“La libertà d’espressione è alla base della concezione nordica del rapporto con il cliente, con cui si crea un legame di empatia e di amicizia”. Regala un punto di vista decisamente alternativo sulla ristorazione Mattia Spedicato, 31 anni, maître e sommelier del ristorante Geranium di Copenaghen, tre stelle Michelin, secondo classificato ai World’s 50 Best Restaurants 2021. Originario di Campi Salentina, lo abbiamo incontrato a Lecce in occasione di FoodExp 2021, dove ha acceso i riflettori sulla realtà nordica e sulla gestione della sala di uno dei migliori ristoranti del mondo.
“Al Geranium il 50% dello staff è italiano: abbiamo la ristorazione nel sangue ”, racconta. “Lavoro lì da oltre 6 anni, non l’ho mai lasciato da quando sono arrivato in Danimarca: ho trovato la mia dimensione, la voglia di fare e il supporto da parte della proprietà che ha investito tanto su di me come sommelier. Io ho iniziato come cameriere, ora sono maître e sommelier”.
Ecco che cosa ha raccontato Mattia Spedicato a Fine Dining Lovers.
L’ottimo piazzamento ai 50 Best Restaurants 2021 è (anche) il risultato di una squadra internazionale, al 50% italiana?
Secondo me è il carattere di internazionalità del team che ci dà quella marcia in più. È chiaro che noi italiani abbiamo sempre quel tocco in più, ma la varietà e questo team multiculturale crea interesse nel venire a visitarci al Geranium, si crea un bel connubio tra i commensali e la sala: ogni ospite crea una connessione con i ragazzi.
Analogie e differenze nella gestione di una sala tra Italia e Danimarca: quali sono?
Sono arrivato in Danimarca nell’agosto 2015, direttamente al Geranium per uno stage: ho scelto questo Paese perché ero appassionato di New Nordic Cuisine. E ho avvertito subito delle nette differenze con la gestione della sala rispetto ai luoghi dove avevo lavorato precedentemente. A parte quei due o tre ristoranti che restano impostati in maniera classica, in genere nei Paesi del Nord si lavora su una figura: quella del cameriere che è anche sommelier, quindi una figura completa al 100%, che rimane in sala per parecchio tempo. Contemporaneamente, in Danimarca hanno cercato di rompere gli schemi della formalità, con l’empatia, creando una sorta di comprensione reciproca con il cliente, insomma un ambiente meno ingessato. Questo per me è stato un cambiamento “traumatico”: ero abituato all’impostazione francese, dura e impettita, e mi sono trovato a lavorare da un giorno all’altro per un ristorante che mi diceva “tu devi essere te stesso in sala, vai a parlare con i clienti, racconta loro la tua storia”.
Si sente raramente l’indicazione “sii te stesso” per la sala: cosa comporta?
Il fatto di essere se stessi ci lascia la libertà di dare quel 5-10 per cento in più durante il servizio al tavolo. C’è la nostra personalizzazione in più: altrimenti si tratterebbe solamente di una cena senza polpa, una mera dining experience.
Questo denota molta fiducia nello staff: come viene gestito l'approccio personale?
Ogni sabato al Geranium lo staff si riunisce e, a turno, ci si racconta: raccontiamo la nostra storia o, comunque, qualcosa di personale, ed è un modo per conoscersi. L’impostazione è quella: al Geranium nessuno impara a memoria la descrizione del piatto, nessuno viene educato a ciò, ma anzi viene lasciata una certa libertà di espressione. Abbiamo sempre delle linee guida di Rasmus (Kofoed, lo chef del Geranium), io e i miei colleghi cerchiamo di istruire i nuovi arrivati, spiegando che devono descrivere le pietanze per come Rasmus le vede, dobbiamo raccontare una storia e non fare una lista di ingredienti. Il tutto spiegato con parole nostre, cercando di connetterci alla realtà del tavolo e dei clienti. Diamo molta libertà, ma c’è sempre una guida, indirizziamo sempre i nuovi ragazzi: li ascoltiamo, li correggiamo, ma allo stesso tempo li stimoliamo a trovare le parole proprie per descrivere i piatti.
In Danimarca lo Stato investe molto nella gastronomia e nella ricerca: come è stata gestita l’emergenza Covid per i ristoranti?
