Il terzo e ultimo giorno di Identità Golose 2021 ha visto protagonisti altri grandi chef italiani, da Massimo Bottura a Niko Romito. Emozionante la presenza e l'intervento dello spagnolo Josep Roca direttamente da El Celler de Can Roca. Non sono mancati i migliori pizzaioli a Identità di Pizza, oltre ai premi speciali.
Ecco, qui di seguito, alcuni highlights della terza giornata di Identità Golose 2021.
Identità Golose 2021: i premi speciali assegnati il terzo giorno
Anche il terzo giorno, non sono mancati i riconoscimenti speciali. Tra questi, il premio Identità di Sala è andato a Massimo Raugi di Villa Crespi a Orta San Giulio, il premio Identità di Cottura Moretti Forni è stato assegnato a Marco Stabile de L'Ora d'Aria di Firenze, il premio Vent'anni di S.Pellegrino è andato a Andrea Antonini dell'Imàgo dell'Hotel Hassler a Roma. E ancora, il premio Identità di Birra di Birra del Borgo è stato assegnato a Francesco Martucci, mentre Jessica Rosval di Casa Maria Luigia a Modena ha conquistato il premio Identità Donna. Il riconoscimento di Piatto dell'anno, infine, è andato a Davide Di Fabio del ristorante Dalla Gioconda per la sua Zuppiera.
Riccardo Camanini, nuove esplorazioni del territorio tra mallo di noce e faggiole
A rompere il ghiaccio nella terza e ultima giornata di congresso è stato Riccardo Camanini, già premiato con il One to Watch award nel 2019 da The World's 50 Best Restaurants. Lo chef ha tenuto una cooking class dal titolo "Corto viaggio" a rappresentare il suo percorso personale durante i mesi di emergenza dopo lo scoppio della pandemia.
"Il nostro primo obiettivo - ha spiegato Camanini - è stato quello di tenere insieme la nostra squadra, di cercare di stare uniti, per esempio dandoci appuntamenti fissi su skype. E oggi posso dire con orgoglio che il 97 per cento del personale all'attivo a febbraio 2020 lavora ancora con noi". Ma per uno chef di livello, costantemente alla ricerca di ispirazione e nuovi ingredienti in ogni angolo del mondo, il lockdown ha per forza di cose cambiato le prospettive e le abitudini.
Il suo ristorante Lido 84, 1 stella Michelin a Gardone Riviera, sorge sulle sponde del Garda, quasi adagiandosi in esse, ma l'emergenza Covid, ha raccontato lo chef, "mi ha spinto a non guardare il lago, ma quello che c'era e c'è sempre stato alle mie spalle". Ed è lì, sulle colline della Valvestino e tra le valli dell'Alto Garda che arrivano fino in Trentino, che lo chef ha trovato una miriade di prodotti di eccellenza "così vicini eppure mai da me esplorati" ha ben sintetizzato Camanini, con i quali ha iniziato a sperimentare fino a creare i sei piatti che ha presentato sul palco di Identità Golose.
Spazio allora ai malli di noce che, macerati in alcol e zucchero per due mesi, diventano la garnish di un risotto mantecato esclusivamente con una maionese a base di foglia di caprifico. Ancora, i fagioli della Valvestino che, esaltati nel loro colore e nella loro essenza, vanno a creare una pasta e fagioli del tutto rivisitata, guarnita con uova di trota.
Durante una raccolta di faggiole nei boschi delle valli del Garda, Camanini si è imbattuto in una mandria di 20 arieti. Ecco così l'idea di un cosciotto di ariete, cotto sotto una copertura di faggiole tostate e finito con una salsa fatta con il cervello dello stesso animale.
E ancora la riscoperta del Tombea, un formaggio sempre della Valvestino che lo chef serve piastrato, a completa preservazione della sua autenticità: il tocco finale è dato da un particolare pepe mischiato con un bitter.
Non poteva mancare il limone del Garda, che Camanini ha trasformato in un dessert dopo una tripla canditura e la frittura in una pastella aromatizzata al pepe di Timut.
Unico strappo "fuoriporta" a questo viaggio fatto di riscoperta ed innovazione sono i datteri del deserto di Dubai, dall'unica trasferta internazionale che lo chef si è concesso nei mesi scorsi. "Questo perché ho capito che in soli 4 giorni è possibile scoprire un mondo" ha raccontato. Ed ecco allora un incredibile gelato ai datteri aromatizzato al finocchio, servito con una purea di ricci di mare e anicella su una base di zucchero Moscovado.
