Tre giorni a Lecce per creare un “movimento migratorio contrario" che vada da nord verso sud e riaccendere le luci sulle persone che fanno grande l’enogastronimia italiana e sulle loro storie.
Ecco 9 foodchangers e come stanno cambiando il mondo della gastronomia con la loro energia, le loro mani e il loro pensiero. La seconda edizione di Foodexp raccontata attraverso le voci dei protagonisti.
1. Sonia Gioia e Giovanni Pizzolante - Il cambiamento: ritornare a Sud

Sono proprio loro i primi foodchangers. La giornalista Sonia Gioia e l'imprenditore Giovanni Pizzolante - organizzatori di Foodexp - hanno deciso di ragionare controcorrente e scegliere la strada più difficile (ma anche quella che dà più soddisfazioni). Hanno scelto Lecce come teatro e centro di energia per parlare di turismo, enogastronomia, etica, sostenibilità e formazione.
Sono sognatori “pratici” che hanno creato un evento per dare voce a chi ha davvero cambiato i territori attraverso la cucina e le professioni del gusto.
"La nostra intenzione è riaccendere le luci sulle persone e le loro storie - spiegano Sonia Gioia e Giovanni Pizzolante -. Vogliamo creare migrazioni contrarie da nord a sud per dare luce agli operatori della ristorazione che stanno in questi luoghi troppo spesso dimenticati. Questo è un congresso politico perché fare davvero "politica" significa ridisegnare il mondo rendendolo migliore".
2. Corrado Assenza - Il cambiamento: rompere le barriere tra dolce e salato

Corrado Assenza c'era e c'è sempre stato, anche prima di Netflix e Chef's Table, ma è bello che, a volte, certe "bombe di comunicazione" illuminino le persone che se lo meritano.
Assenza è stato colui che ha messo in atto una pasticceria senza zucchero e grassi. La dolcezza delle sue creazioni, infatti, non arriva dallo zucchero ma dalla "natura" stessa di una fragola o di un pomodoro. "I tre quarti del nostro lavoro di cuochi e pasticcieri è simile a ciò che faceva Michelangelo, che scolpiva la pietra togliendo l'eccesso per creare l'immagine che già era insita in essa. Gli ingredienti naturali sono già perfetti e non bisogna aggiungere altro".
Inoltre ha rotto le barriere tra dolce e del salato, mettendo per primo il sale nella sua pasticceria (ancor prima di Ferran Adrià!).
“Non possiamo più parlare della ricetta per la ricetta - spiega Corrado Assenza -. Bisogna riportare "pulizia" nel mondo del cibo ridando valore agli artigiani in primis, e mi riferisco ad agricoltori, pastori e casari. Non mi piace che mi chiamino poeta, perché non voglio diventare una icona inarrivabile. Siamo fatti di carne e sangue. Il mio consiglio è quello di ripartire dalla bellezza che è la mia prima fonte di ispirazione. Se mi chiedete da dove nascono le mie idee, vi risponderò: "Da una passeggiata con mia moglie tra i cespugli di timo e di rosmarino".
L'attenzione si pone sul dettaglio: protagonista nelle mani di Assenza è la mandorla romana, storica cultivar siciliana difficile da coltivare eppure così speciale, molto dolce con un pizzico naturale di amarezza e una parte di grasso al 60% che, con la saliva, rende la consistenza cremosa.
Tra le idee che l'hanno reso un foodchanger, quella di portare l'ostrica in pasticceria. Nella sua ricetta il peperoncino piccante viene cotto al forno e messo a candire in modo che acquisisca la dolcezza del miele e perda la sua irruenza. Inoltre il peperoncino fa dilatare le papille gustative, su cui andrà a scorrere la granita di ostrica, dolcezza del mare, e la mandorla, dolcezza della terra.
“La natura ci dà tutto e noi che manipoliamo il cibo dobbiamo essere lastre di vetro, non esserci, per essere solo amplificatori del messaggio naturale reale” spiega Assenza.
"Dobbiamo mettere il meno possibile e spogliarci francescanamente per riscoprire la potenza e l’efficacia dell’ambiente naturale, rispettandolo - conclude Assenza -. Taglio un pezzetto della pianta che mi serve, ma la lascio integra perché possa continuare ad essere sana e fruttificare in futuro. In futuro dovremo sempre più ispirarci ai laboratori rinascimentali in cui lavoravano artigiani come noi".
3. Franco Pepe - Il cambiamento: far lievitare il territorio con la pizza

