Questo articolo è aggiornato al 26/01/2018 e include le informazioni relative al film di Guadagnino "Chiamami col tuo nome" ("Call Me by Your Name").
Regista palermitano, cresciuto in Etiopia, Guadagnino si divide tra una dimora storica a Crema e la città di Parigi. Il successo arriva con il film ”Io sono l'amore/I am love” (2009) di cui è regista, sceneggiatore e produttore, tanto che nel 2010 è candidato all’ Oscar per i migliori costumi. Attesissima l'uscita nelle sale del suo ultimo lavoro cinematografico Chiamami col tuo nome (Call me by your name), candidato a quattro premi Oscar: Miglior Film, Miglior Attore Protagonista (il ventiduenne Timothée Chalamet, il più giovane candidato dal '39), Migliore Sceneggiatura non originale, opera del grande maestro americano James Ivory e Miglior Canzone, Mystery of love di Sufjan Stevens. La sua passione per la cucina emerge quasi subito durante la chiacchierata, così come la sua curiosità per i grandi ristoranti. In ogni viaggio che compie e in ogni cultura che incontra il regista come prima cosa ricerca (e soddisfa) il suo rapporto con il cibo, per lui necessario come l’ossigeno. Da bambino invece che con le macchinine giocava con piatti e pentolini. Ora, sogna di avere un orto…
Il tuo comfort food?
Pane e burro, il ciambellone della nonna e coscia di pollo lessata. Non tutto insieme naturalmente.
Tre cose che non sopporti in un ristorante?
La pretenziosità che è sempre più diffusa, il cattivo servizio e il non rispetto di territorio e stagioni.
In cucina, cosa ti viene meglio?
Cucino molto e con piacere. A sentire gli amici i miei Fegato alla veneta e savarin sono imbattibili. Considero il ricettario di Paul Bocuse la mia bibbia gastronomica.
Locale preferito in Italia?
Il mio ristorante preferito in assoluto rimane il Reale di Niko e Cristiana Romito a Casadonna. Riesce miracolosamente a essere geniale, audacissimo e nello stesso tempo classico e senza tempo.
E nel mondo?
Urasawa a Beverly Hills, per me il miglior sushi mai assaggiato. Premetto che non sono ancora stato in Giappone, ma credo, nella vita di averne assaggiato a centinaia. Oltre al gusto per me è ipnotizzante osservare i rituali legati al cibo come quelli del maestro che lavora sulla superficie di legno di cedro liscio come sul velluto. Un pezzo di sushi di “ o-toro “ il taglio marmorizzato della parte più grassa del tonno, la ventresca, è stato per me un’esperienza unica ed emozionante. Vivo a Parigi per due giorni la settimana e l’Arpège di Alain Passard rimane uno dei miei preferiti: gli ortaggi coltivati da lui con metodi pre-industriali sono da manuale, così come il cous cous di verdure all’olio di argan: puro sapore magrebino. La coscia di vitello arrostita per nove ore su uno spiedo a mano con salsa al madera è stato forze il miglior boccone di carne della mia vita. Amo anche Yen, una piccola trattoria giapponese a Saint-Germain-des-Près a Parigi.
Progetti?
Ho prodotto un esordio alla regia di un grande talento, Ferdinando Cito Filomarino. E’ un film sulla vita di “Antonia” , la grande poetessa Milanese Antonia Pozzi vissuta tra gli anni '20 e '30: una figura malinconica e tormentata di grande fascino.
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