È passato ormai un anno esatto dal primo caso di Covid riconosciuto in Italia: era il 20 febbraio 2020. Poi, tutti sappiamo com'è andata. La pandemia è entrata prepotentemente nelle nostre esistenze, inanellando una serie di avvenimenti che ha trasformato (per sempre?) il nostro modus vivendi: la didattica a distanza per le scuole, la chiusura dei ristoranti e dei pubblici esercizi, lo smart working. La ristorazione e, più in generale il mondo della gastronomia, inteso in un’accezione ampia, sono cambiati radicalmente. Per necessità, adeguandosi al nuovo corso, l’intero settore - tra quelli più colpiti dalle conseguenze e dalla crisi causata del coronavirus - ha subìto un mutamento eccezionale: distanziamenti, nuove modalità operative, format inediti, ma anche nuovi must e nuove esigenze.
Ogni volta che in una società avviene un grande sconvolgimento, cambia il paradigma culturale e, di conseguenza, cambia il linguaggio, che riflette il nuovo approccio allo status quo. La galassia del cibo, tra ristoratori, pubblici esercizi, produttori, grande distribuzione e chef, nell’ultimo anno ha indubbiamente trasformato le sue modalità espressive, come riflesso delle nuove necessità e priorità. È cambiata la domanda e l’offerta, ma anche il come, il dove, e persino il quando. Ecco allora termini che, inequivocabilmente, ora, associamo al mondo del cibo post Covid, ma anche neologismi, o vocaboli ed espressioni che sono entrati a pieno titolo nel nostro quotidiano o sono diventati di uso più comune.
Ripercorriamo qui di seguito un anno di pandemia, attraverso un glossario che identifica le nostre nuove abitudini, ma anche le nuove modalità di somministrazione, le tendenze e, in generale, la nuova realtà che l’universo gastronomico sta vivendo.
L’alfabeto della pandemia: un anno di Covid e il nuovo linguaggio del food
A come Andrà tutto bene, il motto che ha segnato la prima fase della pandemia, ma anche come Asporto, una delle poche attività concesse ai ristoranti negli ultimi dodici mesi, che ha coinvolto per la prima volta pure chi, per scelta, non lo aveva mai fatto. A come Aperiweb, la nuova convivialità virtuale, quella del #distantimavicini, dei drink fai-da-te a casa, dei Quarantini Cocktail e dell’Aperitivo a domicilio.
B come Bolzano, la prima provincia che ha riaperto i ristoranti dopo il lockdown, l’11 maggio 2020, anticipando di una settimana il resto dell’Italia, e sperimentando per prima il ritorno alla “normalità”. Ma anche B come Bonus Chef 2021, un aiuto previsto dall'ultima Legge di Bilancio, destinato a cuochi professionisti dipendenti o con partita iva: una delle categorie di lavoratori che, a causa del virus, hanno visto la propria attività rallentare e, nel peggiore dei casi, arenarsi.
C come Comfort food, il più venduto durante il lockdown: merendine, dolciumi, snack, prodotti per la colazione, ma anche formaggi e - a sorpresa - una botta di salute con frutta e verdura. Qui trovate tutti i nuovi food trend della spesa online che sono stati registrati nel corso del 2020. Ma anche C come Coprifuoco alle 22: quando i ristoranti erano ancora aperti la sera, vi abbiamo raccontato l'esperienza di uscire a cena per la prima volta con la necessità di rientrare presto a casa, muniti di autocertificazione.
D come Delivery, la nuova frontiera della ristorazione, o meglio, l’unica costante - assieme all’asporto - che ha caratterizzato la vita dei ristoranti negli ultimi dodici mesi. Un servizio che ha permesso alle attività di mantenere un contatto vivo con la propria clientela, diventando sempre più cruciale, tanto da indurre la Guida Michelin a segnalare i migliori delivery nelle principali città italiane. Esisteva già prima, ma ha subìto una forte accelerata: dagli chef che hanno mosso i primi passi nel mondo della consegna a domicilio alle ultime novità da provare in fatto di delivery. Ma anche D come i Dehors alternativi che abbiamo visto nell’estate 2020: grazie a un accordo con Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani, sono state impartite nuove disposizioni, che hanno permesso ai ristoranti di allargarsi più facilmente con i tavoli all'aperto. Una tendenza che sicuramente ci accompagnerà anche per la nuova bella stagione ormai ale porte.
