La Croazia non ha fatto in tempo a entrare nell'Unione Europea (il primo luglio scorso) che subito è iniziata una disputa sul vino: il famoso Prosecco italiano e il Prosek croato non possono avere due nomi così simili tra loro. Le norme comunitarie infatti prevedono che due diversi prodotti europei debbano essere commercializzati con nomi diversi.
E che non sia una questione di dettaglio è subito evidente se si considera che nel 2012, il Prosecco - 230 milioni di bottiglie prodotte in Veneto e in Friuli fra Trieste, Treviso, Conegliano e Valdobbiadene - ha generato un miliardo di euro di fatturato, il 60% del quale grazie all'esportazione.
Il nome di questo famoso vino secco e frizzante - così amato all'ora dell'aperitivo, ma non solo - deriva una località che si chiama proprio Prosecco, una frazione di Trieste. A pochi chilometri di distanza dal confine - sulle colline croate - 27 aziende vitivinicole, con le loro 120mila bottiglie, producono un vino da dessert, un passito dolce, il Prosek appunto.
Così, mentre la Comunità Europea chiedeva ai produttori croati di cambiare il nome del proprio vino - richiesta che loro hanno dichiarato di non voler soddisfare - le due DOCG del Veneto e del Friuli (Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e Colli Asolani Prosecco o Asolo Prosecco) e il Consorzio del Prosecco DOC si sono uniti per difendere i loro vini.
Come andrà a finire? Sarà Bruxelles ad avere l'ultima parola. Ma un precedente - quello del Tocai - lascia ben sperare. Quando l'Ungheria nel 2004 entrò nell'EU, il Tocai che si produceva in Italia dovette modificare il proprio nome: anche l'Ungheria infatti produce Tocai, ma la località che dà il nome a questo vino si trova proprio sul territorio ungherese.