali. Non solo le tante ore passate insieme, i momenti intimi condivisi come una famiglia, rischiano di creare tensioni tra colleghi e colleghe, ma anche il sistema delle mance porta alcuni clienti a sentirsi in diritto di comportamenti del tutto inappropriati.
E se da una parte alcuni ristoranti hanno scelto di cambiare il sistema di pagamento dei camerieri proprio per evitare simili sconfinamenti, dall’altra, come ha sottolineato Bowerman, senza le mance si rischia di creare uno stallo degli stipendi delle persone che lavorano al servizio in sala. Fenomeno standardizzato nel settore italiano.
Le chef viste dai media, negli eventi, nelle giurie
Non solo in cucina, non solo tra colleghi, anche i media raccontano le donne in cucina con uno sguardo diverso. Cercando “chef famosi” su internet le immagini che appaiono sono sempre di uomini. Le chef sono raccontate in contenuti specifici coniugati esclusivamente al femminile, specie in occasione dell’8 marzo.
Eppure la prima chef ad essere premiata due volte con 3 stelle Michelin è stata Brazier ed era il lontano 1933.
“Questa è la prova che le donne nelle cucine di alto livello, non sono affatto un fenomeno recente” sottolinea Canabal “ma oggi sono pagate il 28% in meno dei colleghi uomini. E se il “93% della cucina domestica è ad appannaggio delle donne, se sono donne il 48% dei laureandi nelle scuole di cucina, ma soprattutto se il 55% della popolazione mondiale è donna, c’è davvero ancora bisogno di distinguere tra chef uomini e chef donne? Il talento non ha genere, forse solo non sappiamo riconoscere ancora oggi il talento delle donne.” si è chiesta Canabal.
“Mi rendo conto spesso di essere intervistata in quanto donna - ha raccontato Vicky Lau - di essere interpellata per dare il mio punto di vista di chef donna e proprietaria donna, come se ci fossero differenze con gli uomini e come se il mio lavoro specifico, il mio percorso non avesse importanza in se.” Cristina Bowerman ha anche raccontato la sua esperienza sulla disparità del trattamento economico: “Mi sono resa conto di essere una seconda scelta per molti eventi. Chi organizza festival, eventi, forum cerca una donna non per il suo talento o per il suo percorso, ma solo in quanto donna, trattandoci come assolutamente interscambiabili. Inoltre, ha proseguito Bowerman, a noi donne viene offerto circa il 20% in meno che agli uomini e l’offerta diminiuisce ogni volta che si passa al secondo nome in lista.”
A riprova di ciò le donne ospiti negli eventi sono presenti in percentuali decisamente irrisorie, fatta eccezione per la giuria mondiale della competition di S.Pellegrino Young Chef Academy dove il 71% dei giurati è donna, dato che spicca per la grande differenza rispetto ad altre manifestazioni.
Bilanciare lavoro e vita privata: una battaglia comune
Lau, Bowerman e Nørregaard sono stati concordi nel voler dire basta agli stereotipi in cucina e in sala. Il lavoro nell’ambito dell’ospitalità è estremamente faticoso per tutti i generi, al punto che tutti sentono il bisogno di trovare una soluzione che permetta di bilanciare al meglio vita privata e lavoro nel nome della flessibilità accessibile per tutta la brigata.
Quote rosa sì o no?
Resta aperto il grande dibattito sulle quote rosa. Se da un lato il cambiamento non può avvenire naturalmente in tempi rapidi e dunque le quote sono necessarie fin tanto che non si raggiunga una spontanea equità, dall’altra creare premi, riconoscimenti, posti di lavoro per le donne è un modo di sottolineare ancora una volta le differenze.