E come E-commerce, un altro leitmotiv degli ultimi mesi. Ormai scommettere anche su questo tipo di attività significa rimanere al passo coi tempi. Sono sempre più numerosi gli chef che scelgono di dotarsi di un proprio shop online, per raggiungere tutti con specialità selezionate o prodotti a propria firma.
F come Flash mob, una forma di manifestazione pacifica che per la prima volta è entrata a far parte del mondo (e del linguaggio) della ristorazione: con le iniziali chiusure sono cominciate le proteste del mondo della gastronomia e degli chef, che hanno fatto sentire la propria voce in maniera organizzata, come lo scorso 28 ottobre in 24 piazze italiane. Ma anche F come Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, al fianco dei ristoratori sin dalle prime richieste al Governo.
G come Ghost Kitchen, le cucine fantasma: laboratori e cucine che lavorano esclusivamente per fornire servizi di consegna a domicilio, senza avere un luogo fisico, una sala, dove ricevere gli ospiti. La soluzione perfetta per continuare a fare ristorazione risparmiando sui costi della sala. A Milano, l’imprenditore Luca Guelfi ha fatto scuola in aprile con l’avventura di una ghost kitchen temporanea, Via Archimede Gastronomia di quartiere. A proposito, G come Gastronomie, un’attività su cui hanno scommesso molti chef dal 2020 e che vi abbiamo raccontato qui.
H come Hospitality, ovvero hotel, ristoranti, bar, catering: un settore che ha sofferto, e che si è unito in coro nell’ultimo anno. Il mondo della gastronomia non è mai stato così coeso: a fine marzo 2020 le associazioni di categoria si sono riunite per la prima volta e hanno firmato una petizione, promuovendo un manifesto per salvare l’intero settore. Sulla scia di questo “neo associazionismo” sono nate tante nuove realtà come l’Italian Hospitality Network, al grido di “Non chiamateci movida”.
I come Igienizzanti, tra i dispositivi di protezione individuale più introvabili nei primi mesi di pandemia, tanto che alcune distillerie hanno riconvertito la propria produzione, andando addirittura a mettere a punto inediti disinfettanti edibili.
K come i Kg presi mentre #stavamoacasa: l’Italia si è (ri)scoperta una terra di santi, poeti, navigatori e… panificatori. Ebbene sì, non c’è una famiglia dove - durante i mesi di confinamento - non si siano preparati manicaretti, specialità tipiche, ma soprattutto impasti per la pizza o impasti per il pane. Tutti ci siamo trovati a indossare i panni del panificatore provetto negli ultimi dodici mesi. Ora, però, torniamo volentieri dai nostri pizzaioli di fiducia.
L come Lievito, uno dei prodotti andati letteralmente a ruba durante i primi mesi di pandemia, assieme alla farina e alla pasta. Nessuno dimentica le scene dei supermercati presi d’assalto, con scaffali tristemente vuoti, dove le penne lisce rappresentavano gli unici superstiti di spese folli, con scorte incredibili, a mo’ di conflitto bellico. Il risultato? Lievito e farina introvabili.
M come Mascherina, un dispositivo di protezione individuale che abbiamo imparato a utilizzare, e che dobbiamo indossare anche al ristorante, ogni volta che ci alziamo dal tavolo. Ma anche M come Made in italy, un patrimonio territoriale che è diventato tendenza nell’ultimo anno: un fattore su cui stanno scommettendo molti chef, soprattutto dopo il coronavirus. Ecco allora ingredienti sempre più locali, prodotti del territorio e menu che giocano solo con materie prime di provenienza nazionale.
N come Netflix, la piattaforma digitale che ha fatto (e continua a fare) compagnia a tutti. Anche ai foodies. Sì, durante la chiusura totale e il confinamento in casa del primo lockdown, o nel corso delle serate degli ultimi mesi, con il coprifuoco alle 22, gli appassionati di cibo hanno trovato un po’ di consolazione nella programmazione di Netflix, con film e trasmissioni a tema gastronomico. Ecco i nostri consigli per i Netflix party a casa, con menu per la serata-cinema sul divano.