Chi è più foodchanger di Franco Pepe? Lui non voleva cambiare il mondo con la pizza, ma, in modo concreto, voleva cambiare Caiazzo. Voleva che con la sua pizza "lievitasse" il territorio, che il suo "disco di pane" diventasse il palcoscenico per i casari, gli agricoltori, gli allevatori e tutti i piccoli produttori locali.
Lunga gavetta con il padre panificatore per poi sviluppare un'idea personale. "Non se la mia pizza è più buona di quella degli altri, ma sicuramente parla dell'amore che ho per il Casertano e le sue eccellenze - spiega Franco Pepe con l'umiltà che lo contraddistingue -. Per me la vera gioia è vedere una viuzza di Caiazzo, prima località sconosciuta ai più, essere presa d'assalto di persone da tutto il mondo. Aver portato il mondo a conoscere questo luogo e i suoi artigiani, ecco il successo della mia pizza".
Tra le icone indimenticabili la sua Margherita sbagliata, pensata proprio per non rovinare gli ingredienti" che non vanno tutti in cottura nella margherita classica, ma con la salsa al pomodoro riccio e la riduzione di basilico che vengono aggiunti a crudo.
Un altro cambiamento portato da Franco Pepe è stato quello di unire il mondo della pizza all'ospitalità. "Chi viene da Pepe in Grani non viene solo a mangiare: organizzo nei giorni precedenti e scuccessivi visite guidate per far scoprire dove si producono i salumi e i formaggi che uso, dove vengono coltivate le verdure e dove sono allevati gli animali - spiega Pepe -. Da noi si può dormire per unire l'esperienza enogastronomica alla parte turistica".
Tra le ultime novità, l'apertura, sempre all'interno di Pepe in grani di "Authentica", la pizzeria più piccola del mondo. Qui si ha la possibilità - davvero esclusiva - di avere Franco Pepe a disposizione per una sera intera, con creazioni limited edition pensate per soli 8 ospiti. Un format esclusivo che nulla toglie alla "democraticità" della pizza perché, sottolinea Pepe, "da noi si può trovare sempre in carta la pizza a portafoglio a 2 euro".
Come il suo lievito madre, la pizza di Franco Pepe ha fatto crescere un territorio.
4. Antonello Magistà - Il cambiamento: far proseguire il servizio di sala dopo il pasto

"Il buon servizio di sala non ti deve far sentire a casa ma meglio che a casa". Parola di Antonello Magistà, sommelier e titolare del ristorante una stella Michelin Pashà di Conversano (Ba). "Per fare questo lavoro devi avere la "scintilla" devi sentirlo dentro - racconta Magistà -. Il nostro lavoro non ha un inizio e una fine, il nostro lavoro di sala è un flusso costante. Un esempio pratico: una sera sono venuti al Pashà degli ospiti che hanno gradito molto i nostri taralli artigianali. Il giorno dopo, ho inviato al loro indirizzo una confezione degli stessi taralli. Mi hanno telefonato per ringraziarmi, commossi e riconsocenti per il pensiero e per aver permesso loro di continuare l'esperienza vissuta al ristorante. Ecco cosa vuol dire andare oltre l'orario di lavoro e avere la scitilla".
"Inoltre, lavoro di sala inizia prima della cena: mi capita spesso di accompagnare gli ospiti in visita a Conversano, prima o dopo la degustazione, o di segnalare nel dettaglio intolleranze, preferenze, gusti dei clienti abituali - dice Magistà -. Il lavoro dell'ospitalità oggi deve essere agito a 360 gradi, bisogna sfatare il mito che il ristorante gourmet sia "ingessato": io mi sento soddisfatto solo quando mi sento pienamente ambasciatore di quel meraviglioso fazzoletto di terra che è la nostra Puglia".
5. Louise Pitcher - Il cambiamento: formare le donne come future manager dell'hotellerie

