Siamo un popolo di santi, poeti e navigatori. Ma soprattutto siamo un paese di pastasciuttari. Toglieteci tutto, ma non la nostra dose quotidiana di carboidrati, il piatto di maccheroni spolverato di parmigiano sulla tavola. La pasta in Italia è una faccenda seria - anche se dicendo pasta in realtà diciamo decine di cose diverse. In Piemonte sono gli agnolotti del plin, a Roma i busiati, in Romagna i cappelletti che - attenzione! non sono uguali ai tortellini in Emilia.
Gli ingredienti cambiano sempre poco: farina, acqua, uova. Le vere variazioni sono sul tema della forma. Pasta lunga o corta, tonda o cilindrica, fatta a ruota o a stella, liscia o rigata, stretta o larga: è stato calcolato che in Italia ne esistano circa 300 formati diversi.
Se tanta e tale varietà affascina anche voi, non potete perdervi la Geometria della Pasta. Nel libro vengono raccontate storia, nascita e tradizione di cento paste diverse: a ognuna viene abbinato il condimento che meglio ne sposa le forme. Dietro alle ricette c’è lo chef londinese Jacob Kennedy, dietro alle immagini la graphic designer Caz Hildebrand.
Se due inglesi che scrivono un libro di cucina sulla pasta vi lasciano perplessi, ricredetevi: le ricette sono abbastanza golose da dimenticare la presenza del burro nel ripieno dei tortellini, o del fegato di pollo nel ragù alla bolognese.
Kennedy da specialità regionali meno conosciute, come i canestrini in acquacotta, a grandi classici come i canederli. Per ogni formato ripercorre un viaggio nella storia, prodigandosi in aneddoti e curiosità. Ad esempio, lo sapevate che il nome "chifferli" viene da kipferl, il biscotto austriaco da cui hanno preso la forma?

Quanto alle immagini, la Hildebrand ha optato per un insolito minimalismo in bianco e nero. Nelle sue immagini la pasta perde colore e spessore per diventare pura forma e segno grafico.
Il libro riesce nel difficile compito di prendere la tradizione - una delle più secolari e intoccabili del nostro paese - e trattarla da una prospettiva originale. E ci riesce risultando tecnico ma non arido, scientifico senza perdere la poesia. Perché, in fondo, cosa c’è di più poetico di un piatto di pasta?