Basta cliccare e classifica The World's 50 Best Restaurants 2014 è sotto gli occhi di tutti. Come ne è uscita l’Italia, al di là dai numeri? Male, a giudicare dalle poche presenze tricolore e dall’uscita di Davide Scabin dai primi 50 (# 51 della lista). Bene, se si pensa ai buoni voti di Enrico Crippa e a una sorta di parola d’ordine che serpeggiava sulle labbra di tutti, dai peruviani ai danesi: se è italiano, allora è buono.
"Si sale e si scende”, commenta Scabin, senza perdere il solito aplomb e la proverbiale ironia. Alla domanda: “Fanno bene all’Italia eventi come questo?”, risponde: “La cucina italiana ha bisogno di tanti ambasciatori e di tante voci e qui possono farsi sentire. Il futuro è nella trattoria vera, cioè nei piatti regionali. La mia trattoria Blupum aperta da giorni a Ivrea, é la testimonianza di ciò che deve fare la cucina italiana nel mondo: tornare alle tradizioni. Si riparte da lì”.
A Massimo Bottura, che quest’anno ha conservato il terzo posto, chiediamo: "A cosa servono i riconoscimenti a un cuoco, a un ristorante? “Servono moltissimo”, risponde convinto. “I voti e le classifiche non dovrebbero essere usati per nutrire il proprio ego, ma per avere un giusto megafono alle idee. In questi sei anni di presenza ho lentamente spostato i riflettori da me alla Francescana, e poi sull’Emilia e dall’Emilia all’Italia”. E prosegue: “Se un cuoco ha qualcosa da dire, se ha un’idea o un progetto, da questo palcoscenico la gente ti ascolta di più. Se non fossi tra i primi in classifica credo che il Cardinale Scola non mi avrebbe coinvolto per un grande progetto dedicato ai giovani e ai poveri per Expo 2015. Se non fossi arrivato qui, la casa editrice Phaidon non mi avrebbe contattato per fare un libro" (Never trust a skinny Italian chef, solo in inglese, ndr).
Enrico Crippa (#39 della lista) commenta il suo risultato: "Il miglioramento per me è solo uno stimolo a fare meglio. Per la mia brigata, invece, questa classifica é un potente carburante: credo che non ci sia nulla di più motivante per i miei ragazzi. La cucina italiana? È sempre più solida, in Italia non si é mai mangiato meglio di questo momento. Siamo in salita e per far guarire la buona cucina di casa serve solo un po’ di aiuto dalle istituzioni. Il mio appello è: aiutateci a rendere più semplici gli stage dei giovani che vengono in Italia a imparare", dice lo chef del ristorante Piazza Duomo di Alba.
Le Calandre di Massimiliano Alajmo scivolano al 46esimo posto. "Guide, classifiche e voti non sono la nostra priorità”, dice Raffaele Alajmo, “ma ne riconosciamo il ruolo fondamentale. Il nostro ristorante è a Rubano, un paese in provincia di Verona, questa è una delle occasioni d’oro per ricordare che siamo lì. L’Italia deve farsi conoscere. Ecco perché abbiamo creato un Master dedicato solo agli ingredienti della cucina italiana, un corso per aprire la mente, perché elevando il pensiero si migliora l’azione".
I volti dei protagonisti spesso raccontano un evento meglio delle parole. Per me il World’s 50 best 2014 è stato l’espressione eccitata e commossa di René Redzepi mentre legge una lettera ai suoi, da vincitore. Ma anche, prima della cerimonia, lo sguardo d’estasi del giapponese Narisawa nell'appoggiare sul palato una fetta di ciauscolo marchigiano, al Live in Italian - Terroir Lunch offerto da S.Pellegrino all’Istituto di Cultura Italiana. Ma forse quella che ricorderò di più sarà l’espressione concentrata di Bottura mentre, all’una di notte, scola la pasta per tutti i 50 cuochi presenti e tanti altri amici: proprio un piatto di pasta che diventa panacea universale, cibo capace di accontentare i palati di tutto il mondo.