Ha studiato chimica a Bristol, ma ha subito capito che stare chiusa in un laboratorio per ore non faceva per lei che amava in contatto con il pubblico. Oggi Louis Pitcher è tra i dirigenti dell'Ecole Hôtelière de Lausanne, la scuola di Alta Formazione che ha al suo interno l'unico ristorante didattico al mondo premiato con una stella Michelin.
La scuola dura 3 anni e forma i futuri manager dell'alta ristorazione e dell'hotellerie di lusso. "C'è un vero e proprio cambiamento in atto - dice con soddisfazione Louise Pitcher -. Dei nostri laureati il 52 per cento sono donne e il numero è in costante crescita. Tutte le realtà del lusso stanno puntando sulle donne perché hanno un forte approccio al problem solving e, a differenza di quello che si pensa comunemente, sono considerate una sempre più una risorsa perché le donne sanno essere empatiche e creare un vero spirito di squadra, indispensabile in un mondo come la ristorazione e l'hotellerie. Le donne, inoltre, sono multitasking perché abituate a gestire contemporaneamente i diversi ruoli di mamma-moglie-lavoratrice e, anche se hanno ruoli direttivi, non hanno paura a "rimboccarsi" le maniche quando ci sono delle emergenze. Il futuro del management è rosa e ci fa piacere che la nostra Scuola stia incarnando questo cambiamento".
6. Josko Gravner - Il cambiamento: stravolgere tutto per seguire la natura

I grandi hanno una caratteristica: ammettono i propri errori e non hanno paura di ripartire da zero. Così ha fatto Josko Gravner, profeta del vino naturale che non ha avuto remore a "mandare all'aria" un'azienda di successo, conosciuta in tutto in mondo, per ricomincare tutto da capo.
Ad un certo punto della sua vita ha dato un taglio a tutta la tecnologia in cantina e fatto un passo indietro per tornare alla purezza del vino.
"Il vino è sacro ed entra in noi - spiega Josko Gravner - non potevo che tornare indietro per andare avanti. Nel 2012 ho estirpato tutte le viti per fare solo ribolla. Il vino serve a darsi del tu,e puoi dare del tu a una persona solo se sei sincero. Il mio vino di oggi è un patto di fiducia tra chi produce e chi beve. Ho venduto l’acciaio inossidabile per evitare le cariche elettriche positive e negative nel vino, ho eliminato la pressa automatica, non filtro il vino, non ho refrigeratori. Se in estate ci sono 24 gradi, il mio vino sarà bevuto a 24 gradi, come natura vuole. Non uso la chimica. Faccio il vino come 5000 anni fa, in anfore di 200 litri di origini del Caucaso. Il cambiamento del mondo passa attraverso il rispetto della terra. Ecco perché i miei vigneti sono "promiscui", ci sono tante altre piante ed alberi, ci sono gli insetti e gli uccellini. Solo se l'ecosistema è in equilibrio si può creare un prodotto che, a sua volta, crei equilibrio nell'individuo. Solo così ogni sorso è davvero sacro".
7. Vincenzo Donatiello - Il cambiamento: ragionare da cliente

