Il Clandestino è un luogo che ridefinisce il concetto di "ristorante sul mare". In effetti, il Clandestino ne ridefinisce molti di concetti: quelli di "vista romantica" e "luogo suggestivo", ad esempio.
Il ristorante creato da Moreno Cedroni nella baia di Portonovo, nel pieno verde e blu della Riviera del Conero, riesce a ricreare ogni anno il medesimo incanto. Se parte del merito va prevedibilmente alla cornice (ci siamo trattenuti a fatica dal dire splendida) di scogli bianchi e acqua cristallina, l'altra è da attribuirsi alla formula che lo chef ha pensato per il suo susci bar.
Da quanto è stato aperto, nel 2000, il chiosco ha ospitato ogni anno un menu a tema differente, dal Susci anni 50 al British Susci. Suggestioni, sapori e ingredienti diversi, girando il mondo e le epoche. Neppure la mareggiata del 2013 ha fermato la creatività dello chef senigallese, che quest'anno si è spinta più lontano, geograficamente parlando, di quanto abbia mai fatto.
Il tema 2016 del Clandestino è la Via della Seta: un percorso da Est a Ovest lungo le tracce di Marco Polo. Abbiamo parlato con Cedroni per farci raccontare il suo viaggio nel creare il menu, uno studio sinceramente impressionante tanto a livello di tecniche, come le fermentazioni di diversi tipi, quanto a livello di ricostruzione storico-filologica, che lo chef ha compiuto insieme al sous chef Luca Abbadir.
Le fotografie che accompagnano le sue parole sono tutte Brambilla-Serrani.
Si comincia con il ghiacciolo, l'inizio classico di ogni menu del Clandestino. "È fatto di Kombucha, una sorta di tè fermentato, con spezie e mirin. Messi insieme danno un sapore simile al vermouth" spiega Cedroni "L'ho chiamato Kublai Khan, come il nipote di Gengis Khan che aveva fama di essere un ubriacone".
Proseguendo il viaggio verso Ovest incontriamo il Deserto del Gobi, dove ci viene servita una tartare di ricciola che, insieme a quella di fassona, forma un simbolico yin e yang. A contorno una salsa di cavolo cinese, coriandolo e caviale: "Prima il coriandolo non mi piaceva per niente. Ho iniziato ad apprezzarlo solo quest'anno: anche questo è l'effetto clandestino".
Sempre sull'equilibrio dello yin e yang, bilanciando gli opposti e trovando l'equilibrio degli estremi, si basa Kashgar, polpettine di gamberi con spezie degli Uiguri e bocconcini di gamberi rossi. Polpettine calde e bocconcini freddi, acido e salato: un piatto da mangiare con le mani.
Teheran è "il piatto più rappresentativo dell'intero menu. Il baccalà - mantecato e tagliato a dadi - viene accompagnato dal latte di sesamo bianco, molto amaro, e da un purè addolcito con cavolo viola fermentato. Siamo riusciti a metterci dentro tantissime sensazioni diverse".
Ed eccoci arrivati alla leggendaria Samarcanda. Che è anche il punto di incontro più forte con il territorio: il dumpling di seppie viene infatti accompagnato da un brodo di moscioli selvatici di Portonovo.
Aleppo - "una città che era un punto di riferimento per la gastronomia, prima dei tragici avvenimenti degli ultimi anni" - viene portata sulla tavola come ventresca di tonno spolverata di masala, melanzana ai carboni, centrifugato di alloro e peperoncino di Aleppo.
Ci avviciniamo alla tappa finale del viaggio con uno Yogurt, cetriolo e rosa.
E infine eccoci a Venezia con un piatto chiamato, ovviamente, Marco Polo. La tipica pinza veneziana diventa un gelato accompagnato da polentina dolce e marmellata di rabarbaro: "Il rabarbaro arrivato a Venezia diventava costosissimo, quasi quanto lo zafferano. Tutta la strada che aveva fatto lo rendeva un ingrediente di lusso".
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