Parlare di cibo, parlare in un certo modo di cibo e soprattutto avere sempre più coscienza di quello che si acquista e che si mangia: lo studio internazionale Food2020, firmato dalla nota agenzia ci comunicazione integrata Ketchum, mette in luce come la figura del Food eVangelist - il "profeta" del cibo - stia diventando anno dopo anno sempre più mainstream influenzando in modo crescente le nuove generazioni.
Ma chi è propriamente un Food eVangelist? Perché la sua figura sta diventando via via più cruciale e meno di nicchia?
E come può questo influenzare consumi?
Un Food eVangelist è una persona che parla spesso di cibo, sia per passione che per lavoro, raccontando i suoi modelli di acquisto sia offline che online, e allo stesso tempo informandosi tantissimo su prodotti e alimentazione attraverso diversi organi di informazione e ovviamente i social network (Facebook soprattutto).
“I Food eVangelist sono sempre meno influencer di nicchia e sempre più mainstream, una dominante forza di mercato destinata a diventare la 'nuova normalità' tra i consumatori", spiega Andrea Cornelli, CEO e VP di Ketchum Italia. "Il loro desiderio è quello di influenzare le altre persone ma in realtà non professano un loro credo specifico. Piuttosto sono affamati di informazioni ricercandole dalle fonti più diverse, amano ascoltare le opinioni degli altri per poi prendere le loro decisioni.”
Se fino a un paio di anni fa questi evangelisti alimentari erano considerati una nicchia; ora secondo la nuova ricerca di Ketchum sono diventati mainstream, ovvero hanno fatto sempre più proseliti e sono consumatori conclamati. La loro incidenza mondiale è infatti cresciuta del 10%, oltre che rappresentare addirittura il 24% della popolazione degli 11 paesi presi in considerazione (fra cui Italia, Spagna, Cina,Usa e Uk).
L'Italia in questo ritratto ne esce con numeri importanti: i Food eVangelist hanno avuto un incremento numerico di rappresentanti più alto della media mondiale, passando dal 37% al 43% della popolazione.
Un altro dato molto importante della ricerca è quello che riguarda i giovanissimi, ovvero i figli dei Food eVangelist, che dimostrano di avere una consapevolezza e un’attenzione al cibo molto alta.
“Viziati” da genitori attenti all’alimentazione, anche le nuove generazioni hanno un ruolo attivo nelle scelte degli alimenti, e in molti paesi anche in quella dei ristoranti.
Il 39% degli intervistati afferma che i figli leggono già le etichette ed evitano ingredienti ritenuti poco salutari: il 26% starebbe anche alla larga da cibi troppo elaborati o da determinati ingredienti (qui immaginiamo ci sia un importante ruolo giocato da intolleranze e allergie).
I bambini non cedono quindi più alle merendine e al fast food? Non è proprio così: i 3/4 dei genitori ammette che non sempre i bambini evitano i cibi industriali. Forse la consapevolezza, come è giusto che sia, non si traduce subito in comportamento. Ma anche questo è una fase del cambiamento, afferma Patrizia Martello di Ketchum.
E voi vi riconoscete nel profilo tracciato da questa ricerca? Siete dei Food eVangelist?