Josep Roca, il nuovo illuminismo e il ristoro dell'anima
"Questa pandemia forse è l’inizio di un nuovo Illuminismo: c’è una crisi che non è solo economica, ma è di carattere sociale. Dovremo prenderci cura delle persone e cambiare abitudini: il clima che cambia, l'alimentazione, la crisi biologica. Ci sono nuove malattie forse perché abbiamo manipolato troppo piante e animali a nostro vantaggio, per ragioni economiche; abbiamo trasformato campi in monocolture prive di proprietà nutrizionali". L'esordio di Josep Roca, anima della sala del leggendario El Celler de Can Roca è stato molto lucido e chiaro nel fotografare la situazione contemporanea. Un intervento emozionante, il suo, che ha toccato diverse sfere della vita. Le sue riflessioni non hanno affrontato solo il tema del lavoro, e della ristorazione, ma anche aspetti sociologici e filosofici sull'epoca che stiamo vivendo.
"C’è un tecnocapitalismo che si manifesta in tanti ambiti, questa rivoluzione che non finisce mai, lo sfruttamento dello spazio celeste, ci sono molti modi in cui abbiamo sfruttato la terra: dobbiamo fermarci, riflettere sulla nostra alimentazione, come abbiamo percorso questo cammino. La gastronomia può avere un ruolo. Dobbiamo cambiare la g di gola in g di golosità: abbiamo elaborato questo menu alla fine del 2019, un menu fondato sull’etica", ha spiegato. "Il Covid è una messa da requiem: bisogna essere più altruisti che egoisti, da enfasi individuale a enfasi collettiva, da ciò che è calcolabile a ciò che è creativo. Il potere deve essere a servizio dell'amore, è importante parlare dell’amore, e non ne parliamo. La pandemia ci ha lasciato questa sensazione di ipersensibilità. E la gastronomia deve essere sensibile alla società contemporanea: questo è il momento della Oikocrazia, è un momento ecologico, ecumenico. Ma è anche il momento dell’ecofemminismo: per anni c’è stato i patriarcato e non abbiamo visto grandi risultati, dobbiamo passare al matriarcato, è il momento dell’ecofemminismo", ha detto lo spagnolo.
Poi, ha spiegato che cosa è successo a Girona, nel loro ristorante, durante il lockdown: hanno approfittato della chiusura per il Covid per fare lavori di ristrutturazione nel ristorante. "Sfide che hanno a che fare con il superamento: abbiamo cambiato il pavimento, ora è color terra – più terreno e concreto e non bianco – c’è più spazio in sala e in cucina. Il Covid ci ha dato il tempo per pensare… dobbiamo fare un elogio alla lentezza: il Covid ci ha fatto pensare anche alla sopravvivenza
"Abbiamo creato una nuova location, abbiamo aperto un posto con scenario classico, più accessibile alla gente che vive vicino a noi, uno spazio aperto con proposta di piatti del ricordo: per me la felicità e lo stare insieme, ricordare la convivialità. Lo abbiamo chiamato Normal questo ristorante, nato con l'idea della conciliazione tra le persone; abbiamo inserito i nostri classici, El Celler de Can Roca è diventato un viaggio nella memoria", ha spiegato. La proposta? 16 bocconcini serviti su pietra tipica di Girona. "Abbiamo anche creato dei cesti della solidarietà con prodotti tipici, con l’aiuto della psicologa, che abbiamo consultato per la gestione della brigata durante il lockdown". La conclusione? "Il fine ultimo della nostro lavoro è la felicità: ristorazione, come dice la parola stessa, significa ristorare. Bisogna tornare a questo concetto. Offriremo un rifugio per l’anima, siamo una formula e una cultura che riesce a curare".