O come Online, il mondo virtuale e senza contatto (anzi, contactless, per usare un altro vocabolo ad alto tasso pandemico), dove ormai si svolge tutto: dalle degustazioni alle lezioni di cucina degli chef che hanno aderito a Italia Keeps on Cooking, alla formazione professionale di scuole di cucina, di enti e accademie gastronomiche. Ma online si trovano pure corsi di cucina per foodies super appassionati tenuti da grandi chef.
P come Plexiglas, il materiale dei celeberrimi pannelli trasparenti inizialmente paventati come unica soluzione per tornare al ristorante in sicurezza, dopo il primo lockdown. C’è chi ha deciso di dotare alcuni tavoli di separé in plexiglas, consentendo a due commensali non appartenenti allo stesso nucleo familiare di mangiare allo stesso tavolo. Altri, alle barriere, hanno preferito aumentare il distanziamento e diminuire i coperti. Qui trovate il parere di un architetto sulle misure anti Covid al ristorante… per andare oltre il plexiglas.
Q come QR code: i nuovi menu al ristorante funzionano così, con una fotografia a un codice che consente di visualizzare direttamente il menu online. Come molti dei vocaboli presenti in questo alfabeto, QR Code è sempre esistito, ma sta vivendo una nuova primavera. Senza dubbio è alla base della rivoluzione digitale dei menu, sempre meno analogici.
R come Ristoratori, tra i protagonisti dell'ultimo anno, nel bene e nel male: una delle categorie più colpite dalla crisi, ha dimostrato di essere unita, resiliente quando necessario, ma ha anche insegnato a tutti che chi lavora con il cibo nutre gli altri pure di passione. Ma anche R come Rider, professione importantissima in epoca pandemica, che da poco è stata regolamentata dalle piattaforme di food delivery. Sono gli angeli che ci hanno portato (e continuano a consegnarci) la cena a casa, con qualsiasi condizione atmosferica, e c’è chi - per evitare di licenziare i propri dipendenti - ha convertito il personale di sala a questa professione. Un caso di successo? Il Mannarino a Milano, che nel cuore della pandemia ha fatto nuove assunzioni.
S come Spesa a domicilio, un servizio che è stato riscoperto - soprattutto nelle grandi città - dai quarantenati, ma anche dagli anziani, dai single e dalle famiglie. Insomma, da tutti. Si va dalle botteghe locali ai piccoli negozi di quartiere, dai grandi supermercati ai servizi online, dalle cascine agli agriturismi.
T come Termometro a infrarossi per rilevare la temperatura nei pubblici esercizi. A partire dal mese di maggio 2020, ci siamo abituati così, a fare il nostro ingresso trionfale al ristorante con igienizzante mani, mascherina e rilevazione della temperatura: via libera sotto i 37,5 gradi. Ci siamo dovuti abituare a nuove procedure, e oggi ci sembra tutto più rodato e automatico.
U come Un metro di distanza tra un tavolo e l’altro, tra un commensale e l’altro al ristorante: ecco le nuove regole della sala, imposte non dal galateo o dal buon gusto, non da esperti dell’arte del ricevere, ma da Dpcm e dalle necessarie esigenze medico-sanitarie. Il distanziamento sociale, assieme all’uso della mascherina e all’igienizzazione, rappresenta ancora oggi una delle misure cruciali per prevenire la diffusione del Covid.
V come Vino, l'alcolico che più ci ha fatto compagnia durante le serate solitarie, lontano da affetti e amici, nel corso di brindisi online e "aperiweb", per festeggiare a distanza ricorrenze di ogni sorta. Un mondo, quello del vino, che ora come non mai va ascoltato e tutelato, qui le testimonianze dei produttori. Ma anche V come Voglia di tornare al ristorante a cena, per ora non ancora consentito in nessuna regione.
Z come Zoom, la piattaforma online su cui si fanno i meeting, le rimpatriate, oltre a esperimenti di inaugurazioni virtuali dei ristoranti, aperti a tutti. Ma anche Z come Zona rossa, arancione o gialla (l’unica che attualmente consente l'apertura di ristoranti e bar fino alle 18), in quello che è diventato il nuovo “Strega comanda color” da cui dipendono spostamenti e saracinesche degli esercizi. Inutile dire che i foodies non hanno mai amato così tanto le sfumature paglierine.