Non sono nella zona di Caserta ma in tutta la Campania Radici Clandestine di Caserta è conosciuto come un indirizzo di riferimento per amanti della mixology e sperimentatori. Com'è nato questo progetto che, da un ex magazzino accanto alla Reggia di Caserta, è diventato oggi un vero e proprio "palazzo del bere bene" in cui anche il cibo trova la sua dimensione?
L'abbiamo chiesto al bartender Giovanni Bologna.
Quando è nata la passione per questo settore?
Quando stavo ancora dall’altro lato del bancone. Bevendo, m’innamoravo di sapori e gesti.
E quando è stata la sua prima volta dietro "il lato giusto" del bancone?
Nel 2008, a Como. La mattina andavo all’università e la sera lavoravo in un ristorante. In sala facevo davvero schifo, ero negato. Così decisero di mettermi al bancone a servire gli amari. Iniziò tutto lì. Che dire... ognuno ha il proprio posto nel mondo.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Tutti i miei superiori sono stati fondamentali nella mia formazione. Ma, così come il primo amore non si scorda mai, immediatamente penso alla prima persona che mi ha servito un Martini e che mi ha trasmesso il concetto di centralità dell’ospite. Quella persona era Rino Albarella, ancora oggi colonna portante del Tropicana a Caserta. Così, a 20 anni, avevo già capito che l’unica cosa che conta è l’espressione di godimento ed il sorriso sulle facce degli ospiti.
Quando è nato Radici Clandestine a Caserta?
Dieci anni fa, in un ex magazzino a cinquanta metri dalla Reggia di Caserta. Quattro anni fa ci siamo spostati: una sede nel parco del corso principale della città. Festeggeremo il nostro decennio con l'ampliamento della struttura nell'ex palazzo del vescovo, dal quale ci divide una corte già di pertinenza del locale. La nuova struttura accoglierà gli ospiti su tre piani. Al piano terra un elegante cafè con un'ampia sala ristorante che affaccia sulla corte; il primo piano sarà lo spazio riservato agli eventi; nei sotterranei sarà "clandestinamente" allestito un tavolo conviviale, epicentro di una proposta fine dining che mai trascurerà le nostre "radici" della miscelazione.
Da dove trae origine questo nome? Come descriverebbe l’atmosfera del locale?
Il grande Tommy, founder di Radici Clandestine, un giorno era in bicicletta e... ecco il lampo di genio: gli venne in mente il nome giusto. Il resto è storia. "Radici" richiama le origini della miscelazione, "Clandestine", l’idea del proibito.
Come si compone la drink list?
Quest’anno abbiamo dato importanza ai classici. Il nostro obiettivo era quello di presentare il Martini, l’Old Fashioned, il Penicillin o il Daiquiri ed altri ancora nella maniera migliore possibile, anche ad alti volumi. Il risultato è stato di grande impatto, sorprendente per la clientela più giovane e ben accolta, con un pizzico di nostalgia, da quella un po' più stagionata. Ora stiamo lavorando ad alcune sorprese.
Ci sono ingredienti che ama utilizzare più di altri?
No, ho solo una regola: credo nella qualità senza compromessi.