Lo Stato ha finanziato il 75% degli stipendi di tutti gli impiegati in Danimarca, quindi ogni ristorante poteva richiedere il rimborso degli stipendi fino al 75% dell'importo per tutto il periodo Covid, e questo ha aiutato le attività a non andare in bancarotta. Alcuni ristoranti hanno purtroppo dovuto abbassare in parte lo stipendio. Da noi al Geranium è stato garantito lo stipendio per intero, durante la pandemia abbiamo creato eventi social, ci connettevamo per parlare tra di noi di gastronomia e di vino. Ogni settimana ognuno di noi ha preparato una ricetta. Io per esempio ho preparato la pizza: ognuno ha raccontato un po’ di sé al team, per farci compagnia come una seconda famiglia, ma anche per conoscerci meglio.
Come viene percepita la sala in Danimarca: anche lì la maggior parte degli studenti vuole fare lo chef?
Gli chef sono e saranno sempre le star, il nostro è un lavoro che serve a completare il loro operato: noi siamo la cornice del loro quadro, per dirla in altri termini. In Danimarca le scuole hanno un approccio diverso: i ragazzi partono dallo studio della cucina, poi passano alla sala, poi passano all’office, al back office e tutto il resto. Questo agevola una formazione completa, e poi sono loro stessi, già alle scuole superiori, a scegliere l'ambito di interesse. I giovani danesi, in generale, non sono molto appassionati del nostro settore.
Che tipo di clientela avete: più locale o internazionale?
Un buon 60% dei clienti era locale in epoca pre Covid (ora il 70%): i danesi amano andare al ristorante, amano la cucina scandinava, e hanno una consapevolezza del settore molto più elevata rispetto alla nostra. Ogni ristorante nuovo che apre a Copenaghen, infatti, viene analizzato e “scansionato” al 100% in ogni dettaglio. Il gourmet va a mangiare e ci mette la firma: se dice che si mangia bene in un posto, quell’indirizzo non sarà mai vuoto. I danesi riconoscono subito gli indirizzi “acchiappaturisti” e di poca qualità: c’è molta più consapevolezza, ma allo stesso tempo c’è anche meno gente interessata a fare questo lavoro.
Anche in Danimarca i ristoranti faticano a trovare personale?
Sì, perché la gente non vuole fare ore lunghe ogni giorno. Forse noi sud europei, francesi, spagnoli, italiani, siamo più abituati a lavorare così tante ore e a non lamentarci…
Quale elemento danese porteresti nella ristorazione italiana e, viceversa, cosa porteresti di italiano nel Nord Europa?
In Danimarca porterei un po’ più di sorrisi dall’Italia, insomma il nostro temperamento mediterraneo e solare. Di nordico, invece, nello Stivale porterei l’apertura mentale. Farei più un monito per i ristoratori, che devono cercare di fare appassionare i giovani e investire tantissimo su di loro. Per questo motivo la ristorazione italiana sta vivendo un momento di crisi, perché pochi vogliono investire sulle giovani leve. Capisco che ci vogliano molti sacrifici, ma se non miglioriamo la ristorazione, e il suo ambiente per i giovani, è chiaro che fra vent'anni non esisterà più la ristorazione italiana.
Che consiglio daresti a un tuo coetaneo che vuole entrare nel settore?
L’esperienza all’estero è la parte più importante della formazione: ho sempre cercato di vedere oltre i miei limiti, oltre la collina italiana. Fuori dall’Italia si crea la consapevolezza di vivere in maniera diversa... Diciamo che l’Italia dovrebbe essere un Paese più meritocratico. Viaggiare all’estero, conoscere nuove culture e imparare nuove lingue sono tutti aspetti fondamentali. Viaggia e scopri altre culture, non lasciarti sopraffare dalle situazioni negative che si creano in Italia: a livello burocratico, a livello di datore di lavoro che non paga bene, o di sfruttamento. Viaggiare, conoscere, formarsi… e magari tornare.
E tu non sogni di tornare in Italia?
Certamente. Non c’è un giorno in cui non parlo della mia Puglia ai colleghi del Geranium. E’ chiaro che spero in futuro di rientrare in Italia, e magari avere un business collegato con il mio Paese. Non abbiamo più bisogno di tanta formalità, la gente vuole stare bene. Sogno una sala d’eccellenza, ma più informale. Per il momento ho avviato un progetto di importazione vini con Andrea Sala, viavino.dk, che lavora con me a Geranium: selezioniamo vini e portiamo la nostra expertise per chi vuole scoprire zone vitivinicole meno note con piccoli produttori eccezionali.