"Volete diventare un ottimo responsabile di sala? Ragionate da cliente". E' questo il consiglio Vincenzo Donatiello - da sommelier a restaurant manager del tristellato ristorante Piazza Duomo di Alba - per attuare una vera svolta nell'arte dell'accoglienza e nel servizio di sala.
"Un tempo faceva il cameriere chi aveva poca voglia di studiare, chi aveva bisogno di un guadagno immediato, chi non trovava altro - spiega Vincenzo Donatiello -. Oggi è tutto diverso. Certo, con Gualtiero Marchesi è cambiato tutto, perché i piatti arrivavano in sala dalla cucina già pronti e completi, togliendo così al lavoro di sala parte della sua importanza. Ma quello del "cameriere", termine che secondo deve riacquistare tutta la sua dignità, è un mestiere in evoluzione: ora non si taglia più il pollo o la mela, il nostro lavoro è fatto di sensazioni immateriali, di studio e di psicologia del cliente. Un bravo cameriere oggi sa sorridere al momento giusto, si ricorda le intolleranze e i gusti dell'ospite, sa proporgli il suo tavolo preferito prima ancora che venga richiesto. Per diventare un grande manager, sommelier o direttore di sala devi ragionare da cliente e pensare a cosa vorresti tu se fossi seduto a quel tavolo. Non ci sono "clienti sbagliati nel posto sbagliato": sta a noi raccontare correttamente il locale e mettere chiunque a proprio agio. Senza dimenticarsi mai che non stiamo salvando vite ma accompagnando degli ospiti in una piacevole esperienza gastronomica. Sempre più nel futuro il nostro lavoro di sala sarà fatto di studio, intuizione, preparazione, contatto diretto con i produttori "macinando" chilometri, senza dimenticarsi di avere i piedi per terra e senza fare mai i fenomeni".
"E, quando si diventa manager come me, il consiglio è quello di fidarsi dei collaboratori - conclude Donatiello -. Tutti noi facciamo errori ed è anche attraverso gli sbagli che si crea un vero spirito di squadra".
8. Riccardo Canella - Il cambiamento: dire no alla gerarchia militare in cucina

Una carriera eccezionale che lo ha portato, in soli 9 mesi, a diventare uno dei 5 sous chef del Noma di Copenhagen a fianco del tristellato René Redzepi. Riccardo Canella è pronto a tornare in italia per fare avanguardia con un ristorante tutto suo.
E, nel frattempo, a Foodexp ha raccontato i cambiamenti radicali che ha vissuto in questi anni di esperienza in uno dei ristoranti più prestigiosi del mondo. " Oggi il vero cambiamento nella ristorazione deve partire dall'ambiente di lavoro - spiega Riccardo Canella -. Quando sono entrato da stagista al Noma c'erano ritmi di lavoro pazzeschi e si dormiva, quando andava bene, 4 ore per notte. E' inutile parlare di sostenibilità se non ci prendiamo cura delle persone che ci sono vicino. Oggi l'era “militare" è finta e così l'era dei maltrattamenti. L'ha capito per primo René Rezdepi che oggi dice "Non voglio creare il miglior ristorante al mondo, ma il migliore posto di lavoro al mondo".
Questa sarà anche la mia filosofia quando aprirò in Italia.
9. La "carica" dei giovani chef calabresi - Il cambiamento: ridare vita alla Calabria

Ci sono terre che meriterebbero di essere conosciute per le persone meravigliose che le abitano, per i prodotti alimentari che le rendono uniche, per le idee e la creatività che le attraversano, e non per fatti di cronaca drammatici e poco edificanti. Lo sa bene Caterina Ceraudo, giovane chef stellata del ristorante Dattilo di Strongoli, paese drammaticamente legato a reati di stampo mafioso, che, dopo aver studiato prima da enologa e poi alla Scuola di Niko Romito, è tornata a casa per raccontare, con la sua cucina, la bellezza della sua terra.
Lo sanno bene Nino Rossi, neo stellato di Qafiz, che propone una cucina elegantissima a Santa Cristina di Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, Antonio Biafòra del ristorante che porta il suo cognome a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, e Luca Abbruzzino, chef di Cava Cuculera Nobile a Catanzaro.
Loro non se ne sono andati, loro sono rimasti. Sono giovani che stanno rivitalizzando territori con la loro creatività e il loro coraggio, portando le persone a conoscere finelmente il meglio di ciò che la loro terra d'origine può offrire. Il cambiamento reale della Calabria parte da loro.