Massimo Bottura, ricominciare da pane e cipolla e investire sul futuro
"Durante il lockdown io e la mia famiglia abbiamo cucinato evitando gli sprechi, in maniera etica, abbiamo aperto altri quattro refettori nel mondo...". Non poteva non aprire con riflessioni e ricordi di quanto è accaduto durante la chiusura Massimo Bottura. Lo chef tre stelle Michelin dell'Osteria Francescana ha raccontato anche e ultime novità della sua galassia. "Ho aperto anche il Ristorante Il Cavallino a Maranello: è come se avessi preso mia nonna e l’avessi portata sulla Luna, poi ricatapultata qui. Poi abbiamo aperto l'Osteria Gucci a Tokyo due settimane fa. Prima della pandemia eravamo 105, adesso siamo 150. La creatività non si è mai spenta, però. Forti del tempo che avevamo durante la chiusura abbiamo fatto un esercizio, ci siamo ispirati ai Beatles a abbiamo creato un menu ad hoc, With a little help from my friends.
Bottura ha chiamato sul palco Valentino Mercattilii del San Domenico di Imola e Salvatore Tassa delle Colline Ciociare, due pilastri della cucina italiana. Il nuovo menu? Un omaggio alle creazioni dei grandi chef di ieri e di oggi, con piatti che le reinterpretano. "Siamo partiti dal cannolo di Ciccio e dal wafer di Perbellini - ha spiegato Bottura – per poi evolvere tutto. Abbiamo creato un brodo di pane e pomodoro: abbiamo fatto un dashi con pane grigliato, acqua di pomodoro (quello perfetto, ottenuto dalla miscela di quattro pomodori diversi) ed erbe. Il tutto viene rifinito con olio evo aromatizzato con cipollotto profumato.
Anche la mitica cipolla di Salvatore Tassa, poi, è stata ripresa ampiamente e ne ha spiegato la genesi lo stesso Tassa sul palco: “Nasco come cuoco autodidatta – ha raccontato Tassa – e quando ho iniziato non c’era nulla: quando ho iniziato c’era solo la cucina di casa; ci dicevano mangia pane e cipolle quando non c’era niente, e oggi è diventato l’inno della cucina italiana con Massimo; l'idea era quella di cucinare elementi poveri, della nostra cultura; nel novembre del 1990 l’ho fatta uscire dalla cucina per la prima volta e ho capito che aveva un futuro questa cipolla, nonostante le apparenze, tanto che oggi siamo qui. La cipolla caratterizza la mia cucina, amo lavorare su prodotti umili, che oggi grazie a Massimo stanno diventando l’avanguardia di una nuova civiltà”, ha concluso Tassa.
"Noi facciamo una millefoglie di pane e cipolla che serviamo subito dopo gli stuzzichini, perché è giusto far capire da dove partiamo: pane e pomodoro, pane e cipolla. Da dopo il lockdown ho iniziato a servire il pane nel menu degustazione, la panetteria è diventata fondamentale per me”, ha commentato Bottura. Ora abbiamo la panetteria Matera mon amour", ha raccontato lo chef.
Bottura, poi, ha mostrato e commentato i piatti del nuovo menu. Ecco allora Spaghetto Spaghetto Spaghetto dove sei?, un piatto che omaggia lo spaghetto freddo di Marchesi, cotto nel brodo di branzino, che reinterpreta così lo spaghetto freddo. E ancora, il Raviolo preparato impastando la mortadella dentro, ripieno di succo di capasanta saltata, finocchio, "una reinterpretazione della capasanta e mortadella di Fulvio Pierangelini".
E ancora, la faraona, tra i piatti citati. "Abbiamo preso la faraona di Milena Cantanrelli – la cuoca che porta due stelle Michelin a Polesine Parmense dietro una drogheria e l'abbiamo unita all'ispirazione del riso bianco con fondo bruno di Nino Bergese... ed è come se l'avessimo portata al MoMa di New York", ha detto Bottura.
Ha raccontato poi come ha trasformato la buccia di banana in carbonara al refettorio di Rio, dove tutti chiedevano la pasta. I volontari avevano usato quasi tutto il guanciale. Come lo ha preparato? Ha sbollentato le bucce di banana, le ha arrostite in forno, sopra ha sciolto il guanciale avanzato, poi le ha passate all’affumicatore e tagliate a dadini. Quindi usate al posto del guanciale, nella carbonara.
Infine, un'osservazione sulla situazione italiana. “Essere imprenditori significa investire sul futuro, consapevoli della responsabilità di impresa, dobbiamo sentire questa responsabilità tutti: investite sull'impresa e non solo su voi stessi. La motivazione non è altro che l'anticipazione delle emozioni. Immaginate quindi la soddisfazione che proveremo quando porteremo risultato per noi, per chi lavoro per noi e per le nostre comunità", ha concluso.
Cristian Marasco e Ciro Oliva: le interpretazioni della pizza fritta
A Identità di Pizza interessante il passo a due sulla pizza fritta con Cristian Marasco della Grotta Azzurra di Merate (Lecco) e Ciro Oliva di Concettina ai Tre Santi, storico indirizzo partenopeo, di cui rappresenta la terza generazione. Dopo il lockdown, Marasco ha iniziato a ragionare sull’inserimento in menu della pizza fritta. “Volevo, però, trovare una nuova forma della pizza”, ha detto. Segni particolari della sua pizza fritta? Usa una farina evolutiva e, dopo la frittura, la inserisce nel forno, per darle ulteriore croccantezza. Topping con pomodoro, cappero di Salina, emulsione di burrata lasciata un po’ granulosa, zucchina alla scapece, tocchetti di tonno marinato con sale e olio, emulsione di riccio di mare, polvere di olive taggiasche e di cappero. "Questa pizza si chiama I’ so pazz’ e te, perché è figlia di un lavoro durato tanti mesi", ha spiegato Marasco. Ciro Oliva fa un invece un impasto tradizionale con acqua, farina, sale e lievito, "lavorato in un appartamento della Sanità dove facciamo tutti gli impasti", ha raccontato. Ha creato dunque l'impasto della classica montanara fritta, che serve ha servito a mo' di scarpetta con salsa di pomodoro e Parmigiano: una Montanara Gigante, che ricorda la sua Montanara al Contrario, con l'impasto presentato in purezza e adagiato sulla salsa di pomodoro. E a proposito del tema del lavoro, il giovane pizzaiolo ha detto che è importante valorizzare le risorse, l'ideale sarebbe lavorare cinque giorni su sette. Dello stesso avviso Marasco, che ha detto “senza forza lavoro non puoi andare da nessuna parte".
Pier Daniele Seu e la gemmazione del pizzaiolo
"Come rendere possibile che qualsiasi ragazzo diventi un pizzaiolo? Vorrei parlare del lavoro e di come sono arrivato qui”, ha esordito Seu. “Noi siamo la seconda generazione di pizzaioli, quelli che hanno scelto di fare questo lavoro e che non arrivano da una famiglia di pizzaioli”, ha aggiunto. Il pizzaiolo romano di Seu Pizza Illuminati (che si è appena classificato terzo a 50 Top Pizza 2021) ha raccontato dei suoi esordi, quando Gabriele Bonci gli ha dato la possibilità di fare una join venture con lui al Mercato Centrale di Roma, e dopo tre mesi gli ha detto che poteva camminare con le sue gambe. E la stessa cosa ha fatto lui la scorsa estate con TAC (acronimo di Thin And Crunch), location temporary aperta con un collaboratore che aveva la passione per la pizza romana.
“L’idea è quella della gemmazione del pizzaiolo”, ha detto, "voglio che crescano e che nascano dei germogli" dal loro lavoro con me". Al pubblico di Identità Golose ha fatto assaggiare una pizza al padellino, Assoluto di peperone, un lievitato completamente a base vegetale, che declina il peperone in diverse consistenze. Ha inoltre parlato della sua pizzeria a Dubai, dove delega molto, facendo quindi una riflessione su come sia cambiato il processo lavorativo: “Oggi, se andate a mangiare la pizza in un locale quando non c’è il pizzaiolo, mangiate una pizza ancora più buona. Non c’è più il segreto dell’impasto come una volta, è importante il rapporto di fiducia e la cooperazione, lo scambio, con i propri collaboratori”, ha detto. “E’ importante la sala, di cui spesso non si parla, avere del personale appassionato”. Progetti futuri? "Un’altra pizzeria a Roma per la pizza romana in stile TAC, ma non pop up, stabile. E poi alcuni ragazzi sono appassionati di hamburger e stiamo lavorando per un altro indirizzo a tema", ha rivelato. IL secondo assaggio presentato in sala è stata una pizza con la frutta sopra, Angurinara, una marinara con l’anguria. pomodoro, aglio, origano, anguria. "Abbiamo fuso anguria e pomodoro. L’anguria è stata messa in salamoia, poi cotta a forno. Poi abbiamo fatto una crema arrosto di pomodoro, che risulta più sapida e curata, quindi abbiamo inserito all’interno i cubetti di anguria. Una volta che è uscita, abbiamo preso agli nero fermentato".